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Cultura

Tredici giorni a Natale, intervista con Rocco Ballacchino

Gabriele Farina

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Tornano il commissario Crema e il critico cinematografico Bernardini, nati dalla penna di Rocco Ballacchino e ormai amici di Quotidiano Piemontese. La nuova avventura risponde al titolo di Tredici giorni a Natale, Fratelli Frilli Editori, ed è ambientata in una Torino coperta di neve alle soglie del Natale 2016.

Il commissario viene chiamato sul letto di morte di una donna la cui figlia è stata uccisa 26 anni prima a Palazzo Nuovo. Per quel crimine c’è chi ha pagato, ma la donna è convinta che il vero assassino sia ancora a piede libero. Può il buon Crema lasciar perdere senza provare a capire cosa è realmente successo 26 anni prima mentre Torino era distratta dai mondiali di Italia 90? Trovate qui la recensione completa.

Cominciamo da dove avevamo finito. Ci avevi detto che quella di Crema e Bernardini era una trilogia e che un eventuale quarto romanzo sarebbe dipeso dal successo di Torino obiettivo finale. Ergo…

Devo ammettere che in questi anni in molti si sono affezionati alle vicissitudini investigative e sentimentali del duo Crema- Bernardini , “obbligandomi” a proseguire nel racconto delle loro imprese. Il confronto con i lettori d’altronde è l’aspetto più genuino del lavoro di un autore, secondo me.

Questa volta il commissario Crema viene fiondato in un passato lontano 26 anni, una vicenda chiusa e per la quale c’è chi ha già pagato. In fondo lui è l’unico disposto a lavorarci. Intuizione o semplice voglia di verità a tutti i costi?

Il commissario Crema è un’idealista e vuole andare fino in fondo nel riaprire un’indagine ormai archiviata da tutti, compreso il padre della vittima del Delitto di Palazzo Nuovo. Mi piaceva l’idea di questo poliziotto contro tutti, i suoi colleghi compresi, che affronta questo caso in prossimità del Natale.

Intanto la vita quotidiana dei tuoi protagonisti va avanti. Ma se Crema sembra bloccato tra le difficoltà familiari e il sogno proibito della dottoressa Bonamico, Bernardini pare aver trovato una nuova stabilità…

Ho messo in scena, dopo le precedenti movimentate avventure, un critico cinematografico alla ricerca di una relazione stabile che troverà con Luisa, una sua coetanea, lontana dal mondo di plastica dello spettacolo. Un uomo alla ricerca di serenità e tenerezza dopo tanti anni dedicati al cinema.

Ci hai riportato nella Torino del 1990. Che ricordo hai di “quell’estate mondiale” in particolare e come è cambiata la città nell’ultimo quarto di secolo?

Il libro racconta diversi aspetti del 1990 e di un mondo che non c’è più. Torino è cambiata molto, soprattutto dopo le Olimpiadi del 2006 e si è decisamente “internazionalizzata”. La Torino del libro è una ragazza che, anche grazie all’organizzazione dei mondiali, sta provando a diventare donna. Ci riuscirà solo diversi anni dopo. Ciò che invece rimpiango di più è la società pretecnologica di quegli anni. Starò invecchiando?

Non posso che chiudere con la domanda più ovvia. Ora che l’idea della trilogia è tracimata in un quarto episodio Crema e Bernardini non hanno più limiti? Oppure sei al lavoro su qualcosa di diverso?

Sto scrivendo il quinto episodio della saga Crema- Bernardini. Chi l’avrebbe mai detto… E poi sono sempre attivo all’interno di Torinoir, il collettivo di scrittori di cui faccio parte dal 2014. Dopo l’uscita con La Stampa la nostra ultima antologia, Il Po in noir, è arrivata in libreria.

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