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Alessandria

La ragione del silenzio, intervista con Patrizia Monzeglio

Gabriele Farina

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Non è facile raccontarvi La ragione del silenzio, di Patrizia Monzeglio, Neos Edizioni, senza svelarvi il tema centrale, che è parte integrante della storia, ma non l’unica. Lo farà l’autrice, se crederà sia il caso, nell’intervista che segue.

Per ora mi limiterò a dirvi che nel romanzo abbiamo tre personaggi. Letizia, che vuole dare una mano al giovane Michele a gestire un Cafè Philo all’interno di una libreria di Casale Mnferrato, Giovanni, libraio dai mille segreti e appunto Michele. Intorno a loro tre, tra Casale e Torino, si svilupperà una vicenda che ci porterà a riflettere su alcuni temi fondamentali, dalla giustizia, alla libertà alla democrazia. Trovate qui la recensione completa del libro.

Patrizia Monzeglio, partiamo dall’inizio: che cos’è un Cafè Philo?

I “Café Philo”, o caffé filosofici, sono momenti di incontro organizzati allo scopo di avvicinare alla pratica della filosofia le persone curiose, interessate a confrontarsi su tematiche esistenziali pur non avendo alle spalle un percorso di studi specifico. Ad esempio a Torino da anni viene organizzato un interessante “Café Philo” presso il Circolo dei Lettori di Via Bogino.

Come è nata questa storia?

La storia che ho sviluppato nel romanzo “La ragione del silenzio” ruota intorno all’idea che le scelte che facciamo nella vita sono spesso condizionate da valori che sviluppiamo inconsapevolmente e che ci spingono ad agire senza tener conto del carattere di irreversibilità delle nostre azioni e dell’imprevedibilità delle reazioni altrui. Così ho immaginato che i due protagonisti della storia, Letizia e Michele, nel cercare la ragione del “silenzio” che copre il passato di Giovanni, proprietario della libreria dove si svolge il Café Philo del romanzo, finiscano con il confrontarsi con certi fatti accaduti negli anni ‘70, gli anni della contestazione giovanile che portò con sé grandi ideali di cambiamento ma anche illusioni e comportamenti estremistici.

Nella libreria cuore della vicenda si parla di temi vari e tutti fondamentali: libertà, giustizia, democrazia. Sono temi quantomai legati tra loro e attuali…

Sì, molto attuali e molto concreti. All’inizio del romanzo, nei dibattiti a volte anche ingenui del partecipanti del Café Philo, giustizia, libertà e democrazia paiono temi astratti. Via via che si legge il romanzo però si scopre che è proprio in nome di questi valori che i vari personaggi avevano fatto da giovani le loro scelte di vita e di come queste scelte hanno condizionato concretamente le loro esistenze.

Dove si incrociano giustizia e libertà?

Si incrociano nel momento in cui alla libertà di agire si accompagna la responsabilità delle conseguenze delle azioni. Noi agiamo pensando di fare scelte “giuste” in base ai nostri valori. Ma fino a che punto possiamo sacrificare il singolo individuo in nome di un bene comune che riteniamo “giusto”? Dove finisce la nostra libertà e inizia quello dell’altro? Non c’è una risposta preconfezionata a questi quesiti esistenziali. Possiamo solo cercare di fare del nostro meglio confrontandoci con altri, rispettando le loro opinioni, assumendoci le responsabilità per ciò che facciamo.

Domanda provocatoria: la democrazia è ancora la miglior forma di governo possibile?

È l’unica forma di governo che dà dignità a ciascun essere umano, senza distinzione, e in quanto tale è indubbiamente la migliore. Però è faticosa, spesso inefficiente, richiede partecipazione e responsabilità. Per questo nei momenti di difficoltà cresce la sfiducia nelle istituzioni democratiche e il desiderio di scorciatoie semplici. Cosa può accadere in questi casi è sotto agli occhi di tutti, basta guardare alla Turchia, l’Ungheria o la Polonia.

Nel romanzo c’è anche uno scontro/incontro generazionale molto forte. La società appare tanto diversa a chi ha vissuto momenti storici differenti?

La società cambia, è inevitabile che sia così, e ognuno è figlio del proprio tempo. Per ogni generazione l’esperienza della generazione precedente sembra lontana dalla propria realtà, ma anche se la storia non si ripete mai allo stesso modo, le emozioni, gli istinti e i sentimenti degli uomini rimangono gli stessi. Per questo è importante parlare del passato, farlo conoscere, mantenere vivo il dialogo fra generazioni.

Poi c’è una parte di mistero, del quale non ho voluto rivelare nulla, che arriva dal passato, da un pezzo di storia d’Italia davvero molto tosto. Questo è il momento, se lo ritieni, di dirci di che si tratta…

La generazione di Letizia, la mia, è cresciuta durante un periodo cupo nella storia della nostra Repubblica, quello degli “anni di piombo”, del terrorismo. I giovani di allora hanno dovuto schierarsi e fare delle scelte: chi è stato protagonista, chi vittima, chi testimone di quel momento storico e delle derive violente della contestazione. Michele, che all’epoca non era ancora nato, nello scoprire molti aspetti del passato che non conosceva, matura la consapevolezza di quanto siano importanti nella vita reale quei valori di giustizia, libertà e democrazia su cui aveva dibattuto astrattamente negli incontri del Café Philo e anche di quanto questi valori sono fragili di fronte alla violenza.

Veniamo ai luoghi in cui è ambientata la vicenda. Che rapporto hai con Torino e con Casale?

Sono nata a Vignale Monferrato e il Monferrato rimane per me il luogo delle origini, della famiglia, degli affetti. Torino è la mia città di adozione, ci sono andata ad abitare nel ‘71 quando avevo 14 anni e lì sono cresciuta. Il mio rapporto con Torino è molto stretto, la trovo una città bellissima ed elegante e per questo ho scelto di abitarci, non a caso nel romanzo alcune scene sono ambientate a Torino, al Valentino, alla Galleria Subalpina.
Ho scelto però Casale come sede della libreria del Café Philo descritto nel romanzo perché trovo che il suo centro storico abbia un fascino antico e misterioso, con le sue viuzze tortuose e gli alti palazzi. È lo scenario ideale per una storia fitta di misteri come quella che ho voluto raccontare con la “Ragione del Silenzio”.

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