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Cultura

Ritornata alla luce, intervista con Valentina Mattia

Gabriele Farina

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Con Ritornata alla luce, Golem Edizioni, Valentina Mattia ci riporta ad una data che per chi c’era è davvero difficile da dimenticare: 11 settembre 2001.

La protagonista del romanzo è Lia, che parte da Torino per andare a New York ad incontrare la sua amica Renata, che sta per sposarsi. L’appuntamento è in mattinata al World Trade Centre. Le due donne ovviamente non riusciranno ad incontrarsi. A quel punto il racconto è un continuo salto tra Torino e New York. Trovate la recensione completa qui.

Valentina Mattia, perchè un romanzo che ci riporta all’11 settembre 2001 a vent’anni di distanza da quella tragica giornata?

In realtà, ho seguito soltanto un filo conduttore: un fatto di cronaca realmente accaduto. Era già successo con Complici senza destino Edizioni Golem (attentato a Manchester, nel 2018, durante il concerto di Ariana Grande), soltanto che questo ha un impatto differente. Sappiamo tutti che cosa è accaduto l’11 settembre, quelle immagini proposte dai mass media le abbiamo ormai scolpite dentro. Eppure, nonostante si tratti di un filo conduttore che lega i due romanzi, ho scelto questa tragica giornata quasi autunnale perché mi ha turbato e continua a turbarmi. Quando ho scritto la storia che si ispira ai fatti di quel maledetto martedì di settembre, rivedendo documentari e leggendo libri, ho di nuovo provato delle emozioni forti, mi sono immedesimata in chi ha provato a scappare dalle torri, nelle forze dell’ordine che hanno fatto di tutto per aiutare il prossimo rischiando addirittura la propria pelle; ho ripensato ai famigliari delle vittime, che a vent’anni di distanza da quell’evento non trovano ancora risposte, né consolazione. Un dramma che poteva accadere a chiunque. Ecco perché va raccontato; la vita, a volte, può prendere una piega inaspettata, come è accaduto a Renata e Lia, le protagoniste di Ritornata alla luce.

Nelle settimane successive la tragedia, la protagonista Lia si trova ad affrontare l’elaborazione di un lutto e di una tragedia che non hanno precedenti. Come le vive?

All’inizio Lia le vive malissimo. Non è facile per lei vivere il presente. Infatti, continua ad andare avanti tra realtà e finzione, come in bilico tra i ricordi che riaffiorano prepotentemente dal passato e un presente che lacera dentro e scava solchi profondi; ferite che non si rimarginano con facilità. Elaborare un lutto non è così semplice, per lei, creatura fragile e insicura. La sopravvivenza, a volte, è più difficile da affrontare, perché sottopone continuamente a delle prove. E Lia, nonostante ce la metta tutta, non è così “resistente”; inoltre, ha paura di deludere i genitori che le fanno pressione, di essere diventata visionaria, visto che continua a essere perseguitata da delle voci interiori che la spingono a porgersi diversi interrogativi esistenziali. Insomma, Lia elabora la situazione che si è creata mettendo a nudo le proprie fragilità, come farebbe chiunque.

Il romanzo tocca vari temi, tra questi quello di una grande amicizia. Ce ne parli?

Sono contenta emerga questo tema, a me molto caro. Ritengo l’amicizia fondamentale nell’esistenza di una persona. Dedico questo romanzo, anche se indirettamente, a due mie carissime amiche: Loana ed Enza. Una, un’amicizia cominciata dall’adolescenza; l’altra, da più di vent’anni. Come Lia e Renata, anche io vivo un’amicizia “a distanza” con loro; eppure, so che ci sono sempre per me, che quando ci si ritrova insieme è come se la distanza non fosse mai esistita, e si chiacchiera senza alcun imbarazzo, né freddezza. Una vera amicizia è forte, così come lo è l’amore, resiste a tutto. Come ho scritto nel libro, “non diventerà mai cenere”. E, io, ci credo davvero!

Cosa ricordi del “tuo” 11 settembre?

Mi trovavo in piazza Europa, a Cuneo, per una passeggiata insieme a mio marito Lino e a mia figlia Giorgia, di quasi quattro mesi d’età. A un certo punto, mio marito riceve una telefonata da un collega che lo informa della tragedia che si sta consumando a New York. Allarmati, torniamo subito a casa; accendiamo la TV e ci colleghiamo a quelle immagini che non dimenticheremo mai: l’aereo che penetra una delle due torri, i fogli che volano dal grattacielo, il fumo che oscura il sole del mattino, i passanti che scappano… E non riusciamo più a toglierci dallo schermo che sta palpitando di novità. Prendo in braccio Giorgia, ignara di ciò che sta succedendo dall’altra parte della Terra, e la stringo forte, come a volerla proteggere da un mondo cambiato repentinamente in peggio; in quel momento ho davanti degli sconosciuti che agitano i fazzoletti ai piani alti, in trappola tra le fiamme dovute all’impatto dell’aereo con la struttura e la coltre di polvere e gas che di sicuro occupa le vie di fuga. Penso a che cosa farei io, se mi trovassi lì con loro. E mi ritengo fortunata di essere a casa, protetta, insieme alla mia giovane famiglia. Anche se lacrime amare bagnano i miei occhi che non potranno più dimenticare l’orrore di cui sono stati spettatori.

A distanza di 20 anni, secondo te il mondo è cambiato come un po’ tutti avevamo ipotizzato in quei giorni?

È cambiato sì. Purtroppo gli atti terroristici avvenuti in altri Stati hanno confermato tale cambiamento. E, lo ammetto, si ha paura a vivere in un mondo come questo, lo dico anche e soprattutto per le nuove generazioni che si troveranno ad affrontare sempre di più, nel tempo, una situazione instabile in diversi ambiti: lavoro, società, politica. Eppure, anche se fa male ammetterlo, è così che stanno le cose. E, alla luce, di ciò che sta capitando in questi ultimi anni, penso che dovremo fare i conti con una realtà in continua trasformazione.

Qual è il tuo rapporto con Torino, che è uno dei due luoghi di questa vicenda?

Torino è una città che mi piace molto. La trovo stimolante, misteriosa… Credo offra molte opportunità a livello culturale e sociale, e mi rammarico di non poterla frequentare spesso, come invece vorrei. Quando sono a Torino mi sento come un bambino nel Paese dei Balocchi. Cammino, fiera, per le vie principali, osservando le eleganti caffetterie che brulicano di gente, i tanti negozi aperti, le statue, i palazzi antichi, i cinema, i teatri, i musei, le diverse specialità culinarie proposte dai ristoranti e tavole calde… E vorrei trovarmi contemporaneamente in più posti, approfittare delle tante iniziative culturali per placare la mia sete di conoscenza e di curiosità. Ma, ahimè, non sempre ho tutto questo tempo a disposizione. Pur non conoscendola così bene, ho voluto sceglierla ugualmente come luogo per descrivere una parte del romanzo, aiutandomi con Google Maps. Un altro punto di vista che è servito a capire quanta è grande Torino e quanto ancora voglio scoprire di questa interessante ex capitale d’Italia.

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