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Cultura

La foresta fossile, intervista con Cristina Converso

Gabriele Farina

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Chissà quanti di voi sanno che nella Valle di Lanzo, lungo il corso della Stura, è stata scoperta una foresta fossile. La scoperta è di un’importanza scientifica enorme e ha un potenziale turistico davvero notevole, eppure è rimasta una notizia da mondo accademico e basta. Il libro che andiamo a scoprire prende spunto proprio dalla scoperta de La foresta fossile e ne prende anche il nome.

A scriverlo Cristina Converso per Buendia Books, abile come sempre a mettere l’ambiente al centro delle sue storie, a sollevare temi fondamentali, nascondendoli però tra le pieghe di una storia che racconta tutt’altro. In questo caso di tratta di un avvincente thriller che prende il via dalla scomparsa dello studioso che quella sera stessa dovrebbe presentare al pubblico i risultati della sua incredibile scoperta. Da qui parte una vicenda fatta di misteri, intrecci, segreti, intrallazzi di grandi aziende, disastri ambientali, che sarà da seguire fino all’ultima riga. Trovate qui la recensione completa del libro.

Cristina Converso ha risposto alle mie domande.

Questa chiacchierata non può che cominciare con una domanda: che cos’è una foresta fossile?

Vorrei rispondere fornendoti due differenti definizioni:
la prima scientifica, quindi più rigorosa, la foresta fossile è un area di rarità in cui sono stati ritrovati alcuni reperti fossili, nel nostro caso i reperti sono alberi vissuti al termine dell’era terziaria (quasi tre milioni di anni fa) che possiamo ancora vedere in piedi, almeno le loro ceppaie, ovvero la parte bassa e radicale del fusto, grazie ad un processo di sostituzione da parte della silice del materiale legnoso. Quindi, un sito di grande interesse geologico e paleobotanico.
La seconda, quella spirituale, ovvero un luogo dove riflettere sulla nostra transitorietà e sulla bellezza di un mondo in cui siamo ospiti e figli. Certo è difficile vedere la bellezza in reperti fossili, se non si è appassionati esperti, ma restare in silenzio ad ascoltare il fiume è più che sufficiente per fare un salto nel passato e immaginare una foresta enorme con alberi simili a sequoie che svettavano fino al cielo. Riflettere sui cambiamenti e sulle loro cause.

Quella di cui si parla nel romanzo è la foresta fossile scoperta lungo la Stura di Lanzo, che esiste davvero. Ci racconti in breve la storia e l’importanza di questa scoperta?

La foresta fossile della Stura di lanzo era già nota a fine Ottocento, quando Federico Sacco (padre della geologia) censì l’intero territorio piemontese, e lo descrisse in modo innovativo, quello scientifico-geologico-paleontologico. Accennò anche ai reperti della foresta fossile di Nole Canavese. I suoi studi furono ripresi negli anni Ottanta da un naturalista appassionato, Aldo Chiariglione, che esplorò le sue amate valli di Lanzo. Già in quel periodo, in seguito ad un prelievo di materiale inerte dall’alveo, erano visibili alcuni frammenti di tronchi e ceppaie, dalla tipica colorazione giallo-rossastra, bluastra e nera in taluni casi. Ma solo in seguito all’imponente alluvione del 2000 le ceppaie affiorarono in modo consistente e totalmente visibile. Da quel momento ha inizio il vero e proprio censimento dei reperti ad opera di un gruppo di lavoro dell’Università di Torino. Primo fra tutti il professor Edoardo Martinetto, che ringrazio di aver arricchito il romanzo con una postfazione scientifica nella quale espone bellezza, ma anche difficoltà di conservazione di tali siti rari.

Ti segnalo inoltre che sul mio blog Lettura e natura è possibile trovare tutte le informazioni sia sul romanzo che sui temi appunto di natura letteraria, ogni giovedì esce un articolo.

Se lo spunto è la foresta fossile, il tuo romanzo è però un vero e proprio thriller. Come sono nati i protagonisti?

