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Il 69 per cento dei cittadini è felice di vivere a Torino

Redazione Quotidiano Piemontese

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Il 69% dei torinesi si sente orgoglioso di vivere a Torino e il 68% spera anche che i propri figli continuino a viverci: è uno dei risultati della ricerca “Torino, una città allo specchio”, realizzata da Inthera, la società di content & data marketing del Gruppo Mondadori, e presentata nel capoluogo piemontese, a Palazzo di Città, alla presenza del sindaco Chiara Appendino che ne ha discusso con il direttore di Panorama Giorgio Mulè.

Secondo i dati, raccolti e analizzati con il mertodo “Emotional marketing” che Inthera gestisce in esclusiva su licenza del sociologo Gianadrea Abate, i torinesi apprezzano molto la cultura che si respira nella loro città e le mille opportunità per occupare al meglio il tempo libero, che si sono create soprattutto dalle Olimpiadi invernali del ‘2006 in poi.

Ma non basta: come ha sottolineato la responsabile delle ricerche di Inthera, Pamela Saiu, presentando il lavoro, i torinesi hanno anche una buona autostima, perché ritengono di avere una grande apertura mentale, prestano grande attenzione all’ambiente e sono soddisfatti della qualità della vita complessiva in città.

Ciò che piace soprattutto è il verde pubblico, gli impianti sportivi, i servizi sanitari, la pulizia delle strade. Ma c’è anche qualche nota negativa: il 19% degli intervistati dice di aver subito un atto criminale nell’ultimo anno e lamenta poca attenzione alla sicurezza. “Dall’indagine emerge la nostra torinesinità – ha commentato Chiara Appendino – e preoccupa un po’ il tema della sicurezza. Ci sono alcune situazioni di periferia molto complicate come quelle in cui sorgono i campi rom e dove stiamo intervenendo con i fondi stanziati dal Comune”.

L’attenzione per l’ambiente è il tema che sta più a cuore ai torinesi, insieme all’impegno sociale e alla dedizione al lavoro, ferma restando la soddisfazione complessiva per la qualità della vita. In concreto, per la stragrande maggioranza dei torinesi la cura per l’ambiente si esprime per esempio nella convinzione che sia necessario riciclare i rifiuti; e che comunque vala la pena comportarsi ambientalisticamente bene anche se non tutti lo fanno. Anche sul fronte energetico c’è consapevolezza della necessità di comportarsi virtuosamente, si teme l’effetto serra e il riscaldamento globale, e si fanno sforzi reali per ridurre l’energia che ci consuma.

Per il 44% del campione, non è giusto fare soltanto il “minimo indispensabile” quando si è al lavoro, ma bisogna darsi da fare; opinione “abbastanza” condivisa da un ulteriore 32% degli interpellati. Addirittura, il 54% degli interpellati si spinge a dire che considera il lavoro più come un’occasione per realizzarsi a livello personale che come una semplice occupazione.
Qualche controindicazione a tanta foga professionale? Da un certo punto di vista, sì: perché il 73% degli interpellati vuole “arrivare al vertice” della sua carriera, e quindi è facile profezia prevedere che non potranno tutti coronare quest’obiettivo, essendo i vertici dei luoghi con poche poltrone disponibili… ma in compenso la famiglia, con i suoi valori e il suo calore, non è considerata subaterna rispetto al lavoro. Per la precisione, l’84% degli interpellati considera “poco” o “per niente” corretta l’affermazione che “la famigia viene sempre dopo il lavoro”.

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