Lavoro
Confartigianato: nel 2020 in Piemonte hanno chiuso 712 imprese femminili
L’emergenza sanitaria sta mettendo in ginocchio una parte rilevante delle imprese artigiane, incidendo in maniera drammatica soprattutto su quelle più fragili e meno strutturate.
Tra le categorie più colpite le donne e i giovani, già contraddistinte da situazioni di svantaggio pre-pandemia, poiché nella gran parte dei casi ricoprono posizioni di lavoro meno tutelate e spesso in settori più esposti alle crisi.
A fine dicembre 2020, secondo i dati di Unioncamere, le imprese femminili in Piemonte sono in calo: 95.879, rispetto alle 96.591 di fine 2019 (-712).
Le imprese guidate dagli under 35, sempre nel 2020, hanno registrato una flessione pari a -4,5% rispetto all’anno precedente.
Questa la fotografia sull’occupazione giovanile e femminile del Piemonte scattata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese, che ha analizzato la dinamica regionale degli occupati under 35 tra il 2019 e il 2020, su dati ISTAT.
“La ripresa del Piemonte – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – sarà condizionata dall’andamento del piano vaccinale; accelerare il passo è un primo elemento indispensabile per far fronte alle diverse conseguenze negative derivanti dallo shock pandemico che si è riverberato su famiglie e imprese, aggravando la condizione generale del contesto economico e sociale. Il nuovo Decreto Sostegni con altri contributi a fondo perduto per le imprese ed un pacchetto lavoro, cercherà di contenere l’esplosione di quella che potrebbe essere una bomba sociale anche a seguito della possibilità di poter tornare a licenziare a fine giugno.”
“Non va tuttavia dimenticato che la ripartenza – continua Felici – dipenderà anche da altri fattori meno legati al contesto contingente e invece già ‘endemici’ prima dell’avvento della pandemia, che rischiano di condizionarla negativamente. C’è bisogno di misure urgenti per rilanciare l’occupazione, in particolare quella giovanile, e investimenti sulla formazione e sulle competenze dei lavoratori per contribuire a costruire un futuro di lavoro per le nuove generazioni.”
“Per affrontare la ripartenza – riflette Felici – occorre, in primis, rimuovere gli ostacoli che scoraggiano le imprese ad assumere. Sul fronte delle politiche attive del lavoro sosteniamo la necessità di rilanciare gli Istituti Professionali e gli Istituti Tecnici e di investire sulle competenze professionali a cominciare dall’uso delle tecnologie digitali e puntando sull’apprendistato duale e professionalizzante.”
“E’ proprio dall’apprendistato – sottolinea Felici – che passa la ripresa dell’occupazione giovanile, strumento che si conferma quale il contratto a causa mista più adatto a soddisfare le esigenze formative dell’artigianato e delle piccole imprese e a preparare i giovani ad entrare in un mercato del lavoro che richiede competenze tecniche evolute imposte dalla rivoluzione digitale.”
“Il percorso di transizione, cambiamento e mutazione è fondamentale – riprende Felici- occorre puntare a obiettivi precisi per recuperare il tempo perduto a causa della pandemia e per rimuovere i molteplici ostacoli già presenti precedentemente allo scoppio della crisi odierna: la scarsa digitalizzazione della Pubblica amministrazione, i ritardi dei pagamenti della PA, l’eccessiva burocrazia fiscale misurabile a livello nazionale. Dobbiamo impegnarci affinché questi “mali” vengano cancellati o, quanto meno, attenuati. Molti di questi problemi potrebbero essere superati grazie all’azione del Recovery Fund.”
Un recente studio di Confartigianato Imprese, Unioncamere e Anpal, ha fotografato i cambiamenti del mondo del lavoro delle “piccole professioni” al tempo delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale.
Al di là dell’impatto della pandemia e delle sue conseguenze le aziende che vogliono rimane sul mercato devono investire nelle nuove tecnologie e intelligenza artificiale.
Secondo lo studio di Confartigianato Imprese, Unioncamere e Anpal nei prossimi cinque anni, la domanda di nuovi impieghi delle piccole e medie imprese sfiorerà i 2 milioni di nuovi posti di lavoro e profili tecnici. Le figure dei nuovi tecnici “intelligenti” saranno le stesse che conoscevamo ma con una carta di identità cyber e high-tech: cyber-idraulici e tecno-elettricisti per case ed elettrodomestici connessi, meccatronici (ovvero la fusione linguistica e delle competenze di meccanici e elettrauti per la manutenzione delle nuove automobili), orafi, sarti e calzaturieri in grado di utilizzare stampanti 3D e foot scanner, artigiani delle costruzioni per la messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, installatori e manutentori di parchi, giardini e aree verdi, riciclatori di rifiuti (in tessuti e arredamenti), produttori e manutentori di apparecchiature mediche ad alta precisione, animatori digitali per musei ed edizioni virtuali.
Ancora una volta la parola d’ordine è “nuove competenze”. Una rivoluzione dei mestieri che investirà in pieno, nel nome delle grandi opportunità di nuovi mercati e fatturati, proprio il mondo delle Pmi e dell’artigianato in un paese come l’Italia dove le botteghe chiudono per mancanza di giovani in grado di raccogliere il testimone.
“L’artigianato post Covid-19 – conclude Felici – dovrà necessariamente ripartire dalla trasformazione di mestieri tradizionali che si dovranno adeguare al cambiamento del mercato e delle esigenze dei consumatori.”
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