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Cultura

Ultima cena al Mac Pi – intervista a Giovanni Casalegno

Gabriele Farina

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E’ da poco uscito per i tipi di Neos Edizioni il romanzo Ultima cena al Mac Pi, di Giovanni Casalegno. Si tratta di un romanzo gastronomico, ambientato in una sola giornata in un ristorante di Torino. In poche ore si susseguono mille storie e incontriamo mille personaggi.

Trovate qui la recensione del libro.

Giovanni Casalegno si è prestato a rispondere alle nostre domande.

Con Ultima Cena al Mac Pi siamo di fronte ad una storia avvincente che si svolge in una sola giornata. Ci racconta come è nata l’idea?

L’idea è nata, come spesso accade, senza preparazione: un giorno mi sono detto “Voglio scrivere un romanzo ambientato in un ristorante e voglio che sia un vero romanzo gastronomico”. Mi ero già occupato di letteratura e cibo con il libro “La luna, il cibo e i falò. La cucina sulle colline di Pavese”. Avevo anche preparato una antologia di racconto gastronomici d’autore per un editore importante, ma poi il progetto non si è realizzato (ma non è detto che non venga recuperato) e così ho deciso di scrivere in proprio.

Oltre ai protagonisti in carne e ossa, il cibo è senza dubbio un personaggio fondamentale del romanzo. Qual è il suo rapporto con il cibo e con il territorio, visto che Torino e Piemonte sono così presenti?

Il cibo è il vero protagonista, in quanto, appunto, “romanzo gastronomico” tutto il romanzo ruota intorno al cibo: l’ambientazione, le ricette, il linguaggio tecnico, le metafore e i paragoni che nascono dal cibo e pervadono tutta la tessitura linguistica e narrative (un esempio: “i ricordi vengono a galla come gnocchi”), la simbologia (un capitolo si intitola “Le mele di Chiara”) e il valore conviviale. Il mio personale rapporto con il cibo è di grande amicizia. Sono sempre stato abituato a mangiare bene con la cucina materna, poi mi sono dilettato a cucinare in proprio (molte ricette presenti nel romanzo sono sperimentate, anche la faraona ripiena). Il romanzo è nato in un periodo di costrizione e quindi è stata una sublimazione. Da 2 o 3 anni cucino di meno (e scrivo di più). Io apprezzo tutte le cucine, ma quella piemontese ha naturalmente un primato. Il sangue è fatto di cibo. Inoltre ho un piccolo orto che coltivo insieme a mia moglie (fa più lei) e mangiare, per esempio, le patate che uno ha tagliate, messe nel solco, ricoperte, rincalzate e raccolte ha un sapore speciale. Ma esco spesso e volentieri fuori dal Piemonte. Io amo molto il pesce, e dunque…

A tirare le fila della vicenda l’amore di Chiara per Francesco, un amore che unisce mente, corpo (meno) e cibo. E nel libro cibo e passione sono costantemente presenti. Secondo lei come mai cibo e passione amorosa sono storicamente così legati?

Cibo ed eros sono legati in modo atavico. Sono bisogni e desideri umani di base, in cui l’uomo ha integrato la natura, l’istinto, con la cultura, la ritualità, la preparazione, la morale, il galateo. Cibo e sesso appartengono a quello che Bachtin definiva “basso corporeo” e che la letteratura innalza. Il legame è anche linguistico: quante espressioni sessuali derivano dall’ambito gastronomico! (ho scritto un Dizionario del lessico erotico e questo ambito lo conosco). Nel citato capitolo sulle mele la protagonista incontra uno studioso di simbologia ed insieme uniscono teoria e prassi del nesso tra eros e cibo.

Nel libro c’è un capitolo, il penultimo, che è un po’ la chiusura della giornata e presenta i clienti della serata al ristorante. Un piccolo flash per ogni tavolo. Una ventina di incipit che potrebbero essere gli inizi di altrettanti nuovi romanzi. Come è nata questa idea così particolare?

Il ristorante Mac Pi, ma vale per ogni ristorante, è un microcosmo in cui si incrociano le vite diverse e complicate di tante persone. Ho voluto raccontare con poche pennellate vite intere colte in un momento per ognuna particolare. Dietro la facciata dei clienti che si trovano proprio quella sera ci sono tragedie, felicità, rancori, desideri. Naturalmente ci sono riferimenti letterari, non decisi in anticipo ma che mi sono venuti in mente man mano che costruivo il capitolo. Pur mettendoci molto di mio, e sono orgoglioso del risultato, quel capitolo ha qualche debito con “La vita, istruzioni per l’uso” di Perec.

Una domanda che mi diverte fare sempre. In una ipotetica trasposizione cinematografica del suo romanzo, quali attori vorrebbe vedere interpretare i suoi personaggi? E’ un gioco, lasci correre la fantasia.

Mmm… Attori italiani: Alessandro Gassman nella parte di Francesco, Favino nella parte di Giuseppe e sono indeciso per la parte di Chiara. Forse: Anita Caprioli o Isabella Ragonese.
Stranieri: Chiara senza dubbio è Marion Cotillard, Francesco potrebbe essere Ben Affleck o Jude Law.

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