Cronaca
Si riapre la vicenda della morte di Deeqa Aden Gureye Dego la la donna somala uccisa sul ponte di Piazza Vittorio a Torino
Si riapre la vicenda della morte di Deeqa Aden Gureye Dego la donna somala di 39 anni uccisa sul ponte di Piazza Vittorio di fronte alla Gran Madre il 2 ottobre 2012. Deeqa era un avvocato che si occupava di fare la mediatrice con la comunità somala tanto che la chiamavano “l’angelo dei rifugiati”. Deeqa era una donna e coraggiosa che aveva fatto dell’impegno civile a favore degli ultimi l’obiettivo della sua esistenza.
Le cause della sua morte non sono mai state chiarite. E’ stata trovata morta dopo le due di notte dopo essere stata investita e schiacciata da un’automobile sul ponte sul Po di fronte alla Gran Madre. Le indagini sulla sua morte non hanno mai convinto il marito e gli amici di Deeqa. Ci sono molti punti poco chiari nella vicenda, molte indagini che non sono state portate a fondo. La magistratura ha chiesto l’archiviazione della vicenda, nonostante le richieste della famiglia di riaprire il caso .
Gli amici di Deeqa si sono anche riuniti in un ‘associazione per chiedere che sia fatta chiarezza sulla vicenda.
Dopo mesi di silenzio ci sono nuovi elementi sulla vicenda da un articolo di Massimo Numa in cui si collega la sua morte al fatto che avesse fatto scoperto cose importanti sulla tratta di uomini dall’Africa al Nord Europa.
Ma l’avvocato, allora uno dei più influenti e amati portavoce della comunità somala torinese, è morta senza avere avuto il tempo di rivolgersi agli inquirenti. Aveva molta paura, in quei mesi. Qualcuno aveva scritto su Twitter, a settembre: «Deqqa sarà uccisa di notte». Firmato Careless World. Quando, la notte di lunedì 30 settembre 2012, alle 3,05, fu trovato il corpo senza vita dell’avvocato (era nata in una famiglia importante della Somalia, conosceva sette lingue ed era laureata in giurisprudenza), sul selciato del ponte Vittorio Emanuele II, si era pensato a un incidente.
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Deeqa, fu detto, fu vista barcollare da un tassista a cui aveva chiesto di essere riaccompagnata a casa ma non aveva soldi. Forse era stata derubata e l’autista la fece scendere. La stessa richiesta fu respinta da un secondo taxista. Così, da sola, si incamminò verso il ponte.
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Due testimoni, Davide C. e Stefano B., su una «Polo», videro un corpo disteso supino nella carreggiata. I due si fermarono e cercarono di soccorrerla ma Deeqa Aden Gureye Dego era già morta, con profonde lesioni alla testa. Causate da una ruota del Suv che poi proseguì la sua corsa nella notte? Dissero che era «ubriaca». Ma le analisi tossicologiche lo esclusero: aveva una percentuale di alcol dello 0,31, pari a una birra piccola, né tracce di psicotropi o droghe. Chi la colpì, forse, voleva darle solo una lezione, un messaggio violento per impedirle di occuparsi ancora dei profughi, di lottare contro il racket dell’immigrazione che già allora – gestito da somali legati ai notabili di quel paese tormentato – esisteva.
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