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Aperto a Torino il processo d’appello Eternit Bis per le morti d’amianto

Ricordata in aula Romana Blasotti Pavesi

Gabriele Farina

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TORINO – Si è aperto oggi, in una delle maxi-aula del Palazzo di Giustizia di Torino, il processo d’appello “Eternit bis” per le morti causate dall’esposizione all’amianto a Casale Monferrato.

Nel 2023, in primo grado, la Corte d’Assise di Novara aveva condannato l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny a 12 anni di carcere per omicidio colposo. I procuratori generali Sara Panelli e Gianfranco Colace hanno richiesto la riapertura del dibattimento per cercare di dimostrare la responsabilità dell’imputato anche per alcuni dei casi su cui era stato assolto.

Durante il procedimento, sono stati analizzati 392 decessi: la sentenza di Novara aveva riconosciuto la colpevolezza dell’imputato in 147 di questi, mentre per altri 199 era stata dichiarata la prescrizione.

La procuratrice generale Sara Panelli, intervenendo oggi in aula, ha invitato Schmidheiny a considerare la “giustizia riparativa”, incontrando direttamente i familiari delle vittime dell’amianto.

Il magistrato ha poi ricordato Romana Blasotti Pavesi, una figura simbolo della lotta contro l’amianto e a lungo presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, scomparsa lo scorso 11 settembre a 95 anni. Con il consenso dei giudici, Panelli ha mostrato un frammento della testimonianza che Blasotti Pavesi rese in un processo precedente.

Il racconto del processo

Il processo d’appello si è aperto di fronte alla Corte d’Assise d’Appello di Torino con la relazione della presidente Cristina Domaneschi, che ha ripercorso lo svolgimento del processo in primo grado, per poi dare la parola ai procuratori Sara Panelli, Gianfranco Colace e Mariagiovanna Compare.

La relazione ha ripercorso i passaggi fondamentali della sentenza di primo grado con cui era stata ricostruita la massiccia esposizione all’amianto di lavoratori e cittadini, sia all’interno che all’esterno dello stabilimento di Casale Monferrato (che si estendeva per 96 mila metri quadrati), mettendo in evidenza anche quelle parti della pronuncia che riguardavano la diffusione di materiali in amianto all’interno delle abitazioni di cittadini. Ciò aveva causato centinaia di casi di mesotelioma pleurico, una grave forma tumorale, che può avere una latenza convenzionale (dalla prima esposizione alla manifestazione della malattia) molto lunga: fino a 48 anni.

Nella relazione la presidente ha anche ricordato che la pronuncia di primo grado ha ritenuto che la condotta dell’imputato fu tenuta – «nella piena consapevolezza della nocività dell’amianto» per la popolazione e senza predisporre i necessari investimenti per evitare l’inquinamento.

Il magnate svizzero è accusato per la «continuativa e massiva immissione di fibre di amianto» nell’ambiente, anche a causa del trasporto della materia prima effettuata in città e della pre-frantumazione degli scarti di amianto che avveniva all’aperto, con rifiuti che arrivavano anche da altri stabilimenti italiani, con il «consapevole e voluto risultato che le fibre di amianto continuassero a disperdersi» nell’ambiente. Portando a una «diffusione incontrollata di patologie di cui si conosceva la gravità».

Stephan Schmidheiny è anche accusato di una «prolungata opera di disinformazione» nella comunità, per evitare che la collettività avesse consapevolezza della gravità della situazione.

«La relazione della presidente della Corte d’Assise d’Appello di Torino Cristina Domaneschi è stata molto chiara – dichiara Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – e ha evidenziato gli aspetti fondamentali della sentenza di primo grado concernenti le gravi responsabilità dell’Eternit e di Stephan Schmidheiny, che tanti lutti hanno causato e continuano ancora a causare a distanza di decenni».

«Tornare a Torino – aggiunge Quirico – nella stessa aula in cui nel 2009, quindici anni fa, si tenne la prima udienza del primo maxi processo Eternit, finito poi in prescrizione, è doloroso. Ci auguriamo che finalmente ora possa esserci giustizia per le vittime dell’amianto nel processo Eternit bis, che vede come parte civile anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui in primo grado è stata riconosciuta una provvisionale di 30 milioni di euro. Sarebbe un segnale forte, sia per le migliaia di vittime dell’amianto e i loro cari, che da troppo tempo attendono giustizia, sia per dare nuovo impulso alle bonifiche dell’amianto, ancora drammaticamente indietro in Italia».

Nelle prossime udienze – fissate per mercoledì 20 e 27 novembre e 4, 11 e 18 dicembre 2024 – proseguirà la discussione dei rappresentati della pubblica accusa e poi interverranno le parti civili, tra le quali l’associazione Sicurezza e Lavoro. Sarà poi la volta della difesa degli imputati, che dovrà sostenere le ragioni del proprio atto di impugnazione con cui viene chiesta l’assoluzione dell’imputato.

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