Piemonte
Nelle Rsa del Piemonte mancano infermieri e stanno finendo i soldi
Nelle residenze sanitarie assistite mancano infermieri, i costi sono aumentati per far fronte all’acquisto di strumenti e dispositivi di protezione e l’occupazione dei posti letto è diminuita. Questi alcuni dei problemi segnalati nell’audizione dei rappresentanti di ANASTE (Associazione nazionale strutture terza età), UNEBA (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale), Legacoop, Confcooperative, AGCI (Associazione generale cooperative italiane), Confapi Sanità e Confindustria al gruppo di lavoro che sta svolgendo l’indagine conoscitiva sulla gestione dell’emergenza sanitaria, presieduto da Daniele Valle in Consiglio Regionale.
Per Confindustria da parte della Regione c’è stata e c’è attenzione, ma serve un sostegno economico perché le misure adottate per contrastare la pandemia hanno comportato sforzi definiti insostenibili per le aziende. E poi va rivalutata l’importanza delle strutture sul territorio: con un miglior funzionamento di queste ultime, gli ospedali non andrebbero in affanno come avvenuto.
Confapi ha precisato che oggi nelle Rsa i problemi di marzo non si verificano più, ci sono il 3,5 per cento di contagi tra il personale e il 5 per cento tra gli ospiti, ma restano aperte una serie di questioni. Ad esempio il monitoraggio per isolare il virus, la carenza di infermieri disponibili, le lacune della medicina territoriale, la mancata revisione delle tariffe. A questo si aggiunge il fatto che le assicurazioni si stanno rifiutando di stipulare polizze con le Rsa, che in caso di dovuto indennizzo rischierebbero dunque il fallimento, obbligando gli operatori a rivolgersi a compagnie straniere per ricevere le coperture adeguate.
Per Anaste punto centrale è la revisione del piano tariffario, con una retta media di 85 euro giornalieri è impensabile poter assistere persone non autosufficienti garantendo servizi di qualità. Confcooperative ha parlato di un modello organizzativo non adeguato, che sconta mancanze strutturali e che non prevede regole univoche su tutto il territorio regionale. Inoltre, è stato rilevato che su 780 presidi autorizzati, sembrano avere dignità solo quelli che ospitano anziani che hanno diritto alla quota di compartecipazione sanitaria, 14 mila ospiti su un totale di circa 45 mila.
Sulla necessità di ripensare a riqualificare il personale, in particolare gli operatori socio sanitari (OSS), perché vengano formati ad esempio per somministrare terapie, si è espressa anche Agci, che ha ricordato come in Lombardia la sperimentazione abbia dato buoni risultati, risolvendo in parte la carenza di infermieri.
Gli auditi hanno sottolineato che da quando il presidente Alberto Cirio ha preso in mano la situazione delle Rsa c’è stata un’accelerazione nella soluzione dei problemi, che la piattaforma digitale funziona. Ciò consente di non dover più rincorrere i referti. Inoltre i tamponi rapidi, di cui si attende la seconda fornitura, stanno funzionando nell’individuare e isolare più velocemente i positivi, ma è importante che il tamponamento sia fatto in maniera sistematica. Manca, hanno precisato, il terzo anello: trovare strutture idonee dove evacuare temporaneamente i casi positivi per la quarantena, per poi farli rientrare in Rsa.
Sono intervenuti per porre domande il presidente Valle, i consiglieri Valter Marin e Alessandro Stecco (Lega), Monica Canalis e Domenico Rossi (Pd), Marco Grimaldi (Luv) e Francesca Frediani (M5s).
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