Cultura
“L’ultima notte di Edgar Allan Poe” al teatro Erba di Torino, Fasella dirige Caratto
Un ritratto fedele e originale dello scrittore più influente nella storia della letteratura horror, tradotto in una pièce suggestiva che mette al centro turbamenti e inflessioni dell’animo umano. Debutta in prima nazionale al Teatro Erba di Torino (corso Moncalieri 241), per la stagione 2019/20 di Torino Spettacoli, L’ultima notte di Edgar Allan Poe, con Luciano Caratto, per la regia di Enrico Fasella, il 3 e 4 marzo 2020 alle ore 21.
Un uomo vaga per le strade di una città sconosciuta, indossa abiti laceri non suoi ed è incapace di spiegare perché e come è arrivato fin lì. Dopo pochi giorni muore, tra deliri e allucinazioni, invocando il nome di una persona che nessuno conosce: Reynold. Avvincente come la trama di un racconto poliziesco, la cronaca della morte inspiegabile di Edgar Allan Poe è giunta fino a noi velata di leggenda. Si narra, infatti, che, durante il ricovero in ospedale, lo scrittore non uscì mai da uno stato di confusione mentale, fino a smettere di lottare contro i propri demoni la mattina del 7 ottobre 1849, a soli 40 anni. La messa in scena firmata da Fasella parte proprio da qui e fa un percorso a ritroso, immergendosi nei segreti inconfessabili di Poe in un continuo crescendo di tensione. Fino al colpo di scena finale, sorprendente come fu la sua dipartita, in quell’ultima, paurosa notte che lo vide protagonista al pari dei personaggi delle sue novelle.
“Siamo destinati per sempre a stare in equilibrio sul confine dell’eternità senza il tuffo definitivo nell’abisso”, scriveva l’autore statunitense. Mescolando cronaca e finzione letteraria, il testo, riadattato, si basa su tre dei suoi “Racconti del terrore”: “Il cuore rivelatore”, “Il gatto nero” e “Morella”.
“In parte sono considerabili autobiografici – spiega il regista –, perché contengono alcuni rimandi alla sua vita. Ad esempio l’alcolismo, il nervosismo, la sua condizione di borderline, il rapporto con la moglie Virginia Eliza Clemm, che sposò nel 1836 quando lei aveva appena 13 anni e lui 27, falsificando i documenti di nascita. E, ancora, i continui dissapori con l’editore e critico letterario Rufus Wilmot Griswold, che tentò più volte di infangare la sua reputazione. Una vita infelice, insomma, che lo ha portato a morire molto giovane, nella totale indigenza. Poe è conosciuto come il padre dei racconti horror, ma sappiamo benissimo che li scriveva perché era un genere all’epoca molto gettonato. Probabilmente si trattava di business, lo faceva solo per sopravvivere. Era una persona colta, un grandissimo poeta con vaste conoscenze umanistiche. Quando, però, ha capito che non poteva vivere di questo, ha trovato un escamotage nel filone dell’orrore. Per quanto riguarda la sua morte, avvenuta in circostanze misteriose, volutamente in questo lavoro non ho voluto indagare, mantenendo la suspence dall’inizio alla fine”.
A dare voce e corpo a Poe, Luciano Caratto, attore teatrale e cinematografico, regista e doppiatore. Lavora abitualmente con la Compagnia Torino Spettacoli e il Teatro del Baratto. È direttore della Scuola di Teatro “Giuseppe Erba” e direttore artistico della Compagnia Divago. Molti i lavori diretti da Fasella che l’hanno visto protagonista, tra cui L’osteria della posta di Carlo Goldoni, L’uomo dal fiore in bocca e Una giornata di Luigi Pirandello, Il sogno di un uomo ridicolo, di Fëdor Dostoevskij, Emigranci di Slawomir Mrozeck e La signorina Julie di August Strindberg.
(Foto di Nicola Casale)
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