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Cultura

Il Collettivo Pseudomino racconta La voglia, Torino-Toronto solo andata

Un romanzo corale capace di coinvolgere il lettore e accompagnarlo in giro per il mondo e per il tempo

Gabriele Farina

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TORINO – E’ un progetto molto interessante quello del Collettivo Pseudomino, che ha dato vita a un romanzo avvincente e pieno di misteri. La voglia, Torino-Toronto solo andata, Buendia Books (complimenti alla casa editrice che non ha mai paura di sperimentare) comincia col ritrovamento sul tavolo da ping pong di un oratorio di Torino di una neonata abbandonata. Il giovane prete e l’altrettanto giovane misteriosa donna che la trovano non sanno come muoversi e si lasciano travolgere dagli eventi.

Da lì partirà un viaggio che porterà il lettore da Torino a Toronto (passando per Parigi e la Scozia) e soprattutto avanti e indietro nel tempo. E’ un viaggio pieno di misteri, dubbi, personaggi interessanti, spesso sconfitti, tutti capaci di coinvolgere e attirare l’attenzione di chi legge. Abbiamo un boss della mala con un segreto da nascondere, un killer spietato e gourmet, una donna poliziotto con un obiettivo assoluto, una vecchia tata, una ragazza trans che prende una decisione fondamentale e non finisce qui…

La struttura del romanzo

La vicenda si articola su 10 capitoli, ognuno dei quali scritto da uno degli autori/autrici del Collettivo. Non fosse dichiarato, questo particolare sarebbe quasi impossibile da notare, perchè la storia fila via liscia e coinvolgente. Certo, si nota la differenza di stile tra i vari capitoli, ma questo non inficia assolutamente il susseguirsi degli eventi.

C’è però qualcosa che il lettore più attento non può non notare. Ogni capitolo (o quasi, forse inevitabilmente per gli ultimi 2-3 la situazione cambia) è infatti funzionante anche come racconto a se stante e questo dettaglio mi ha affascinato parecchio. Compaiono personaggi nuovi, spesso sono la voce narrante, che raccontano la loro storia e pagina dopo pagina scopriamo come questa si intrecci con la vicenda centrale.

Il risultato è un racconto esplosivo e coinvolgente, completo. Avrete notato che vi ho detto pochissimo della trama. Credetemi: non ho voluto rubarvi nemmeno un goccio di passione nella lettura.

Il Collettivo Pseudomino

Il Collettivo Pseudomino è composto da Roberto Martinez, Patrizia Filippi, Diego Pasetti, Guido Barosio, Luisella Ceretta, Annamaria Blogna, Mara B. Rosso, Elisa Bevilacqua, Massimiliano Scudeletti e Mara Antonaccio.

L’intervista con il Collettivo Pseudomino

Questa è la mia intervista numero 276 per Quotidiano Piemontese ma a memoria è la prima volta che intervisto un Collettivo. Le risposte sono di Roberto Martinez, che ha lanciato l’idea del progetto e, in questa intervista, ha messo insieme anche i contributi del resto del Collettivo.

Come nasce il Collettivo Pseudomino?

L’idea di scrivere un libro con una nutrita squadra di autrici e autori mi venne alla fine degli anni ‘90. Ne parlai con alcuni amici scrittori a me affini, però tra il dire e il fare ci fu di mezzo la complessità di individuare penne compatibili e creare un gruppo di lavoro affiatato. L’impresa divenne ciclopica e subì numerose interruzioni. Il primo libro fu pubblicato solo nel 2018 da Perrone Editore nella Collana l’Erudita, praticamente vent’anni dopo. Titolo: Il pacco. Nel caso de La voglia, sulla base dell’esperienza passata il lavoro è stato più semplice. Il punto nodale del progetto è sempre quello di riuscire ad amalgamare in modo armonico le varie “anime” letterarie che lo compongono e contemporaneamente divertirsi e far divertire.

Come è nata questa storia?

Questa volta abbiamo voluto mettere al centro le persone, la loro psicologia. Mentre il primo libro è una raccolta di racconti che confluiscono l’uno nell’altro e che hanno in comune un pacco misterioso, in questo caso il progetto è più ambizioso: si tratta di un vero e proprio romanzo che vede agire molti personaggi coinvolti in alterne vicende, in una trama da commedia noir.

Chi sono i protagonisti della vicenda?

Ogni capitolo ha un* protagonista che parla in soggettiva. Si tratta di personaggi molto diversi tra loro, ma tutti collegati e interdipendenti. Ognuno è elemento fondamentale nello sviluppo dell’intreccio narrativo.

Come vi siete divisi il lavoro?

La divisione del lavoro è avvenuta quasi sempre in modo spontaneo. Tutt* abbiamo dovuto leggere e studiare i capitoli precedenti per proseguire nella narrazione e ognuno di noi ha inserito personaggi ed elementi nuovi, che si sono collegati in modo coerente a quelli già presenti. Ciascuno ha dato un apporto originale sia nello stile, sia nella caratterizzazione dei personaggi.

Ogni capitolo sembra avere vita propria, salvo poi collegarsi inevitabilmente con la storia centrale. E’ stata una scelta voluta a tavolino o una conseguenza naturale?

Una conseguenza naturale. Dopo il primo capitolo scritto da me, la storia ha preso forma in modo spontaneo e ci ha catturat*, costringendo ciascuno a scrivere un capitolo che, quasi come un figlio, fosse autonomo ma mai svincolato dalle sue radici, ossia dalla vicenda principale.

Il Collettivo Pseudomino ha deciso di devolvere i diritti d’autore all’associazione Artemixia. Chi sono?

Artemixia ci è stata presentata da Luca Nicolotti della Belgravia di Torino durante l’organizzazione di un evento presso la sua libreria. Si tratta di un’associazione creata da donne molto ispirate e determinate, che merita di essere sostenuta. Riporto dal loro sito: “L’associazione che opera senza scopo di lucro promuove l’arte nelle sue svariate forme, ispirandosi all’idea di cultura come fatto pubblico e collettivo, efficace per veicolare contenuti inerenti alla sfera dei diritti e alle questioni legate alle discriminazioni”.

Una curiosità personale: che ruolo ha Silvio Berlusconi in questa vicenda?

Per pura combinazione nei primi due capitoli comparivano riferimenti al Cavaliere, allora abbiamo deciso di farlo diventare un tormentone. Le vicende narrate si sviluppano lungo tutto l’arco di storia che ha visto la sua ascesa e poi il suo declino. Nessun intento politico, casomai una nota di costume: quanto spesso, nell’arco di un ventennio, abbiamo parlato di Berlusconi, nel bene e nel male?
Qui interviene anche Annamaria Blogna: Berlusconi… temo sia un po’ colpa anche del mio personaggio. Ai tempi della campagna elettorale citata nel mio capitolo, ero anagraficamente più piccola del ragazzino protagonista, eppure ricordo questa campagna mediatica in stile orwelliano ovunque. Mi è parso un buon fotogramma il volto rassicurante del politico che incitava gli italiani a pensare positivo, mentre la madre del mio protagonista moriva a causa di una regolazione di conti, in un quartiere degradato del Sud. Senza alcuna compartecipazione politica, ma solo come semplice analisi dei fatti, si può prendere quell’immagine e trasferirla nei tanti fatti di cronaca narrati ancora oggi, a distanza di trent’anni. Il tempo passa, i problemi no.

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