I protagonisti sono un omaggio sia al mondo della ricerca che al mondo della vita sul territorio.
Troviamo infatti la figura del ricercatore, che non poteva che essere un dottore forestale, una geologa e ovvio una vecchia ferita tra docenti universitari che doveva alimentare le scene. Ma anche la gente di valle, quindi i cantonieri che lavorano instancabilmente alla manutenzione del territorio, gli abitanti delle zone, da chi frequenta il fiume a chi ama la trattoria. Mentre per quanto riguarda il lato nero della vicenda, imprenditori talvolta costretti a delinquere e una squadra di poliziotti unica nel suo genere. Una curiosità per i nomi dei protagonisti, mi piace anagrammare nomi di illustri autori, così da Ernest Hemingway, nasce Ernesto Meina, da Julius Verne, nasce Giulio Nervi, da George Orwell nasce Giorgio De Verre e così via…

Tra i vari personaggi c’è una coppia di librai che mi ha molto colpito. Come sono entrati nella storia?

Per il mio amore viscerale per i librai sia antiquari che non! Non potevo immaginare un romanzo senza una coppia di librai, se poi vuoi sapere se esistono davvero, beh, non te lo dirò mai. Posso solo dirti che esiste davvero un luogo con caratteristiche analoghe a quello descritto proprio nella città di Pinerolo. E tale luogo è popolato da analoghi proprietari.

Il romanzo è però anche (forse soprattutto) un duro monito contro lo smaltimento illegale dei rifiuti da parte delle aziende. Ritieni che in Italia la legislazione sul tema sia sufficiente o si potrebbe fare qualcosa di più e a che livello?

Nel romanzo vengono trattati due ecoreati abbastanza diffusi, l’arricchimento dei depositi del fiume in sostanze e metalli pesanti provenienti dagli scarichi aziendali e lo smaltimento illecito di rifiuti. Tra i molteplici reati di carattere ambientale ho scelto due tipologie di facile comprensione anche ai non addetti ai lavori. La materia, infatti, è poco conosciuta e spesso non trattata correttamente dai media, pertanto mi premeva partire da lì e trattarla in modo divulgativa e accessibile. Al fondo del romanzo ho l’onore di ospitare la postfazione di un noto docente di diritto amministrativo, il professor Alessandro Crosetti, che espone in modo sintetico ed efficace cosa sia veramente il reato ambientale e come venga normato in Italia. Nel nostro paese, infatti, con in Codice dell’ambiente del 2006 si è fatto un primo tentativo di codificazione unitaria dei vari settori, obiettivo integrato dalla legge 68 del 2015, sul reato ambientale. Certo, si potrebbe fare ancora di più, ma ad oggi siamo dottati di strumenti efficaci che erano ormai indispensabili.

Chiudiamo tornando alla foresta fossile nelle valli di Lanzo. Che speranze abbiamo che diventi un luogo di interesse turistico primario?

Su questo punto devo citarti una brano della prefazione al romanzo, stilato dalla Città Metropolitana di Torino che ne ha concesso il patrocinio: “il bacino della Stura ha qualcosa di raro e fondamentale: la natura e la storia non sono state cancellate”, ed è proprio così! La valorizzazione della foresta fossile si inserisce in un progetto più ampio esteso a tutto il territorio della valle, il Progetto STouring, appunto, nato dagli studenti dell’istituto D’Oria di Ciriè. Infatti di anello si tratta, Tour e Ring, un percorso di decine di chilometri dove camminare, pedalare, e scoprire. Mi auguro, davvero di cuore, che il romanzo sia uno strumento di promozione in tal senso e che possa far conoscere ed incuriosire altre persone al territorio. Sul tema della gestione di promozione turistica lascio la parola agli amministratori locali e alle loro iniziative.
Certo, sarebbe un peccato andare fino nel Wisconsin U.S.A, per vedere una ceppaia fossile e non andare a vedere quelle della Stura di Lanzo!

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