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Rapporto IRES Piemonte economico sociale 2021: in regione crescono ancora le nuove povertà

Redazione Quotidiano Piemontese

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E’ stato presentato il tradizionale rapporto Piemonte Economico Sociale realizzato dall’Ires Piemonte. Purtroppo anche Piemonte si assiste all’aumento delle nuove povertà con una crescita di circa il 2% all’anno del rischio povertà con picchi del 5% all’anno nelle famiglie con minori. In Piemonte il rischio, considerando tutte le famiglie, era del 15,0% prima della pandemia, del 17,2% a fine del 2020, con i benefici, e del 19,0% per le famiglie senza benefici.
Più difficile la situazione delle famiglie con minori. Qui il rischio povertà è passato dal 18.3% dell’”era” pre Covid all’attuale 25,5%.

La sintesi di Piemonte economico sociale 2021. Rigenerare il Piemonte. Prospettive di cambiamento e politiche per il futuro.

A quindici mesi dall’inizio della pandemia il consolidarsi della campagna vaccinale offre appigli solidi alla speranza di chiudere questo percorso doloroso, o per lo meno di entrare in una fase molto più agevole da gestire. Nel frattempo la nostra società e il nostro sistema economico sono stati sottoposti ad uno straordinario “stress test” che ha evidenziato debolezze, accelerato cambiamenti e che ci sta portando verso un’opportunità forse irripetibile di rilancio, anzi di rigenerazione. Sullo sfondo, le tre gradi transizioni (digitale, ecologico-climatica e demografica) che procedono intrecciate tra loro e con velocità diverse, richiedendo la massima attenzione degli attori pubblici e privati per governare questa trasformazione epocale tenendo conto dei punti di forza e dei limiti della nostra regione.

Colpiti non solo i settori tradizionali
La pandemia ha causato in Piemonte nel 2020 un calo del Pii del -9,4%, paragonabile per intensità a quello della crisi finanziaria del 2007-2008 che aveva fatto registrare una contrazione del 10,4%. Le esportazioni si sono ridotte del 12,2 mentre gli investimenti e i consumi sono calati fortemente nella prima fase della pandemia, per poi riprendersi nella seconda parte dell’anno. I redditi delle famiglie appartenenti ai settori più colpiti si sono ridotti, mentre è aumentato il tasso di risparmio soprattutto nei nuclei con redditi più elevati.
Le misure messe in atto, che hanno raggiunto un volume pari al 6,6% del Pii nel 2020 (a cui si aggiungono le misure adottate nella prima parte del 2021 pari a14% del Pii) hanno almeno in parte compensato gli impatti negativi.
In Piemonte la dinamica della produzione è risultata più critica rispetto al livello nazionale, a causa della specializzazione manifatturiera regionale orientata verso produzioni particolarmente colpite quali il tessile-abbigliamento, l’automotive e la meccanica in generale; hanno invece mostrato una buona tenuta il sistema agrifood e il comparto chimico farmaceutico. Rispetto alla crisi del passato, inoltre, sono stati duramente danneggiati il commercio e soprattutto il turismo (con un dimezzamento di arrivi e presenze).
I dati relativi all’occupazione in Piemonte nel 2020 restituiscono un quadro che non sembra ancora proporzionato agli effetti della pandemia. Infatti, il numero di occupati in Piemonte è diminuito solamente del 2,8%, a fronte di una contrazione del PIL regionale del 9,4%.
La stretta occupazionale si è concentrata sui lavoratori indipendenti (-6,6% rispetto al 2019), in particolare nel commercio e nel comparto turistico-alberghiero; in quest’ultimo settore la contrazione degli addetti ha raggiunto il 14,4% e le nuove assunzioni si sono dimezzate. Più contenuto – almeno per ora – l’impatto sul lavoro dipendente (-1,6%), grazie agli ammortizzatori sociali e del prolungato blocco dei licenziamenti. Nel 2020 in Piemonte sono state finanziate oltre 213,5 milioni di ore di Cassa integrazione, contro i 13,8 milioni del 2019.

