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Ambiente

Da 5 anni sono vietati, ma a Torino la maggior parte dei sacchetti per la spesa NON sono biodegradabili e compostabili

Redazione Quotidiano Piemontese

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Non è necessario leggere ricerche o studi approfonditi per rendersi conto che in Italia il divieto di commercializzare sacchetti in plastica ‘usa e getta’ è ancora largamente disatteso. Se la grande distribuzione si sta lentamente adeguando ai sacchetti biodegradabili e compostabili, tra i piccoli commercianti la situazione è ancora molto problematica.
A fine 2015, a Torino, Sentinelle dei rifiuti e Associazione Eco dalle Città avevano mostrato come nei mercati cittadini e in numerose attività commerciali fossero ancora tranquillamente venduti o ceduti sacchetti illegali.
Questa volta un’inchiesta a Vanchiglia, quartiere a ridosso del centro in cui è sempre in corso la campagna delle Sentinelle dei Rifiuti per migliorare la raccolta differenziata, e i risultati raccolti non sono molto incoraggianti: su 50 attività commerciali tra alimentari, abbigliamento, cartoleria, casalinghi e bar; 27 ammettono di usare sacchetti di plastica usa e getta invece che quelli biodegradabili e compostabili; 13 dicono di usare “un po’ quelli di plastica e un po’ quelli a norma” e in genere aggiungono “a seconda del peso di quello che mettiamo dentro”; 5 usano sacchetti di carta e solo altri 5 utilizzano esclusivamente shopper compostabili. Sembra dunque che il 54% di questi piccoli esercizi commerciali, in assenza di qualunque controllo, usi solo sacchetti illegali, che non dovrebbero neanche più circolare.
A parte tre negozianti, che hanno dichiarato di non sapere ci fosse un divieto di legge, il motivo per cui la maggior parte non si attiene alla norma sarebbe la scarsa resistenza del prodotto: per molti negozianti i sacchetti biodegradabili si rompono troppo facilmente. “Certe volte alcuni clienti ce li portano addirittura indietro”. Chi ha deciso di usare la carta ha invece tagliato la testa al toro e ne ha pure guadagnato nel marketing, come ci dice la signora che gestisce la piccola torrefazione di caffè: “Con questi sacchetti il marchio del negozio e dell’azienda è in bella mostra e possono anche essere riutilizzati per altre spese”.
Il motivo reale e principale per cui i commercianti usano ancora i sacchetti di plastica ormai illegali è che costano di meno e che non ci sono controlli.
La vendita degli shopper non biodegradabili in Italia è vietata dall’1° gennaio del 2011 e la legge n.28 del 24 marzo 2012 specifica che quelli biodegradabili ammessi alla vendita, che possono essere tranquillamente utilizzati anche per la raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti, devono avere la scritta “biodegradabile e compostabile”; la citazione dello standard europeo “UNI EN 13432:2002”; il marchio di un ente certificatore che tutela il consumatore come soggetto terzo (Cic, Vincotte e Din Certco sono i più diffusi). Tutti i sacchetti che non riportano queste specifiche danno un’informazione sbagliata e non sono conformi alla legge.

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