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Gian Mario Taricco, è monregalese il più longevo trapiantato di cuore d’Europa

Redazione Quotidiano Piemontese

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In questi giorni si celebrano i 50 anni del primo trapianto al cuore realizzato 50 anni fa Christian Barnard.  Il secondo trapiantato di cuore in Italia fu il monregalese Gian Mario Taricco operato nel 1985  all’ospedale di Pavia dal professor Viganò che è ad oggi è il più longevo trapiantato di cuore d’Europa. Taricco che ora lavora in banca, sposato con due figli è stato anche recentemente trapiantato di un rene alle Molinette di Torino.

Il racconto dello storico trapianto

Nel cortile del Policlinico San Matteo di Pavia scende un nevischio fine, ma Filippo Tariocco, preside della scuola professionale di Dogliani, e la moglie Vera Bianco, professoressa, quasi non si accorgono del freddo. Si stringono al professor Mario Viganò, 47 anni, il cardiochirurgo che da cinque ore ha terminato di trapiantare un cuore nuovo nel petto del loro figlio Gianmario, 20 anni, studente del secondo anno di legge a Torino. Ai flash dei fotografi si sottopongono con buona voglia i protagonisti di questo secondo trapianto di cuore in Italia. Sono le 11 e trenta di lunedì mattina, e ora Gianmario che fino alla sera di domenica era considerato in punto di morte riposa tranquillo in una stanzetta sterile del San Matteo. Nel suo petto batte il cuore di Andrea Orlandi, 14 anni, di Magenta, morto in un incidente stradale. Un trapianto, questo di Pavia, compiuto sul filo delle ore. Gianmario Taricco ammalato di miccardite acuta se non fosse stato operato sarebbe morto entro oggi ed è per questo che i medici del San Matteo hanno giocato il tutto per tutto. Racconta Antonello Gavazzi, assistente della Divisione di Cardiologia, l’ uomo che ha avuto il compito di informare il paziente: “Da 10 giorni stiamo portando avanti il progetto di trapianto, il ragazzo aveva accettato sette giorni fa. La conferma definitiva ce l’ ha data lunedì sera alle 20,35 quando abbiamo avuto la sicurezza. Ci ha detto: “Va bene, finalmente”. Per lui era una specie di liberazione, si rendeva conto che il trapianto era l’ unica speranza.

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