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Cultura

L’ombra di Rol, intervista con Enzo Orlando

Gabriele Farina

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Enzo Orlando è tornato in libreria con il suo secondo libro, anche questo un giallo profondamente torinese per ambientazione e ispirazione. L’ombra di Rol, Bonfirraro editore, parte dalla scoperta di un cadavere durante Portici di carta. Si tratta di un libraio, ucciso proprio nel palazzo in cui abitava Gustavo Rol, il grande e amato sensitivo. Ad indagare ci sarà il commissario Moretti, come nel precedente Il diario Lombroso e il killer dei musei, coadiuvato dai suoi giovani agenti.

Nel frattempo però Orlando ci porta anche nella neonata Italia del 1861, dove troviamo l’esercito piemontese impegnato a combattere il brigantaggio. Ed anche qui ci sarà un delitto da risolvere. Come si incastrano le due vicende? Trovate la recensione completa del libro qui.

Enzo Orlando ha risposto alle mie domande.

Torna il commissario Moretti, torna Torino, torna Enzo Orlando con un giallo che mischia classico, storico e mistero. Come è nata l’idea di questa storia?

I luoghi di Torino – via Silvio Pellico con la targa dedicata a Rol sulla facciata e i portici del centro pieni di banchi in occasione dei Portici di carta – mi hanno offerto gli spunti per questo secondo libro.

Nel primo romanzo a tirare le fila c’era la figura di Lombroso, qui abbiamo Gustavo Rol. Hai deciso di dedicarti ai personaggi più misteriosi e affascinanti della storia di Torino?

La verità è che la brava e immaginifica collaboratrice del commissario lo coinvolge, ogni volta che se ne presenta l’occasione, nel mistero che circonda questa città.

Ad indagare  ci sono di nuovo il commissario Moretti e la sua squadra. Come sono cambiati i tuoi personaggi?

I personaggi sono invecchiati di un solo anno e pertanto non sono cambiati, a parte il commissario che aveva lasciato una questione sentimentale in sospeso. L’agente scelto Brero non compare poiché in pensione anticipata dopo il suo ferimento.

E poi abbiamo l’Italia del 1861, la lotta al brigantaggio ed anche lì un delitto da risolvere. Come e perchè si inserisce questa parte del romanzo nell’intera storia?

Il tema della manipolazione della storia al fine di creare una nuova memoria identitaria – i meridionali invasi e depredati dai piemontesi; il brigantaggio assurto a lotta partigiana pro-Borbone; il museo Lombroso come base organizzata dei razzisti antimeridionali – questo tema dicevo mi interessa parecchio perché, al di là delle esagerazioni e delle panzane sparate per attirare consensi di chi la storia la conosce solo attraverso gli slogan che ingolfano i social, al di là di tutto questo esistono ancora delle ferite non sanate che quella guerra di annessione ha aperto. Nel mio romanzo un professore di storia salernitano si reca a Torino per una ricerca sul brigantaggio. Di più però non posso spoilerare…

Nella scorsa intervista mi avevi indicato dei nomi di attori per una eventuale trasposizione cinematografica di quel romanzo. Me li confermi anche dopo qualche anno o hai cambiato idea? A chi diamo i ruoli per i personaggi che compaiono solo in questo secondo romanzo?

Confermo il cast per quanto riguarda la squadra investigativa. Nella parte dello psicoterapeuta Giordano ci vedo Beppe Lanzetta, col suo sguardo profondo e inquietante. Nel ruolo del commissario del quartiere Chiaia – per la parte ambientata nel 1861- vedo bene Geppi Gleyses. L’ispettore Manfredi è Maurizio Casagrande.

Il commissario Moretti e suoi aiutanti sono già pronti per la loro terza avventura?

Moretti anche volendo non può aderire a quota 100 e pertanto gli toccherà lavorare ancora per un po’ al commissariato di corso Vinzaglio.

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