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Perchè si diventa No-Vax (e come possiamo parlare con loro), di Ottavio Davini

Gabriele Farina

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Il dottor Ottavio Davini, che già più volte sulle pagine di Quotidiano Piemontese ha spiegato in maniera semplice ed efficace perchè non bisogna aver paura del vaccino anti Covid19 e ragionato a proposito dell’utilità del Green Pass, torna ad approfondire il tema concentrandosi questa volta sul perchè si diventa No-Vax e su come si possa parlare con chi si è schierato, spesso in maniera dura, su queste posizioni.

Scrive Ottavio Davini:

Al netto dei momenti di rabbia (soprattutto tra i colleghi che hanno fatto una vita d’inferno per mesi, e si vedono oggi arrivare in ospedale gente che ha rifiutato l’ancora di salvezza del vaccino), io credo sia opportuno provare a capire quali siano i meccanismi in base ai quali una così vasta parte della popolazione (soprattutto nei Paesi “ricchi”) sia contraria alla vaccinazione – o per lo meno molto dubbiosa.
Credo che sia importante perché, dopo Covid-19, ci saranno molte altre sfide che aspettano la collettività (penso in primo luogo alla irrinunciabile transizione ecologica), e arrivare a prendere decisioni con una cospicua e rumorosa minoranza che si sottrae a ogni riflessione razionale potrebbe essere pericolosissimo.
Esiste una fitta letteratura (anche pre-Covid) su temi come il complottismo, l’incomprensione della scienza e l’antivaccinismo: come sempre le spiegazioni sono complesse, e non c’è – semplicemente – il gene “no-vax”.
Unendo la letteratura scientifica (allegherò qualche riferimento) e quello che ho potuto verificare direttamente osservando gli utenti che mi insultavano sulla bacheca FB, posso provare a elencare una serie di “determinanti” che favoriscono la propensione al rifiuto alla vaccinazione (e in generale l’adesione a teorie complottiste di varia natura). Naturalmente non ho nessuna presunzione di essere esaustivo, ma trovo utile poter contribuire al dibattito.
Attenzione: è molto importante tenere presente che questi meccanismi si possono variamente combinare tra di loro; si potrebbe dire che quasi ogni no-vax faccia storia a sé.

Due punti fermi, per iniziare.
1. Il vaccino contro SARS-CoV-2 funziona. Le dosi somministrate nel mondo sono oltre 5 MILIARDI e, con qualunque ferocia si torturino i dati, le prove sono incontrovertibili e il rapporto rischio beneficio è estremamente favorevole. Eppure, continuano a girare da mesi le stesse bufale – nonostante lo sforzo incessante di molti per smontarle – ma è evidente che chi le alimenta o proprio non capisce (forse perché neppure legge) o è in malafede. Tertium non datur.
2. La scienza non è un monolite, e il percorso di incremento delle conoscenze è faticoso; è quindi naturale che ci sia dibattito all’interno della comunità scientifica, ma questo si svolge in sedi precise (sulle riviste peer-reviewed, nelle Istituzioni dedicate, all’interno delle Società scientifiche e tra di loro) e non sui quotidiani, alla TV o sui social, dove al più chi ha le competenze dovrebbe tentare di spiegare i termini del problema ai cittadini. Su questo tema (e altri che seguiranno) suggerisco la lettura godibilissima di un libro di un amico, Giovanni Boniolo: “Il virus dell’idiozia”, Mimesis, 2021.
Fatte queste doverose premesse torniamo alla domanda: perché si diventa complottisti/no-vax, etc etc?

1. L’ALFABETIZZAZIONE SCIENTIFICA: è un elemento cruciale di cui ho già parlato, ma porto un’altra prova. Un’indagine Gallup del 2017 ha dimostrato che negli USA il 38% degli adulti è “creazionista”, cioè pensa – veramente – che il mondo (e l’umanità) siano stati creati da Dio proprio così come sono oggi. Con buona pace di Darwin, dei fossili e di qualche altro migliaio di prove scientifiche che raccontano un’altra storia. Ma non facciamoci beffe degli americani: le cose da noi vanno solo un po’ meglio [http://www.demos.it/a01000.php]. Se poi parliamo di analfabetismo funzionale, OCSE stima che in Italia la percentuale di soggetti non in grado di “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità” sia del 47%. È allora facile capire che un problema di comprensione della pandemia e delle (difficili) scelte per contrastarla interessi larghissima parte della popolazione (anche sulla storia ci sarebbe da fare un bel ripasso, ma lasciamo perdere).

2. LA SFIDUCIA NELLE ISTITUZIONI: le scelte delle Autorità per contrastare la pandemia hanno inevitabilmente colpito alcune fasce di popolazione più di altre; in assenza di un filtro razionale sulle ragioni di quelle scelte, si è fatta strada in alcuni l’idea che le azioni fossero sproporzionate e ha facilmente attecchito l’ipotesi negazionista, che poi si è estesa a un rifiuto complessivo di tutto quanto veniva proposto dalle Istituzioni (vaccino compreso); va considerato che la sfiducia nelle Istituzioni – motivata o meno – corre da sempre come un fiume carsico in tutta la società per emergere con violenza nei momenti di crisi.

