Ambiente
Ciclovia Venezia-Torino: la Regione Piemonte blocca tutto con il veto su un’autorizzazione territoriale
Per completare il tratto di ciclovia Venezia-Torino i soldi ci sono, ma manca il permesso della Regione Piemonte per costruire su un tratto di sua competenza.
Il progetto di ciclabile “VenTo” dovrebbe coinvolgere quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto); in Piemonte sono 3 i lotti finanziati: il ponte sulla Dora, il tratto Chivasso-Trino (finanziato dallo Stato) e il superamento della centrale fotovoltaica di Trino. È quest’ultima tratta che contiene l’inghippo, perché dovrebbe essere costruita per una parte sul terreno di proprietà di Sogei (impresa che gestisce l’impianto) e per l’altra sull’area della Regione Piemonte. L’amministrazione regionale, tuttavia, continua a non concedere a Sogei il via libera per i lavori, dato che non vuole prendere in carico i costi di gestione del segmento.
Il corteggiamento da parte di Sogei è già iniziato da tempo e ora il tempo sta per scadere: “Se la regione entro marzo non ci darà l’autorizzazione, – spiega Davide Galli, responsabile Sogin per lo smantellamento dell’ex stabilimento nucleare – quei tratti non saranno realizzati. Si tratta di un impiego da 140.000 euro sui 460.000 totali da noi impegnati per la ciclovia. Abbiamo avuto lunghe riunioni inconcludenti coi funzionari regionali ma se la regione non vuole accollarsi la gestione, noi andiamo avanti col tratto sui nostri terreni.”
Voci dissidenti anche all’interno della Regione; il vicepresidente del Consiglio Daniele Valle, ad esempio, nel 2020 era stato uno dei promotori dell’opera che secondo lui avrebbe grandi benefici economici e turistici: “La nostra amministrazione continua a non rendersi conto degli enormi introiti turistici che questi percorsi portano ai territori, un turismo sostenibile e presente 9 mesi l’anno, composto per la maggior parte da stranieri del nord Europa, ma anche da molti italiani.” Il veto è inspiegabile, secondo il vicepresidente, che chiude il suo commento così: “C’è solo da mettere a disposizione una striscia di terreno per un’opera che pagheranno altri.”
Resta da chiarire perché questa questione non sia emersa già a fine 2019 (con Cirio già insediato), quando è stato concluso il progetto di fattibilità tecnica di tutti i 705 km e di cui il Piemonte non poteva non essere stato informato.
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