Cultura
Pierini e Sinatti vincono la XXIX edizione del Premio Calvino
I vincitori della XXIX edizione del Premio premiati dalla giuria composta da Paola Capriolo, Angelo Guglielmi, Niva Lorenzini, Christian Raimo e Filippo Tuena sono due: con un ex aequo si aggiudicano la vittoria Elisabetta Pierini (Pesaro, 1964), con L’interruttore dei sogni e il giovanissimo Cesare Sinatti, (Fano, 1991) con La splendente.
Per quanto riguarda Sinatti la giuria ha commentato: “Prova straordinaria di un giovane autore che rivela una conoscenza profonda della mitologia, dell’epica e della tragedia greca. Ciò che sorprende in questo inusuale romanzo è la capacità di far rivivere in maniera originale personaggi che sembravano per sempre fissati in una certa icona, in un profilo marmoreo, come Elena, “la Splendente” del titolo, come Achille, Ulisse, come Paride, come Patroclo, Agamennone, Menelao, come Penelope e Clitemnestra o di riprenderne altri meno noti come Palamede o Epipola (un’antesignana di Clorinda). Far rivivere e rimodellare, pur tenendo conto delle fonti anche meno note (tra cui Ditti Cretese, Darete di Frigia, Quinto Smirneo probabilmente, e tanti tanti altri). Con una scelta personale forte, l’autore sceglie episodi dall’epos omerico e extraomerico, alcuni anche poco noti ma documentati, e li cuce con libertà e rigore in una ricostruzione di affascinante bellezza”.
Mentre per quel che riguarda Elisabetta Pierini la giuria ha apprezzato che la storia “ … ci tuffi in una delle tante periferie residenziali moderne fatte di villette quasi identiche tra loro dove famiglie mononucleari vivono una vita priva di disagi materiali, ma asfittica e sotterraneamente perturbata. E’ l’ideale di vita suburbano con le sue strade pulite e le sue linde casette che gli Usa hanno esportato in gran parte dell’Occidente. Ognuno conosce la vita degli altri e ne è curioso, e le amicizie e le relazioni sono condizionate e conformate dalla prossimità. La narrativa e il cinema americani ne hanno fatto un vero e proprio topos, talvolta con tocchi preter-reali come in Ira Levin o anche ? e in tal caso con un marcato senso dell’horror ? in Stephen King oppure ancora nel cinema di Tim Burton. Tocchi di cui l’autrice fa un uso sottile, appena accennato, e psicologicamente motivabile. La sua protagonista è una bimba di una decina di anni, un personaggio perfettamente delineato sin dallo splendido incipit: “Le bambole erano tutte in fila sullo scaffale della cameretta di Eva. Avevano capelli lunghi, occhi chiari, e sorridevano di nascosto quando Eva le guardava. Gli occhi di vetro mandavano lampi azzurrini che galleggiavano nell’aria come una risata… La signora, la bambola più vecchia, la scrutava con gli occhi severi, occhi che mandavano lampi taglienti. Era esigente con Eva, non sorrideva mai… Eva aveva quasi dieci anni, e ancora giocava con quelle bambole”
Per la prima volta ci sono state anche due segnalazioni speciali: Daniele Antonietti con E Italo Calvino vinse il suo premio, e Rocco Civitarese con Miele. Il primo prende bonariamente in giro il Premio con un redivivo Italo Calvino che torna per vincere il premio a lui intitolato; il secondo è invece un manoscritto scritto a 15 anni da un autore ore 17enne.
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