3. LA POSIZIONE IDEOLOGICA: la sfiducia nelle Istituzioni è poi collegata in parte alla coincidenza o meno dell’orientamento politico individuale con quello del Governo in carica, e a questa contribuisce, nelle democrazie occidentali, la posizione spesso ambigua sui temi della pandemia manifestata da chi si colloca in quel momento all’opposizione (o addirittura dichiaratamente no-vax da parte di alcune frange, che essenzialmente cercano facile consenso tra chi è genericamente “contro”: è dimostrativa la saldatura con gli ex forconi e i movimenti di estrema destra). Ma un filo ideologico si può ritrovare anche a prescindere da considerazioni di contesto; anzi, i fili sono tre:

A. Quello di matrice “ultra-liberista”, rappresentato con particolare enfasi dalla destra repubblicana negli Usa, e in specie dalle sue propaggini più estreme (Qanon e dintorni e gli assalitori di Capitol Hill); il dato è certificato dalla netta differenza di propensione al vaccino tra gli Stati repubblicani e quelli democratici, e dal vistoso rallentamento della campagna vaccinale negli USA: partiti con anticipo rispetto all’UE, oggi sono stati superati da tutti i Paesi europei di circa 10 punti percentuali; stride tuttavia la definizione di liberalismo per questi comportamenti: la cultura liberale (pensiamo a John Stuart Mill) è orientata a limitare il ruolo dello Stato, ma alla radice delle regole del vivere comune pone il massimo benessere per il maggior numero di persone, e prevede l’intervento delle Istituzioni quando i comportamenti dei singoli possono essere pericolosi per gli altri (principio del danno).

B. Il gruppo (eterogeneo) dei seguaci di forme di naturalismo un po’ esoterico o un po’ new age: chi si affida a ipotetiche soluzioni “naturali” o spirituali per ogni problema, spesso con incursioni in forme di medicina alternativa del tutto sprovviste di razionale e di evidenza scientifica, ritiene ogni intervento “farmaceutico” assimilabile a un veleno; naturalmente auguriamo a loro una vita lunga e sana, ma comunque al bisogno il SSN ci sarà anche per loro (se non sarà troppo tardi, come ogni tanto purtroppo accade).

C. Un ultimo (minoritario) gruppo si colloca – per così dire – all’estrema sinistra: se il nemico assoluto è Big Pharma, espressione satanica del capitalismo, ogni altra considerazione passa in secondo piano e tutto quanto accade è visto come funzionale all’arricchimento dell’industria del farmaco.
Più in generale le teorie del complotto spesso contestano la visione politica corrente e i gruppi complottisti si crogiolano nell’idea di appartenere alla minoranza che ha capito tutto.

4. IL CONFLITTO DI INTERESSI: spesso la scienza è entrata in conflitto con gli interessi di individui o di gruppi di potere: basta pensare alla feroce opposizione dell’industria del tabacco contro le evidenze scientifiche del danno da fumo o alla più recente – e ancora attuale – lotta di molte lobby (e anche di vasti strati della popolazione, che temono un ridimensionamento dei propri stili di vita) contro l’evidenza indiscutibile del riscaldamento globale antropico. Quest’ultimo esempio è significativo, perché ha punti di contatto con la questione pandemica e dei vaccini e si ricollega alla visione iperliberista, contraria all’idea di qualsiasi compressione della libertà individuale nel nome dell’interesse collettivo. Anche nella pandemia abbiamo ritrovato questa dinamica, che ha spinto alcune fasce di popolazione – quelle più danneggiate dalle strategie del lockdown – verso un’interpretazione complottista di tutta la vicenda. Una volta trascinati nel gorgo e “inglobati” nelle bolle social dei gruppi più estremisti non ne sono più usciti, scivolando inevitabilmente nell’opposizione al vaccino.
Scrive molto bene la storica della scienza Naomi Oreskes nel suo libro “Perché fidarsi della scienza?” (2021): “Sulla maggior parte delle questioni scientifiche altamente contestate nella cultura americana – l’evoluzione, la sicurezza dei vaccini, il cambiamento climatico – il consenso scientifico esiste. A mancare è l’accettazione culturale da parte di fazioni che hanno trovato un modo per sfidare la scienza. È questa la fonte della polemica, non le posizioni conflittuali all’interno della comunità scientifica. Il dibattito politico e culturale non è affatto illegittimo, ma il dibattito politico travestito da scienza è disonesto.”
Insomma, viene il dubbio che se un complotto c’è, sia quello che vede i no-vax come inconsapevoli teste d’ariete. L’elenco di chi tira le fila è troppo lungo, ma potete immaginarlo.

