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Cultura

Dal Rosa al Viso, intervista con Angela Delgrosso Bellardi

Gabriele Farina

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Si chiama Dal Rosa al Viso, e porta la firma di Angela Delgrosso Bellardi per Umberto Soletti Editore. E’ una vera e propria saga familiare ambientata nell’800 in Piemonte, tra le pendici del monte Rosa (all’inizio), Torino (di passaggio) e Saluzzo e i suoi dintorni (soprattutto).

Protagonisti sono Pietro e Maria, due giovani del popolo che si sposano e formano una famiglia tra le mille difficoltà del periodo. La loro vicenda personale (figli, lavoro, figli persi, figli che vanno in guerra) si incrocia continuamente con le vicende che interessano il Piemonte. E siccome siamo nell’800 le vicende che interessano il Piemonte sono anche quelle che interessano l’Italia e la sua nascita. Il racconto ha un’altra particolarità: la saga raccontata è infatti quella della famiglia dell’autrice. Trovate qui la recensione completa del libro.

Angela Delgrosso Bellardi ha risposto alle mie domande.

Com’è nata la voglia di raccontare questa vicenda, che è in fondo una vicenda molto personale?

Tutto avrei immaginato nella mia vita, tranne di scrivere un libro. E’ stata una necessità, la necessità di tramandare a mio figlio espatriato e ai mie nipoti, nati in Spagna, la memoria della storia dei miei avi di cui avevo ricostruito l’albero genealogico a partire dalla fine del 1500 e di cui avevo avuto notizie vaghe da parte di mio padre. Volevo che i miei discendenti conoscessero le loro radici piemontesi.
Perché un giorno anche i miei pronipoti possano leggere questo romanzo, l’ho fatto tradurre in spagnolo e presto, spero, verrà distribuito anche in Spagna e nell’America latina, dove ci sono i discendenti di tanti piemontesi.

Come hai raccolto i materiali per ricostuire le vicende della tua famiglia?

Introducendomi negli archivi parrocchiali e storici di Saluzzo, Verzuolo, Cuneo,Torino e di Calasca-Castiglione e nelle biblioteche, sono venuta in possesso di notizie e dati, non solo della mia famiglia, ma anche del territorio. I giornali dell’epoca, della prima metà e seconda metà dell’ottocento, sono stati una miniera di informazioni, una curiosa finestra sul passato storico.
Quella che hai raccontato è una storia inevitabilmente molto legata al territorio.

Qual è il tuo rapporto con il Piemonte e con le terre dei tuoi avi?

Con il Piemonte ho un rapporto di appartenenza molto stretto, inculcatomi sicuramente da mio padre che amava la lingua piemontese e le tradizioni della nostra regione con una fierezza indescrivibile. Usava citare modi di dire, parole , sottolineandone l’efficacia espressiva. Aveva acquistato il dizionario piemontese Sant’Albino che consultava come una Bibbia.
Durante le mie ricerche ho stretto rapporti di amicizia con molte persone della terra dei miei avi e ormai sento il bisogno periodicamente di tornare tra le montagne del Monte Rosa, a ripercorrere le strade della borgata di Vigino, in Valle Anzasca e quelle di Sambughetto, in valle Strona, i luoghi delle mie radici. Scrivere la storia dei miei avi mi ha dato una tranquillità interiore che prima non avevo. Alcune pagine le ho scritte piangendo, poiché mi sono immedesimata in ognuno dei personaggi.

Come è nata la scelta del titolo, che racchiude perfettamente tra due montagne l’intera saga?

Diversamente da quello che fanno gli scrittori che inseriscono il titolo, dopo aver scritto il libro, io ho scritto subito il primo titolo che mi è venuto in mente con l’intento di cambiarlo quando ne avessi trovato uno più idoneo. Le prime parole del romanzo sono state proprio “Dal Rosa al Viso”. Mi sono sembrate appropriate, perché ai piedi delle due più alte montagne del Piemonte è trascorsa la vita dei miei avi. Tengo comunque a precisare che il ritratto della mia trisnonna, eseguito da un grande pittore piemontese, Matteo Olivero, proveniente dall’Accademia Albertina e pluripremiato a tutti i concorsi di pittura dell’epoca, è stata una forte molla a scrivere il romanzo. Il libro è una saga familiare, ma tutto il romanzo ruota intorno alla figura di una donna, Maria Isolana, e alla sua difficile esistenza. E’ la storia della mia famiglia, ma anche e soprattutto la storia di una delle tante famiglie piemontesi dell’ottocento.
Per raccontare al meglio quel passato, ho letto o riletto i classici dell’epoca e le memorie di tanti personaggi importanti che hanno collaborato al Risorgimento italiano, scoprendo la vera storia, quella delle fonti.

La mia tradizionale ultima domanda. Immagina una trasposizione cinematografica del romanzo: quali attori ti piacerebbe vedere interpretare i tuoi protagonisti?

Magari riuscissi a far rivivere, attraverso un film, la storia di questa mia famiglia piemontese!
Sinceramente sarei in difficoltà a trovare un’attrice che rappresenti la mia trisnonna Maria. Ci vorrebbe un volto dai lineamenti regolari ma poco appariscente, un volto umile, ma con una grande dignità. Forse Jennifer Connelly.
Suo marito, il mio trisnonno Pietro potrebbe essere interpretato da Jim Caviezel.
La mia bisnonna Clotilde la vedrei bene con il volto espressivo dell’attrice spagnola Michelle Jenner.
Il mio bisnonno Valentino, alto 2 metri, sarebbe perfetto interpretato da Matthias Shoenaerts, attore belga.

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