Un’ulteriore “frenata” demografica
A causa dell’incremento dei decessi, del calo delle nascite e della frenata delle migrazioni nel 2020 la popolazione piemontese si è ridotta di 38.000 unità; è come se fossero sparite due città come Saluzzo e Savigliano. La pandemia sta ribadendo quanto sia delicata la situazione demografica del Piemonte e come questa si intrecci con la precarizzazione del lavoro, la sottoutilizzazione delle competenze, le diseguaglianze.
Le difficoltà di inserimento lavorativo di giovani e donne portano meno natalità, creando squilibrio tra i gruppi di età: più persone mature e anziane e meno giovani. Finora le migrazioni hanno contrastato in parte questo disequilibrio. Il 24% dei Millennials è di origine straniera. Però tra gli adolescenti di famiglie con svantaggi socioeconomici, spesso con cittadinanza straniera, uno su due non riesce a sviluppare competenze linguistiche e matematiche di base, una situazione che potrebbe essere peggiorata con le problematiche indotte dalla pandemia.
Tra le “sfasature” del mercato del lavoro vi è anche quella delle persone in età matura e disoccupate da molto tempo che costituiscono la metà dei senza lavoro. Entro il 2030 il Piemonte potrebbe veder calare la popolazione in età lavorativa tra le 1 OOmila e 180mila unità.

Sanità: sforzi straordinari e limiti evidenti
Per quanto negli ultimi anni il sistema sanitario del Piemonte, nonostante le restrizioni finanziarie, abbia garantito buoni livelli di assistenza, e riconoscendo l’immenso sacrificio e sforzo affrontato dal personale e dalle organizzazioni, la pandemia ne ha sottolineato gli aspetti di debolezza:
• la scarsità di risorse destinate ai servizi sul territorio, con personale insufficiente, mancanza di comunicazione tra i servizi, difficoltà nell’integrazione e nella continuità delle cure;
• il paradosso dell’eccesso di strutture ospedaliere al tempo stesso obsolete: in Piemonte il 27% degli ospedali pubblici non è più pienamente idoneo alle necessità attuali;
• un’inadeguata integrazione tra servizi ospedalieri, servizi territoriali e servizi sociali;
• il calo del personale del 6% nell’ultimo decennio (superiore alla media nazionale del 4%), determinato soprattutto dalla diminuzione dei medici e degli infermieri;
• un parco tecnologico obsoleto con il 41 % delle grandi apparecchiature installate nelle ASR di età superiore ai 10 anni e non più conformi ai criteri di adeguatezza tecnologica (le linee guida europee indicano un limite del 10%).
Il Covid-19 ha repentinamente richiesto l’adozione di nuove misure con uno sforzo straordinario di tutti gli attori coinvolti: l’istituzione delle USCA (Unità Speciali per la Continuità Assistenziale), la trasformazione della geografia dei servizi ospedalieri, il massiccio reclutamento del personale sanitario e l’incremento delle tecnologie, la diffusione della digitalizzazione e dei servizi di telemedicina e l’imponente organizzazione della campagna di prevenzione e vaccinazione.
La gestione dell’emergenza, inoltre, ha comportato effetti collaterali per la sospensione e la riorganizzazione di molte attività sanitarie non Covid; tra queste ricordiamo la rilevante riduzione dei volumi degli screening oncologici. Inoltre nei primi sei mesi del 2020 i ricoveri sono calati del 26% rispetto all’anno precedente e le visite si sono ridotte del 28%.
Per quanto la pandemia abbia colpito di più gli anziani, le misure di lockdown e la mancanza di contatti tra pari hanno contribuito al peggioramento della salute mentale di alcune fasce di popolazione, in particolare di bambini e adolescenti, con l’aumento osservato dei disturbi post traumatici da stress e del comportamento alimentare. Particolarmente colpite quelle persone che presentavano elementi di svantaggio o emarginazione già prima dell’emergenza.
Logistica, mobilità, reti: strumenti di resilienza
Tra gli elementi di resilienza la logistica si è mostrata essenziale nel garantire, anche durante il/ockdown, gli approvvigionamenti alimentari e farmaceutici e nella fase successiva ha consentito al tessuto produttivo la ripresa delle attività e dell’export.