5. GLI OUTLIER: ampia letteratura documenta che le persone più vulnerabili o che si sentono emarginate danno più spesso credito – e diffondono – teorie del complotto, che fungono da meccanismi di adattamento di fronte all’incertezza e consentono a chi si sente emarginato di aderire a un gruppo che fornisce loro una nuova identità sociale. Ovviamente, per definizione, gli outlier non accettano le versioni ufficiali e si abbeverano nelle loro bolle social.

6. LA PAURA
A. Paura dei fatti: le teorie del complotto permettono di far fronte emotivamente a eventi minacciosi, addossandone la responsabilità a un gruppo di cospiratori. Questo si collega alla loro forte propensione a dare spiegazioni complottiste a eventi molto improbabili (ma che non perché improbabili non possono verificarsi). Risulta difficile per le persone accettare che “grandi” avvenimenti (come una pandemia) possano avere cause ordinarie e molto piccole (un virus!). Una teoria del complotto soddisfa il bisogno di avere una causa altrettanto grande per un “grande” evento, come ad esempio un complotto della Cina o di personaggi potenti o dell’industria farmaceutica.
B. Paura del vaccino. Questo è il determinante più comprensibile (e umano), ed è quello sul quale è più importante lavorare. Non è facile, perché presuppone che l’interlocutore razionalizzi il concetto di rischio, riuscendo anche ad aggirare la resistenza indotta dal problema del “controllo”: se mi vaccino compio un’azione attiva che ha un suo – se pur remoto – rischio, mentre se resto passivo posso sperare di non ammalarmi. È lo stesso fenomeno in base al quale molte persone hanno paura di salire su un aereo e nessuna di salire in auto, anche se il rischio per chilometro percorso è decine di volte superiore con quest’ultima.

7. DISTURBI DELLA PERSONALITA’
Ci sono anche questi: sfogliando la letteratura, emerge come i teorici della cospirazione tendano a vedere schemi preordinati in eventi casuali e mostrino segni di un tipo di personalità noto come schizotipia, caratterizzato da credenze non convenzionali, paranoia e pensiero disordinato.
Anche in questo ambito i fattori tendono variamente a combinarsi, ma prevalgono profili caratterizzati da sindrome di persecuzione e vittimismo, dove la mentalità complottista comporta la doppia percezione di essere vittima ed eroe al tempo stesso, o dalla ossessione del sospetto: un estremo livello di sospetto impedisce di credere in qualunque altra cosa che non rientri nella teoria del complotto.
Poi ci sono quelli affetti da narcisismo patologico: menti eccelse (in altri ambiti) non riescono a trattenere il loro ego e sconfinano in settori nei quali hanno conoscenze del tutto insufficienti per poter trarre conclusioni. E invece lo fanno, con grave danno alla collettività e al ricordo che ci lasceranno. Non serve la bibliografia, bastano i quotidiani ☹.

E I SANITARI?
Ne conosco qualcuno (li conto sulle dita di una mano) che è dubbioso o addirittura milita nelle file no-vax (ma naturalmente ne conosco migliaia che si sono vaccinati); testimonio che – ignoranza a parte, che mi rifiuto di ricomprendere tra le cause – ritrovo in loro pezzi sparsi dei determinanti elencati sopra. Insomma: sono pochi, e se sono finiti in quel gruppo è perché avevano qualche problema già prima.

E ALLORA: COME PARLIAMO LORO?
Si può interloquire con una così vasta platea di contrari al vaccino? Difficilissimo. Sono convinto che con i no-vax irriducibili (e purtroppo, ultimamente, anche violenti) sia inutile. Lascio volentieri campo alle forze dell’ordine. Ma è indispensabile mantenere un canale di comunicazione con gli indecisi, gli spaventati, i plagiati. Anche se la tentazione spesso è forte, è inutile e soprattutto controproducente aggredirli con la stessa violenza verbale che utilizzano loro (e su questo tutti quelli che se ne occupano da anni sono d’accordo). Lo so che spesso sembra di giocare a scacchi con un piccione (il piccione farà cadere tutti i pezzi, cagherà sulla scacchiera e poi se ne andrà camminando impettito come se avesse vinto lui), ma resto convinto del mio approccio dialogante: pacatezza, tenacia, esempi concreti, pochi dati essenziali (i numeri non “bucano” la loro bolla). Considerare sempre che il determinante principale (soprattutto negli indecisi) è la paura, condita da un filo di egoismo. Dobbiamo aiutarli a rimuoverla. Serve a poco appellarsi al senso civico o all’interesse collettivo: la loro è una paura “individuale”. Un buon argomento? O ci si vaccina o, prima o poi, ci si ammala. Perché questo virus non ce lo leveremo dalle scatole tanto presto.
Quindi, tanto vale…

Chiudo con una notazione di carattere personale (l’unica). Tra gli insulti ricevuti – la gamma è molto vasta – uno ricorrente è relativo al fatto che io sia pagato per fare certe affermazioni. Tutti quelli che mi conoscono di persona sanno quanto sia surreale questa accusa, per cui mi accontento di rispondere citando Balzac (da Papà Goriot): “Una delle più detestabili abitudini degli animi lillipuziani è di supporre negli altri le loro stesse meschinità.”

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