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Nosiglia a fianco dei lavoratori dello stabilimento di Andezeno: “Scriverò a proprietà Hag”. E i dipendenti scrivono a Di Maio

Redazione Quotidiano Piemontese

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“Scriverò alla proprietà e farò interventi, come ho sempre fatto, anche ai livelli più alti se necessario, non perché i miei interventi risolvano i problemi ma per dimostrare che c’è la solidarietà da parte di tutta la comunità cristiana e civile del territorio”.

Cosi l’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, che ha incontrato i lavoratori della Jde presso lo stabilimento di Andezeno, dove si produce il caffè con i marchi storici Hug e Splendid. L’azienda ha annunciato la chiusura della fabbrica per spostare le attività in altri stabilimenti europei.

“È una questione di giustizia, di dignità della persona, di difesa della famiglia. Quella della Jde è una scelta paradossale, solo per questione di profitto. Oltretutto non vanno in Cina ma restano in Europa, cerchiamo di avere una politica comune, non si può fare una guerra tra poveri. Se no è finita”, ha aggiunto Nosiglia.

Nel frattempo i dipendenti dello stabilimento hanno scritto al vicepremier Luigi Di Maio: “Da oltre 60 anni – scrivono – quando ci si avvicina al paese, si sente nell’aria il caratteristico profumo del caffè che proviene dal nostro stabilimento. Purtroppo dal primo gennaio questo non accadrà più, poiché la multinazionale olandese Jde, proprietaria dei marchi, ha deciso di licenziare tutti i dipendenti e dirottare la produzione all’estero”.

“Da sempre – continuano – la nostra azienda ha lavorato a pieno regime, tre turni dalla domenica sera al sabato mattina. Mai si è usufruito della cassa integrazione, con il nostro lavoro abbiamo sempre garantito competenza e offerto massima flessibilità. Si sono sempre raggiunti i premi a obiettivo e si è stati premiati più volte, anche quest’anno, per la sicurezza”.

“Nonostante questo – concludono – il 25 settembre abbiamo ricevuto la comunicazione della chiusura definitiva. La multinazionale che tre anni fa acquistò lo stabilimento vuole portare all’estero la produzione per poi continuare a vendere il prodotto in Italia”.

 

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