Nel complesso, il volume delle merci inviate all’estero nel 2020 si è ridotto dell’11 ,8% rispetto al 2019, mentre le importazioni si sono contratte dell’8,2%. Il sistema logistico piemontese, per via della forte connessione con il sistema portuale ligure ha risentito della contrazione delle movimentazioni via mare (-14,2%). Il traffico di veicoli pesanti si è ridotto soprattutto nella prima fase della pandemia mentre il trasporto ferroviario delle merci registra un moderato incremento. Vi è stata, inoltre, una crescita dell’e-commerce e, conseguentemente della city logistic come confermato anche dalla crescita del numero di imprese di servizi postali e corrieri e dai nuovi insediamenti di players logistici in aree periurbane.
Nel corso della pandemia gli spostamenti dei cittadini sono cambiati in modo radicale ed inaspettato rispetto a quanto avveniva in precedenza, evidenziando:
• la contrazione soprattutto all’inizio della pandemia per le restrizioni e per un atteggiamento prudente dei Piemontesi: secondo AppIe mobility trend nel primo lockdown gli spostamenti si sono ridotti del 75% con mezzi motorizzati e del 73% a piedi, mentre nella seconda e terza ondata la riduzione è stata rispettivamente del 28% e deI24%;
• il maggior utilizzo dell’auto, conseguenza di un parziale abbandono dei mezzi di trasporto di massa (si stima una riduzione dell’uso dei mezzi pubblici del 43%);
• il mutamento delle destinazioni (sono aumentati gli spostamenti verso parchi e aree verdi);
• l’aumento di domanda e offerta di servizi di micromobilità.
Grazie alla disponibilità di reti, dispositivi e piattaforme digitali è stato possibile mantenere in attività molti lavoratori, proseguire, pur con molte criticità, le attività didattiche e sviluppare rapidamente nuovi servizi per contenere le difficoltà quotidiane imposte dalle misure di contenimento del virus. La transizione digitale nella vita quotidiana ha subito una brusca accelerazione: DAD e smart working entreranno stabilmente in quella “nuova normalità” che ci attende dopo la pandemia e l’e-commerce ha compiuto un ulteriore balzo.
Negli ultimi anni la Pubblica amministrazione ha sviluppato l’offerta di servizi digitali per i cittadini, tuttavia il livello di utilizzo è ancora modesto, sia per la relativa complicazione di alcuni di essi, sia per la scarsa propensione di parte della popolazione a farvi ricorso. La pandemia ha dato un impulso anche in questa direzione, ad esempio incrementando notevolmente l’utilizzo dello SPIO, il cui numero di utenti è triplicato dal primo lockdown.
Questa accelerazione, tuttavia, ha ulteriormente evidenziato il digitai divide territoriale causato dalla carenza di connessioni internet adeguate nelle aree interne della ragione e fatto emergere la difficoltà di alcuni gruppi sociali nel disporre di strumenti e competenze adeguate.
2. DALLA PANDEMIA UN’OPPORTUNITÀ DI RIGENERAZIONE
I governi e le istituzioni nazionali e intemazionali, memori della lenta reazione alla crisi finanziaria del 2008, hanno mostrato rapidità di azione con le misure di emergenza per imprese e lavoratori che, anche se non risolutive, hanno attenuato gli impatti negativi.
Il segnale più importante però riguarda il cambio di paradigma dell’Europa rispetto alle politiche di sostegno e rilancio: la consapevolezza dei gravi rischi sociali innescati dalla pandemia ha guidato la nuova Commissione Europea a concepire uno straordinario piano di aiuti e riforme, da cui ha preso forma il PNRR, da poco presentato dal Governo.
Inoltre, il 2021 coincide con l’avvio del nuovo ciclo di programmazione dei Fondi strutturali europei, dai quali potrà arrivare un robusto e coerente contributo al rilancio.
Possiamo quindi contare, oltre che sul cosiddetto rimbalzo, soprattutto su una inattesa “finestra di opportunità” politica, normativa e finanziaria per mirare ad una rigenerazione del nostro sistema economico e sociale.
Per guidare in modo coordinato questa complessa transizione, la Regione Piemonte si è dotata della Strategia regionale per lo sviluppo sostenibile (SRSvS), in fase di messa a punto finale, che si richiama direttamente all’omologa strategia nazionale e ad Agenda 2030. Inoltre ha messo a punto il Documento Strategico Unitario (DSU 2021-27) che ha la funzione di coordinare l’azione dei Fondi europei con gli altri strumenti d’intervento (tra cui il PNRR) e con la SRSvS.

