Piemonte
Come sono andate le lezioni online nella scuola: un primo consuntivo di un docente
Fabrizio Venerandi un docente, scrittore e informatico di Genova ha pubblicato sui social un consuntivo dei risultati delle lezioni online che hanno sostiutioto la normale attività didattica ai tempi del Coronavirus.
Al termine di queste lezioni online, ho fatte due chiacchiere con gli studenti cercando di capire cosa ne pensassero di questi mesi di didattica a distanza. Il giudizio nei confronti della DAD che mi pare sia emerso è generalmente negativo.
Alcuni studenti hanno raccontato di difficoltà di connessione, hardware inadeguati, velocità di rete insufficiente, mentre altri hanno spiegato di aver utilizzato per seguire le lezioni il proprio smartphone, e solo quello. Si è trattata di una promiscuità di mezzi impropria perché, durante le lezioni, lo smartphone ha continuato a fungere da strumento di comunicazione e svago.
Ci sono state molte sofferenze: alcuni hanno sofferto la scarsa omogeneità dell’offerta dei docenti, sia nella proposta digitale, sia nella modalità di valutazione dei compiti. Altri hanno sofferto la mancata distinzione tra tempo di lavoro e tempo libero, ricevendo messaggi, compiti e sollecitazioni nelle ore del pomeriggio o della sera. Altri ancora hanno sofferto fisicamente lo schermo del computer/tablet, specie se usato sia alla mattina per le lezioni sia al pomeriggio per i compiti.
C’è stato anche un problema di “scopo”. Perché studiare in digitale? Alcuni, molto sinceramente, hanno ammesso che la fragilità della struttura digitale scolastica permetteva loro di studiare meno o di non studiare affatto e che questa occasione è stata sfruttata.
L’impressione che ho avuto in queste chiacchierate informali, che – sia ben chiaro – non hanno nessuna valenza statistica, è che si è lavorato, da entrambi i lati, in un ambiente di forte “immaturità digitale”.
Da un lato la scuola ha improvvisato una didattica digitale fatta con mezzi poco interattivi e spesso nati per tutt’altro, senza una reale coordinazione sui mezzi e sui contenuti, dall’altro gli studenti sono “digitalmente poveri” e legati ai meccanismi di carota-bastone della valutazione decimale.
Le riflessioni da fare sono tante, anche in vista dell’anno scolastico in arrivo, ma ho l’impressione che una didattica digitale compiuta abbia bisogno anche di una rivoluzione nel sistema di valutazione/obbligo (specie nel biennio), un ripensamento degli “scopi” per cui lo studente deve fare qualcosa per/nella scuola, di una formulazione molto più sofisticata degli strumenti digitali utilizzabili in classe, e di una riflessione sui “ferri”, ovvero sull’hardware che lo studente deve utilizzare a casa (ma anche a scuola).
Altrimenti si perdono occasioni, tempo e energie.
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