Cronaca
Nosiglia al funerale di Filippo, morto nel crollo della gru a Torino: inaccettabile
Il Vescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha celebrato in Duomo a Torino i funerali di Filippo Falotico, il giovane morto sabato nel crollo della gru che stava montando in via Genova. Questa l’omelia di Nosiglia:
Cari fratelli e sorelle,
Oggi, antivigilia di Natale, dappertutto vorremmo essere, ma non qui. Non a celebrare una Messa di sepoltura per Filippo e per ricordarlo insieme con i suoi due compagni Roberto e Marco. Invece la Chiesa e la città sono qui, vicino ai familiari e agli amici, a condividere un dolore così grande. Il lutto cittadino significa questo: che la scomparsa di questi lavoratori ci coinvolge tutti perché quella tragedia investe la vita, i problemi e le responsabilità di tutta la città.
E però di fronte alla morte non siamo chiamati a campare di ricordi, sfiniti dalla nostalgia. So quanto questo sia difficile: ma la memoria che rimane viva è il dono che Filippo è stato per la sua famiglia, per gli amici, per le associazioni che frequentava.
Il Signore stesso ci invita a questo atteggiamento. Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci viene detto: «Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me».(Giovanni 14,1-11) Con queste parole Gesù consola i suoi discepoli che erano addolorati per la sua dipartita dal mondo verso il Padre. Gesù ci invita ad avere fede in Dio e fede anche in Lui per poter sperare di vivere sempre con Lui dopo la morte, là dove ci ha preceduti e ci attende. L’invito del Signore risuoni dunque dentro di noi come appello a trovare nella Parola di Dio le ragioni della speranza cristiana, che ci assicura che i nostri morti sono accanto al Signore Risorto e partecipano alla sua gloria come ci rivela l’apostolo Paolo nella prima lettura dove afferma: «Non continuate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato così anche quelli che sono morti nel suo nome lui li radunerà con sé nel suo regno di pace e di gioia infinita» (1 Tessalonicesi 14,13-18).
La vita vera è in Dio, in quell’amore che ci è stato rivelato da Gesù Cristo. E da quell’amore, non ci separiamo mai, come ci ricorda ancora san Paolo nella Lettera ai Romani. ”Io sono certo che né morte, né vita, né cose presenti, né cose future e nessun altra cosa potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù (Romani 8,35-37). La verità di questa promessa ci riporta però alla nostra condizione di oggi, dove viviamo, nel dolore, la separazione dalla vita di Filippo come la conoscevamo prima.
E qui le domande sono necessarie e doverose. Perché è inaccettabile che, in un Paese che vuol essere tra i più avanzati, si debbano registrare così tanti e così gravi episodi di incidenti e infortuni sul lavoro, mortali o invalidanti. Le inchieste delle Magistrature hanno il compito di stabilire le cause specifiche per ciascuno di questi episodi: ma è evidente che c’è un problema ben più vasto e generale, che coinvolge l’intero sistema sociale ed economico. C’è bisogno, mi pare, di una adeguata legislazione, e di tutti quegli investimenti negli organismi di controllo affinché le leggi vengano applicate. E c’è anche una questione di mentalità: occorre comprendere che i costi della sicurezza sono il vero risparmio, sono il vero investimento, tanto per gli imprenditori che per i committenti e i lavoratori stessi.
Non si può risparmiare sulla vita, non si può – addirittura – speculare sulla vita altrui. C’è un diritto al lavoro, oggi già così difficile da attuare; e c’è anche un diritto alla sicurezza del lavoro, che appare ancor più lontano da realizzare. Anche per questo, nei giorni scorsi, ho parlato di vergogna. Perché le istituzioni, come i politici e le agenzie di controllo, non possono rimanere ignavi e inerti di fronte a questa «guerra non dichiarata» della sicurezza sul lavoro.
Il lutto della città, il ritrovarsi in cattedrale oggi sono segnali importanti, perché dicono che tutti siamo coinvolti. Dicono che non dimenticheremo, che non vogliamo dimenticare. Come non dimentichiamo i morti della Thyssen di 14 anni fa, e tutti gli altri che purtroppo si sono succeduti. Li ricordiamo tutti nella memoria civile di Torino, e nella preghiera che ci accompagna.
Maria Madre di Gesù e nostra consolata e consolatrice, che ha sperimentato il dolore e la perdita del suo Figlio sotto la croce, accolga con amore di madre Filippo e lo conduca al suo Figlio Gesù. Alla Madonna chiediamo anche di confortare e sostenere i familiari di Filippo in questi momenti difficilissimi. E la Vergine Maria, infine, accompagni tutti noi verso quel regno di luce infinita dove non c’è sofferenza, pianto e lutto ma solo pace per sempre con il Signore e i propri cari.
Cesare Nosiglia
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