Governare la svolta verso la sostenibilità
L’Unione Europea, con il varo del Green Deal, ha ripreso e rafforzato il percorso verso la sostenibilità tracciato da Agenda 2030 puntando su biodiversità, energia rinnovabile, economia circolare e agricoltura sostenibile. Si tratta di un percorso che richiederà una profonda svolta nel nostro approccio all’utilizzo delle risoerse. Il ruolo delle istituzioni pubbliche nella transizione ecologica sarà fondamentale. Non mancheranno le risorse: in particolare il PNRR presentato dall’Italia prevede che il 31 % del dei fondi sia destinato alla Missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. Ad essi si aggiungeranno i Fondi strutturali europei per il ciclo 2021-27.
Considerando gli obiettivi di sostenibilità (Goals) di Agenda 2030, l’analisi di posizionamento regionale vede il Piemonte all’ 8°posto. Rispetto al Goal 6 “acqua” è al 30 posto grazie all’alta percentuale di trattamento delle acque reflue e efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua potabile. Per il Goal 11 “città sostenibili” è al 40 posto ed ha quasi raggiunto i target EU, rispetto alla produzione di rifiuti e alla quota di raccolta differenziata.
Riguardo al tema fondamentale dell’energia (Goal 7) il Piemonte è al decimo posto. Tuttavia, per quanto riguarda l’obiettivo di raggiungere al 2030 un contributo del 30% delle energie rinnovabili rispetto al consumo interno lordo, il Piemonte per ora si attesta solamente al 19%.
La transizione “verde” rappresenta per la nostra regione una straordinaria occasione per innovare e rilanciare il proprio sistema socio-economico, adottando un nuovo modello di sviluppo basato sull’economia circolare che coinvolga tutti i settori produttivi e le comunità del territorio regionale.
Un ruolo di traino può essere svolto dalle cosiddette Utilities. Queste particolari imprese, oltre ad assicurare la produzione di servizi e beni essenziali (gestione del ciclo dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia e del gas, il trasporto pubblico locale) sono orientate al conseguimento di obiettivi di interesse pubblico e, grazie anche a questa loro caratteristica, possono agire come soggetti attivi nell’impostazione di filiere basate sul principio dell’economia circolare, distribuendo estemalità economiche e influenzando il potenziale innovativo, attrattivo e di competitività della regione.
Sostenere le imprese nella transizione verde e digitale
Interi settori della nostra economia (pensiamo ad esempio ai mezzi di trasporto) saranno interessati da discontinuità tecnologiche, culturali, di concezione stessa del prodotto e dei servizi correlati. In vista del nuovo ciclo dei Fondi europei 2021-27 sono state consultate le imprese sull’importanza attribuita ad alcune aree di policy; quelle ritenute di maggiore importanza sono:
• Aiuti per gli investimenti tecnologici (64,6%);
• Aiuti per formazione e riqualificazione del personale (59,2%);
• Servizi e aiuti per l’acquisizione di consulenze, trasferimento tecnologico (49,5%);
• Sostegno progetti di economia circolare, eco-efficienza, prodotti green (47,5%).

