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Cultura

La personale di Rebor a Milano è una casa in cui lo spettatore deve trovare le opere

Le quindici opere pittoriche oltre ad essere state esposte sulle pareti, sono state celate all’interno di questo set architettonico e lo spettatore è chiamato a uscire dall’apatia del suo stato di fruitore passivo

Gabriele Farina

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MILANO – La galleria MA-EC di Milano inaugura la sua stagione espositiva 2024/25 con la mostra personale di Rebor, al secolo Marco Abrate, intitolata Peek Behind The Curtain, a cura di Chiara Canali e in programma dal 18 settembre al 12 ottobre 2024.

Rebor, che per anni ha colorato Torino con le sue installazioni rosa, ha concepito l’idea della sua mostra nel 2023 durante la residenza artistica presso lo Swatch Art Peace Hotel di Shanghai (Cina), che qui supporta il progetto.

Il presupposto fondamentale da cui ha origine la nuova ricerca di Marco Abrate è che la generazione dei “Millennials” (a cui lo stesso artista appartiene) si caratterizza per un maggior utilizzo delle tecnologie digitali e per una estrema familiarità con i social media; i suoi attori esibiscono sé stessi, le proprie relazioni e i propri sentimenti per la telecamera, riflettendo una condizione di sovraeccitazione mediatica e di consumo su larga scala. La dimensione online sta radicalmente cambiando il modo di vivere la realtà stessa, non solo la fruizione dell’arte e delle sue immagini, ma anche la percezione di sentimenti privati come l’amore.

Ribaltare il concetto di esposizione

In una società completamente dominata dalla “spettacolarizzazione” dei mezzi di comunicazione, dalla “sovraesposizione” mediatica delle emozioni, dalla fruizione veloce delle immagini digitali, il progetto “Peek Behind The Curtain” di Marco Abrate vuole ribaltare il concetto odierno di esposizione.

Innanzitutto l’autore ricostruisce la “cornice di finzione materiale, tecnologica, istituzionale” (Boris Groys) nel quale le opere devono essere fruite. La galleria non è più un white cube ma viene trasformata in una vera e propria abitazione da vivere e percorrere: le stanze fungono da ambienti domestici quali il salotto, la camera da letto, il giardinetto privato. La condizione di finzione viene subito svelata nella prima sala dove una tenda rosa (colore che ritorna in tutta la produzione dell’artista come tratto distintivo), teatrale, funge da quinta scenica.

La mostra e il disvelamento

L’intera mostra è costruita sul registro del mistero, del segreto, del disvelamento: le quindici opere pittoriche, realizzate dall’artista, oltre ad essere state esposte sulle pareti, sono state celate all’interno di questo set architettonico e lo spettatore è chiamato a uscire dall’apatia del suo stato di fruitore passivo, per vivere in diretta un’esperienza partecipativa e immersiva.

Come se si trattasse di una caccia al tesoro, i quadri devono, infatti, essere cercati e ritrovati dallo spettatore stesso, il quale deve aprire le ante degli armadi, frugare nei cassetti, sdraiarsi sul futon per scoprire le opere d’arte che sono state disseminate nello spazio della galleria.

La fusione tra mondo analogico e digitale che permea la nostra esistenza si manifesta nella presenza di opere d’arte sia fisiche, nascoste nei cassetti, negli armadi e sugli scaffali, sia virtuali, fissate sullo schermo di un tablet o di uno smartphone, che lo spettatore può rinvenire tra gli arredi solo se presta ulteriormente attenzione ai particolari della installazione.

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