Scienza e Tecnologia
Studio coordinato dalla Città della Salute di Torino rivoluziona la sorveglianza post trattamento del carcinoma all’utero
Uno studio appena pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, rivista ufficiale dell’Associazione Americana di Oncologia Medica, ha messo a confronto due diversi modi di organizzare il programma di sorveglianza post trattamento del carcinoma all’utero.
Lo studio TOTEM, coordinato dalla Città della Salute di Torino, ha evidenziato come non sia necessario prevedere procedure sistematiche (ad esempio esami radiologici o ecografici) in assenza di una sintomatologia clinica. Questo sta a significare una serie di vantaggi per le donne che saranno sottoposte a molti meno esami e procedure, una migliore appropriatezza delle prestazioni ed una conseguente riduzione delle liste d’attesa.
I programmi di diagnosi precoce ed il miglioramento delle terapie oncologiche hanno reso possibile un aumento del numero di persone che vengono controllate periodicamente per lungo tempo dopo un trattamento iniziale che potrebbe rivelarsi definitivo.
A fronte quindi di un indubbio successo delle terapie, si pone il problema di come monitorare questa percentuale crescente di persone impegnate in un percorso (il cosiddetto “follow-up”), che si auspica da una parte efficace nel riconoscere e trattare tempestivamente le recidive e dall’altra non troppo gravoso in termini di esami e procedure.
Considerato il fatto che il carcinoma del corpo dell’utero è caratterizzato da un’alta incidenza e da una buona sopravvivenza, il programma di sorveglianza o follow-up si traduce in un complesso di procedure dal forte impatto economico e sociale, sulla base dell’ipotesi, mai dimostrata, che ad un’anticipazione del riconoscimento di una recidiva consegua un miglioramento della sopravvivenza.
Alla luce di tali considerazioni, nell’ambito della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta è stato disegnato uno studio sperimentale, denominato TOTEM, per confrontare due modalità organizzative di follow-up (uno “intensivo” ed uno “minimalista”) nelle pazienti trattate per questo tipo di tumore, con diversa frequenza e tipologia di esami da eseguire nel corso dei 5 anni dopo l’intervento.
L’iniziativa è scaturita dalla stretta collaborazione tra la Ginecologia Oncologica universitaria dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino (diretta dal professor Paolo Zola), che ha ideato lo studio, la Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, che ha fornito il supporto economico, e la Epidemiologia Clinica – CPO Piemonte della Città della Salute di Torino (diretta dal dottor Giovannino Ciccone), che ha contribuito sul piano metodologico e statistico al disegno, alla raccolta dati (sulla piattaforma EPICLIN) ed all’analisi finale.
Lo studio ha coinvolto 39 Istituti italiani e 3 Istituti francesi ed ha concluso l’arruolamento delle pazienti con un totale di 1847 donne, che hanno accettato di partecipare a questa ricerca regolarmente approvata dai Comitati Etici dei Centri partecipanti.
I risultati finali sono stati molto netti ed hanno dimostrato che non vi è alcuna utilità nell’effettuare esami sistematici in assenza di sintomatologia clinica: la sopravvivenza a 5 anni nelle donne seguite con un follow-up intensivo è stata del 90.6%, contro il 91.9% di quelle seguite con un regime minimalista. Ad esempio, nell’arco dei 5 anni considerati, le donne seguite con uno schema minimalista hanno ridotto il numero di TC da eseguire da 2 a 0 se a basso rischio, e da 5 a 2 se ad alto rischio. L’articolo con i risultati finali è appena stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale ufficiale dell’Associazione Americana di Oncologia Medica, il Journal of Clinical Oncology.
Questo importante studio, unico trial randomizzato che ha confrontato diversi schemi di follow-up sulla sopravvivenza di donne operate per tumore dell’endometrio, è un esempio incoraggiante della capacità di collaborazione tra strutture pubbliche di condurre studi pragmatici, indipendenti, a basso costo e con rilevanti impatti sulla pratica clinica, limitando il numero di esami inutili da effettuare durante il follow-up, con conseguente riduzione di stress e di esposizione a radiazioni per le pazienti e di contenimento dei costi per il Sistema Sanitario Nazionale. È anche uno studio che rinforza il concetto che “doing more does not mean doing better” (fare di più non significa fare meglio), sostenuto a livello internazionale dal movimento Choosing Wisely e in Italia da Slow Medicine.
TOTEM è dedicato alla memoria di Alessandro Liberati (https://associali.it/), per il suo incoraggiamento e per il contributo all’ideazione dello studio e per il suo straordinario impegno nel diffondere la cultura della Evidence Based Medicine nel mondo della ricerca e del SSN.
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