Per estendere la trasformazione digitale e sostenere la transizione ecologica, dove serve una forte spinta del “pubblico” e una innovazione a tutto campo: beni diversamente concepiti, ricerca sui materiali e investimenti di sistema (ad esempio su mobilità e idrogeno). Inoltre, creare le nuove competenze da incorporare nelle imprese presuppone un più efficace dialogo tra politiche della competitività, del lavoro e della formazione.
Le imprese impegnate a rinnovare prodotti e processi sono molte di più di quanto normalmente si ritenga; tuttavia tra queste solo una minoranza opera in rete con le istituzioni della ricerca, per le altre innovare significa trasformare l’offerta progettando in casa le soluzioni. Il rapporto tra imprese e università cresce, ma resta problematico; solo una minoranza lo ritiene utile. Un’ulteriore sfida, quindi, è sostenere l’innovazione di questo strato intermedio di imprese.
Dall’analisi è anche emersa la necessità di ricucire il problematico rapporto tra sviluppo e coesione sociale: occorre puntare ad un’economia che impatti positivamente sulla vita dei cittadini e dei territori, non è questione che riguarda solo il Terzo Settore ma l’intera comunità economica.
Uscire dalla “doppia trappola” demografica e della bassa qualificazione
Sul fronte sociale, la sfida è fare uscire il Piemonte dall’azione di due trappole: quella demografica in cui il numero di figli procreati non è sufficiente a sostituire i genitori, e così le generazioni che si stanno susseguendo negli ultimi decenni sono sempre più piccole, nonostante le migrazioni. La seconda trappola è quella della bassa qualificazione nel mercato del lavoro: il nostro modello di sviluppo si è posizionato su attività troppo spesso a basso valore aggiunto. Le due “trappole” si alimentano a vicenda e richiedono rinnovati sforzi sul fronte dell’inclusione sociale.
Nel contempo le imprese lamentano di non trovare le competenze ricercate. Su questo punto la Regione sta potenziando gli strumenti per avvicinare il mondo della formazione e dell’istruzione e quello del lavoro e anche l’attuale Governo intende sostenere il cosiddetto sistema duale, che unisce formazione in aula ed esperienza sul campo, in collaborazione con le imprese.
Grazie anche alle risorse previste dal PNRR la transizione digitale e verde possono rappresentare un’opportunità per creare sempre più lavoro per chi si è formato in anni di studio. Anche le nuove assunzioni della Pubblica Amministrazione offriranno opportunità ai giovani più qualificati, oltre ad andare a colmare almeno in parte il divario tra l’Italia e gli altri paesi europei in termini di apporto della PA al sistema economico. Infine, un consolidamento del ricorso al lavoro agile potrebbe rendere più efficiente la produzione e, al tempo stesso, ridurre gli elementi che frenano la conciliazione tra lavoro e vita personale.
Sviluppare la sanità territoriale
Considerato quanto abbiamo vissuto e imparato dall’emergenza, il PNRR offre una straordinaria opportunità per rigenerare il sistema sanitario, salvaguardando l’aspetto universalistico. Il Piano prevede l’allocazione di ingenti risorse per il Sistema sanitario nazionale finalizzate a due principali missioni:
• il potenziamento dell’assistenza territoriale con reti di prossimità, strutture intermedie (come le Case e gli Ospedali di Comunità) e l’assistenza domiciliare, attraverso l’implementazione di servizi digitali e di telemedicina per rispondere alla transizione demografica epidemiologica e sociale
• l’impulso a innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN con l’ammodernamento attraverso nuove tecnologie o la sostituzione delle preesistenti ormai obsolete, nuove
infrastrutture, l’adeguamento di quelle esistenti agli standard di sicurezza e la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi.
Rispetto a questi obiettivi, il Piemonte ha all’attivo diversi progetti da potenziare e integrare. Per citarne alcuni:
• una tradizione consolidata di servizi avviati sul territorio delle ASL, ad esempio la rete dei medici di famiglia, delle Case della Salute e un ventaglio di prestazioni di cure domiciliari da rafforzare in termini di prevenzione, presa in carico, continuità e integrazione dei servizi;
• la conversione di un sistema ospedaliero in una rete ospedaliera, con strutture organizzate gerarchicamente e specializzate per livelli di intensità di cura;
• la previsione di un incremento di posti nei corsi di laurea per tutte le professioni sanitarie e nelle specializzazioni mediche;
• il governo regionale degli investimenti in tecnologie biomediche che prevede un percorso di valutazione delle sostituzioni e delle nuove introduzioni con l’approccio multidisciplinare dell’Health Technology Assessment;
• l’implementazione dei servizi di telemedicina [quadruplicati nel 2020 rispetto al 2017], accompagnati da un sistema di tracciabilità e di remunerazione delle prestazioni;
• la presenza di polo di innovazione attivo nell’ambito biomedicale, il polo bioPmed, che
associa imprese, centri di ricerca, università, fondazioni, ASL, ospedali e associazioni.
L’attuazione degli obiettivi del PNRR richiede inoltre lo sviluppo di fattori abilitanti: la valorizzazione del capitale umano, la ridefinizione di percorsi di formazione del personale ed i sistemi di valutazione delle competenze, la ricerca e nell’innovazione, la trasformazione digitale, così come la capacità di dialogo e confronto tra gli attori che hanno la responsabilità di organizzare ed offrire i servizi sanitari.
Estendere i collegamenti e ripensare il trasporto pubblico
Il rilancio richiederà di assicurare al Piemonte adeguate collegamenti. La realizzazione dei due Corridoi Europei, quello Mediterraneo e quello Reno-Alpi, consentirà di consolidare la vantaggiosa posizione del Piemonte, con ulteriore impulso al sistema logistico, a patto di mettere in campo adeguati investimenti anche nel sistema infrastrutturale e viario locale.
Rispondendo al bisogno di una maggiore resilienza, la logistica si sta riposizionando sull’accorciamento delle global value chains, con un’affermazione dei poli logistici regionali. Di qui emerge la necessità di piccoli magazzini della logistica, siti alle porte dei centri urbani, con il vantaggio di potersi insediare in aree già esistenti, attraverso il riuso di stabilimenti oggi abbandonati (aree greenfield). Inoltre, lo sviluppo della logistica 4.0, previsto anche dal Recovery Fund potrà ridurre le inefficienze molto significative nel settore della reverse logistic (oggi il 50% dei mezzi pesanti torna vuoto).
La situazione del trasporto pubblico in Piemonte, già prima della pandemia, mostrava alcune criticità strutturali connesse alle risorse finanziarie delle amministrazioni locali, alle difficoltà di bilancio delle aziende operanti su gomma e alla necessità di una revisione dell’offerta più consona alle nuove esigenze della domanda. Il PNRR dedica una notevole parte di risorse agli investimenti infrastrutturali soprattutto ferroviari ed al rinnovo del parco mezzi (bus e treni “verdi”).
Ad adeguati investimenti nel settore si deve accompagnare una nuova pianificazione dei servizi, attenta alla necessità di integrazione tra le diverse modalità di trasporto, e una maggior dotazione per il Piemonte delle risorse correnti del Fondo Nazionale Trasporti.

