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Cultura

In Barriera a Torino un bacio in bocca racconta mille storie

“I ragazzi che si amano si baciano in piedi, contro le porte della notte / e i passanti che passano li segnano a dito / ma i ragazzi che si amano non ci sono per nessuno ed è soltanto la loro ombra / che trema nel buio / suscitando la rabbia dei passanti”

Gabriele Farina

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TORINO – Quest’anno il tema della 10° edizione di Opera Viva Barriera di Milano, il Manifesto, il progetto sul pre-esistente di Alessandro Bulgini, è dedicato al camouflage. Uno spazio urbano di 6×3 metri in Piazza Bottesini diventa un manifesto di pubblico dissenso nascosto in piena vista. Il sesto appuntamento è il 23 settembre alle 18:30, con l’opera “Il bacio in bocca” di Giuseppe Fittipaldi.

Il bacio

Dipinto, scolpito nel marmo, fotografato o sul grande schermo. Un simbolo di tenerezza, di affetto, l’incontro che suggella un amore. Ma anche preludio della fine, presagio di violenza e crudeltà, e ancora un atto politico, sovversivo, rivoluzionario. Quanti significati si nascondono dietro un gesto tanto umano e universale quanto spesso, ancora, polarizzante e divisivo? Cosa rappresenta un bacio?
Nel cinema, il primo bacio risale al 1896: il film era “The Kiss” di William Heise e l’erotismo del momento coincide con l’intervento della censura. Venti secondi di un gesto tanto semplice e ancestrale eppure così condannato, poiché trasgressivo delle regole e delle convenzioni della società dell’epoca. Nella storia umana si sono susseguiti altri baci, sempre meno sanzioni e più spazi di rappresentazione. Ne hanno scritto Catullo e Dante: il primo per dichiararsi all’amata, Lesbia; il secondo per smascherare gli amanti, i lussuriosi Paolo e Francesca. Li abbiamo visti nei dipinti di Hayez, di Schiele e di Klimt. Tra gli innamorati di Munch, di Toulouse-Lautrec, nelle sculture di Rodin, di Canova e di Gérôme, nell’iconografia vascolare greca. Sono scene che raccontano l’innocenza, il desiderio, ma anche la più alta forma d’amore, la filìa. I protagonisti di questi baci sono figure che si (con)fondono fino a perdere i confini in cui inizia l’uno e finisce l’altro; o sono immortalati nell’attimo prima di una promessa o di una condanna. Si pensi ancora al bacio di Guida a Gesù, episodio del Vangelo divenuto allegoria del tradimento e dell’inganno.

Il bacio in bocca di Giuseppe Fittipaldi

Dietro un bacio, quindi, si nascondono infinite possibilità e l’opera di Giuseppe Fittipaldi lo conferma. Il sesto camouflage di Opera Viva, il Manifesto è un ritratto in bianco e nero di due ragazzi che si baciano. Lo spettatore non conosce la loro identità, è piuttosto invitato a immaginare la loro storia. In questa inconsapevolezza è racchiuso il potenziale creativo o distruttivo dell’incontro. Quello tra i due è amore o il loro bacio denuncia qualcos’altro? I ragazzi che si baciano in Piazza Bottesini incarnano il presente, le categorie marginalizzate, il clima di intolleranza e censura della nuova “democratura”: l’autoritarismo mascherato da democrazia che si manifesta nel controllo, nelle azioni violente, negli sguardi e nelle parole spesso discriminanti. È proprio in questo panorama di rigidezza e chiusura che, dietro un bacio, si nasconde un atto politico, una forma di resistenza, di lotta e rivendicazione.

“La foto scelta per il concorso con tema “Camouflage” è la foto di un bacio tra due ragazzi. Questo gesto, nella storia, ha rappresentato diversi significati: un saluto affettuoso, un desiderio, oppure l’amore materno ma può alludere anche a riverenza, subordinazione, sottomissione. Come nel dipinto “The Mouth Kiss”, di Pierre Jean Van der Ouderaa, dove il carnefice di un omicidio è costretto, oltre che al risarcimento in denaro, a baciare la moglie della vittima per dimostrare lealtà. Quindi questo bacio non è solo un bacio tra due innamorati, ma nasconde dipendenza, aggiogamento a un qualcosa che non è sempre in linea con noi, ma che purtroppo siamo costretti a sopportare”. Queste le parole dell’artista Giuseppe Fittipaldi e autore de “Il bacio in bocca”.

Giuseppe Fittipaldi

Giuseppe Fittipaldi (Pisticci, 2000), è laureato in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bergamo. La sua ricerca artistica si concentra sul corpo, sul tempo e sul ricordo. Spesso è l’intreccio dei tre temi a dar vita al suo lavoro. Il corpo è fondamentale, che sia raffigurato in un dipinto o che appartenga allo spettatore, chiamato a far sì che l’opera possa accendersi. Al corpo si richiama il tempo: l’opera è tale nel tempo, richiede un processo che permette di osservare le variazioni che il lavoro artistico subisce nel e con esso. Infine il ricordo, inteso come operazione d’archivio, è il collante essenziale delle sue opere. Immagini del suo passato ispirano i suoi progetti raccontando una storia presente.

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