Economia
La demolizione silenziosa della Fiat Fabbrica Italiana Automobili Torino
Il punto sulla situazione di quella che era la Fiat a Torino e in Italia al di fuori delle retoriche comunicative
TORINO – L’Espresso dedica un articolato racconto a quella che definisce la distruzione silenziosa della Fiat nata come Fabbrica Italiana Automobili Torino
Si comincia dalla storia del sito produttivo di Grugliasco messo in vendita online
Era il 30 gennaio 2013 e un sorridente John Elkann inaugurava il sito produttivo di Grugliasco, rimesso a punto per dare il via a un nuovo capitolo della Fabbrica Italiana di Automobili Torino, dedicato a lussuosi bolidi – la Maserati Quattroporte, la Ghibli – il tutto nel nome del nonno, Gianni Agnelli. Già, perché lo storico stabilimento di corso Alamanno, a pochi chilometri dalla Mole, nuovo di pacca e punta di diamante di quel che, nei piani, sarebbe dovuto essere il Polo del Lusso, è stato esplicitamente dedicato all’Avvocato. Dieci anni dopo è sempre l’erede di Gianni Agnelli, John Elkann, numero uno di Exor, società che racchiude la ricca cassaforte di famiglia, ad approvare la liquidazione dello stabilimento dedicato al nonno. E lo fa senza cura, con la deliberata intenzione di cancellare ogni dubbio nella testa di chi, ancora, pensa che fra la famiglia Agnelli e Torino ci sia un indissolubile legame affettivo: lo stabilimento ex Maserati è stato messo in vendita con un annuncio pubblicato sul portale Immobiliare.it, definendolo «Capannone da 115 mila metri quadrati».
Stellantis che piaccia o non piaccia è un’azienda in cui la presenza nell’azionariato dello stato francese fa capire facilmente dove stiano le priorità strategiche. E in Italia si sta smobilitando:
«Sono i sette milioni che l’azienda è disposta a spendere per incentivare l’esodo di 15 mila dipendenti. Stellantis ha inviato le lettere a operai, colletti bianchi, dirigenti offrendo dai 90 ai 170 mila euro, pur di tagliare l’organico». Il titolo esplicito di questa iniziativa è “Costruisci il tuo futuro”. Il sottotitolo implicito è “lontano dall’ex Fiat”. Fabbrica che un tempo teneva in piedi l’economia piemontese: «Si lavorava e si produceva ricchezza. Una ricchezza solida, perché basata sulla manifattura, ben diversa da quella effimera e stagionale del turismo e degli eventi, verso cui si sta pericolosamente spingendo Torino. Una città rassegnata all’inconsistenza dell’automotive, che si sorregge grazie alla cassa integrazione», continua il sindacalista. A ottobre, a Mirafiori, la produzione della 500 elettrica si è fermata per due settimane, idem a novembre, con un calo drastico della produzione: da 225 vetture assemblate a turno, a 170 auto. Non va meglio per l’altra linea produttiva, la Maserati, passata da 55 mila a 7 mila bolidi prodotti l’anno.
Da pochi giorni è stato inaugurato a Mirafiori il primo Hub di Economia circolare
A compensazione della vendita di Grugliasco, il 23 novembre Stellantis ha inaugurato a Mirafiori il primo Hub di Economia circolare a saldo zero per l’occupazione. Nei fatti si tratta di un moderno sfasciacarrozze per recuperare elementi ancora buoni dell’auto a fine vita o aggiustare e rimettere sul mercato il veicolo. Tutto il resto, il recupero dell’elettronica, dell’acciaio e dei componenti preziosi, finisce altrove. Dal Polo del Lusso al Polo dell’Usato Sicuro il passo è stato dannatamente brevissimo. .
E la situazione negli stabilimenti produttivi del sud non è migliore
Paradossalmente, mentre la forza lavoro partenopea usa la cassa, Stellantis sfrutta 1.150 trasfertisti di Melfi per stare al passo con la produzione delle auto di Pomigliano. Decine di tute blu lucane ogni giorno salgono sui bus messi a disposizione dall’azienda, affrontano 156 chilometri di viaggio, entrano nella fabbrica alle porte di Napoli, attaccano il turno con ritmi serrati, escono, risalgono sull’autobus, affrontano altre due ore di viaggio verso la Basilicata, per poi fare ritorno a tarda notte nelle proprie abitazioni.
Nel frattempo sempre l’Espresso ricorda che un tradizionale feeling fra Fiat e potere politico pare sia passato di moda
In passato Elkann è stato ricevuto a Palazzo Chigi a piedi e in auto per le campagne mediatiche, da solo e in gruppo con gli amministratori delegati Sergio Marchionne, Michael Manley, Carlos Tavares, che ci fossero Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi o che ci fossero Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi. Quest’ultimo ha ospitato Elkann più volte e addirittura l’ha convocato assieme alle aziende di Stato a una riunione urgente sul fabbisogno e la transizione energetica dopo l’aggressione militare dei russi in Ucraina. Cioè Draghi ha consultato Elkann in un momento di grave emergenza nazionale. Un anno fa c’era una ordinaria consuetudine, adesso c’è un ostentato distacco fra il presidente di Stellantis e la presidenza del Consiglio.
E l’unico modo per portare al tavolo Stellantis pare il solito: offrire soldi pubblici all’azienda
Il ministero per le Imprese ha un unico strumento per tentare di influenzare le strategie di Stellantis: gli incentivi. Il governo pretende che alle «profonde radici italiane» celebrate da Elkann corrisponda un’azione coerente: gli investimenti, e non una sensazione di costante e inesorabile smobilitazione. Stellantis ha accettato di sedersi a questo tavolo affollato con sindacati e politici per non peccare (a proposito) in pregiudizi, ma le condizioni poste da Tavares per arrivare a un accordo non sono miti: contribuiti statali, energia a prezzi bassi, norme europee più elastiche
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Brusa Tiziana
4 Dicembre 2023 at 12:41
Questo è il risultato degli studi fatti all estero, dell’ economia globale, del costo del lavoro in Italia e di tante altre cose che hanno staccato sentimentalmente la nuova generazione di Agnelli ( che Agnelli non sono più) da Torino. Degli Agnelli è rimasto quel certo cinismo che permette di tagliare i rami di un albero che non serve più