Rafforzare la capacità amministrativa e la collaborazione tra PA e cittadini
Affrontare la sfida della rigenerazione spendendo presto e bene le ingenti risorse che saranno disponibili mette al centro la capacità di governance e di attuazione della PA.
L’attuazione del PNRR prevede anche un robusto piano di riforme che dovrebbe snellire l’azione del sistema pubblico e rafforzarne i ranghi, abbandonando le politiche di tagli e blocchi del turnover che ne hanno prosciugato le forze e proponendo nuovi iter attuativi meno vincolati dall’attuale logica di controllo pervasiva e non necessariamente efficace. Quella della capacità attuativa è forse la più importante delle sfide da affrontare, anche perché propedeutica al buon esito di tutte le altre linee di intervento che saranno sostenute dal PNRR e dagli altri strumenti di investimento.
Inoltre dovrà essere rafforzato il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, offrendo servizi sempre più accessibili (ad esempio semplificando le modalità di accesso e garantendo l’interoperabilità delle varie piattaforme), garantendo un accesso alla rete adeguato in tutti i territori e sostenendo percorsi di alfabetizzazione informatica generalizzati.
Lo sviluppo di servizi efficaci chiama in causa la collaborazione tra PA e gli utenti-cittadini: le procedure più apprezzate sono quelle con il coinvolgimento degli utenti, come ad esempio il MUDE (Modello Unico Digitale per l’Edilizia).
La collaborazione, infine, riguarda l’importante sfera dello sviluppo locale: dove questa è stata effettiva, attraverso la creazione di partenariati pubblico-privati realmente rappresentativi degli interessi locali, si sono ottenuti risultati positivi, specie se consolidati nel tempo da una reiterazione dell’iniziativa: è il caso ad esempio dell’approccio Leader per lo sviluppo rurale. Viceversa percorsi di sviluppo locale troppo guidati centralmente, oltretutto caratterizzati da un processo attuativo troppo complesso e lento come nel caso della Strategia nazionale per le aree interne, non sembrano una soluzione efficace.

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