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Salute

Il nuovo ospedale di Ivrea sorgerà probabilmente nell’area ex Montefibre

La Giunta regionale, alla luce della proposta, ha dato mandato all’assessore Icardi di richiedere un aggiornamento della relazione tecnica

Gabriele Farina

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Torino – Si è svolta stamattina in Consiglio regionale del Piemonte la Commissione Sanità convocata per una informativa sulla realizzazione del nuovo ospedale dell’Asl To4. Del nuovo presidio si è discusso anche durante la seduta odierna della Giunta.

L’assessore alla Sanità Luigi Genesio Icardi ha esposto, infatti, le procedure in corso per indirizzare la scelta dell’area in cui localizzare il nuovo presidio ospedaliero.

In particolare, alla luce dell’incontro avuto con la rappresentanza dei Sindaci dell’Asl il 22 giugno al Grattacielo Piemonte, durante il quale sono stati esposti i dati sulla superficie e sul dimensionamento clinico gestionale del nuovo ospedale (che prevede una struttura con una superficie coperta complessiva di 44.000 metri quadrati e 276 posti letto, ovvero 206 posti letto ordinari + 70 posti “tecnici”) e gli studi di comparazione tra le tre aree per una sua possibile ubicazione, è emerso da parte dell’Assessorato regionale un orientamento verso l’area ex Montefibre di Ivrea, che è stata proposta quindi alla Giunta come sede per il nuovo ospedale.

Tale area, infatti, consente di completare la riqualificazione di una ex zona industriale già urbanizzata e facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. Anche l’accessibilità veicolare sarà resa agevole dalla realizzazione del nuovo svincolo autostradale di San Bernardo di Ivrea. Inoltre l’area ha già una destinazione urbanistica a servizi sanitari che garantisce una importante riduzione dei tempi amministrativi per la realizzazione dell’opera.

In particolare, quest’ultimo aspetto è stato analizzato con attenzione rispetto all’area di Pavone, che pur idonea dal punto di vista della superficie ha però attualmente una destinazione e un uso agricolo che, oltre a implicare maggiore consumo di suolo, richiederebbe anche una variante urbanistica. Esclusa invece l’area ex Olivetti in quanto sottoposta a vincolo storico-architettonico.

La Giunta regionale, alla luce della proposta, ha dato mandato all’assessore Icardi di richiedere un aggiornamento della relazione tecnica predisposta due anni fa dal gruppo di lavoro coordinato dall’Ires, al quale verrà chiesto di valutare gli elementi emersi nell’ultimo periodo, in particolare l’effettiva impronta a suolo della superficie necessaria per il nuovo ospedale, la possibilità di un casello autostradale che agevola l’accessibilità veicolare e gli aspetti legati al consumo di suolo e alla destinazione urbanistica.

Successivamente la Giunta assumerà la decisione formale e la proporrà entro luglio al voto del Consiglio regionale.

La posizione di Coldiretti Torino

«La scelta dell’ex area industriale “Montefibre” per realizzare il nuovo ospedale di Ivrea è una decisione di buon senso che premia la nostra battaglia contro il consumo di suolo agricolo in Canavese». Questo il commento, a caldo, del presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici dopo l’annuncio dell’assessore alla sanità della Regione Piemonte Luigi Genesio Icardi. La zona un tempo occupata dalla fabbrica Montefibre si trova alla periferia di Ivrea in una zona ex industriale già da tempo sottratta all’agricoltura e ora in via di riqualificazione urbanistica.

Da oltre un anno Coldiretti Torino denunciava il sacrificio di terreni agricoli preziosi nel caso la scelta fosse caduta sull’are “Ribes” di Pavone Canavese. Fin da subito la richiesta è stata per una soluzione che tenesse conto anche delle esigenze dell’agricoltura proprio nel momento in cui le materie prime agricole scarseggiano sui mercati per via della guerra e le produzioni locali diventano strategiche.

«Abbiamo sempre ribadito che la nostra non era una posizione contro la costruzione di un nuovo ospedale, un’opera tanto attesa da tutti i cittadini eporediesi e canavesani e dunque anche dalle famiglie dei nostri agricoltori. Ma quello che abbiamo sempre chiesto è che la scelta ricadesse su terreni già compromessi e non cementificasse terreni agricoli».

Per Coldiretti Torino questa buona notizia deve rappresentare anche una svolta nelle relazioni con gli enti di area vasta e con alcune amministrazioni locali che, per la realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche, non considerano l’agricoltura al pari degli altri settori economici. «Le aziende agricole sono aziende come tutte le altre, solo che i luoghi di lavoro sono i campi. Speriamo che questa vicenda dimostri che spesso le alternative al consumo di suolo ci sono. Soltanto non bisogna piegarsi alle prime ipotesi che considerano i campi coltivati come semplici aree facili da occupare perché libere da necessità di bonifica e perché più facili da espropriare».

Gli agricoltori possono anche essere preziosi portatori di informazioni sulle aree interessate. Nel caso dell’area di Pavone i coltivatori hanno spiegato come quella sia un’area allagabile che necessita di opere di difesa idrogeologica. «D’ora in poi chiediamo di essere coinvolti fin dalle prime discussioni sui progetti che si intendono realizzare nei territori – conclude Mecca Cici – Noi conosciamo tutto dei territori e possiamo fornire un prezioso contributo nel prendere le decisioni più equilibrate dal punto di vista economico e produttivo, sociale e ambientale».

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