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Primarie con Airaudo candidato della sinistra? Rifondazione comunista si divide in vista delle regionali

Redazione Quotidiano Piemontese

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elezioni-regionaliMeglio le primarie con Airaudo candidato della sinistra oppure rimanere duri e puri? E’ questo il dilemma intorno al quale si sta consumando la divisione all’interno di Rifondazione comunista sulla scelta del candidato alle prossime elezioni regionali. La divisione sembra molto marcata, tanto da portare il segretario piemontese Armando Petrini, favorevole alle primarie, ad annunciare le dimissioni al congresso regionale del partito che si terrà il prossimo 9 marzo. Petrini, in una lettera, esprime il suo disagio “per le prospettive di un partito che sembra incapace di uscire dalla propria autoreferenzialità, preoccupato più dal nemico interno che dalla perdita di consenso che pare inarrestabile”. Sulle primarie è di parere opposto il segretario provinciale torinese Ezio Locatelli (e un pezzo del gruppo dirigente) che ha sempre definito l’ipotesi “una decisione illogica e grave”.

In Rifondazione si è discusso di appoggiare Chiamparino? Nella lettera (che pubblichiamo in fondo all’articolo), Petrini interviene su questo punto e scrive: La discussione che abbiamo affrontato nel corso delle ultime settimane e poi ancora al CPR non si è svolta, come alcuni compagni hanno maliziosamente riferito, fra chi è favorevole a un accordo con Chiamparino e chi è contrario. Se fosse così, il nostro confronto sarebbe surreale”.

“Il motivo della divisione oggi è tutt’altro – sottolinea ancora Petrini -. La discussione è stata invece –ed è- fra chi crede che Rifondazione dovrebbe prioritariamente agire e insistere sui percorsi unitari a sinistra (come stiamo facendo per le elezioni europee, dove lavoriamo insieme a molti altri per costruire una lista unica a sostegno di Tsipras) e chi crede invece che sia necessario prima di tutto ribadire il nostro orientamento intransigente e chiedere agli altri che lo condividano”.

Lettera di Armando Petrini

Care compagne e cari compagni, le vicende politiche delle ultime settimane e in particolare l’evoluzione della nostra discussione sulle elezioni regionali in Piemonte mi spingono a scrivervi per esporvi alcune mie considerazioni. Lo faccio con una lettera aperta, seguendo perciò una modalità un po’ irrituale, ma credo sia giusto manifestarvi direttamente, nel modo più aperto e sincero possibile, le mie preoccupazioni e le ragioni delle scelte che mi accingo a compiere. Il nostro ultimo Comitato Politico Regionale, riunitosi il 13 febbraio scorso, si è concluso a mio avviso in modo molto negativo, registrando una spaccatura e una divisione profonda all’interno del gruppo dirigente e assumendo un orientamento che non ho condiviso e che temo ci porterà a ulteriori difficoltà e a un aggravarsi del nostro isolamento. La discussione che abbiamo affrontato nel corso delle ultime settimane e poi ancora al CPR non si è svolta, come alcuni compagni hanno maliziosamente riferito, fra chi è favorevole a un accordo con Chiamparino e chi è contrario. Se fosse così, il nostro confronto sarebbe surreale. Ma come? proprio quei compagni che, pochi anni fa, erano i più intransigenti assertori delle prospettive “rivoluzionarie” del secondo Governo Prodi (incuranti di chi faceva presente le difficoltà a cui saremmo andati incontro) e hanno poi sostenuto –qualche anno più tardi- la partecipazione del PRC alle primarie al comune di Torino insieme con Fassino, proprio quei compagni ora sono risolutamente contrari a qualsiasi forma di interlocuzione con il Partito Democratico? E, viceversa, i compagni che erano, qualche anno fa, molto perplessi per l’accordo con Prodi ora sono avviati tranquillamente alla trattativa con il centrosinistra?… E infatti, pur non mancando elementi surreali al nostro dibattito, il motivo della divisione oggi è tutt’altro. La discussione è stata invece –ed è- fra chi crede che Rifondazione dovrebbe prioritariamente agire e insistere sui percorsi unitari a sinistra (come stiamo facendo per le elezioni europee, dove lavoriamo insieme a molti altri per costruire una lista unica a sostegno di Tsipras) e chi crede invece che sia necessario prima di tutto ribadire il nostro orientamento intransigente e chiedere agli altri che lo condividano: cosa naturalmente impossibile a realizzarsi e che determina un rapido allontanamento dei potenziali interlocutori. Se c’è un motivo per cui il percorso delle europee sta per ora funzionando è perché ciascuno dei soggetti coinvolti (noi, Sinistra ecologia e libertà, il PDCI, la Fiom, eccetera) ha fatto un passo indietro, evitando di porre le proprie pregiudiziali (che avrebbero inevitabilmente diviso) e consentendo di realizzare ciò che lo stesso Tsipras ha sottolineato, proprio in riferimento alle nostre vicende italiane: “in tempi di crisi e di catastrofe sociale, come oggi, è di sinistra, radicale, progressista ogni cosa che unisce e non divide”. Lo stesso andava fatto sul piano delle elezioni regionali. Avremmo dovuto essere promotori dell’apertura di un luogo di discussione a sinistra sulle prospettive della regione, che potesse procedere parallelamente alla discussione sulla lista per le europee. Ma per poterlo fare in modo credibile ed efficace sarebbe stato necessario, come partito, mettersi a disposizione di una discussione a tutto campo, senza porre pregiudiziali sugli esiti, preparandosi a un confronto politico per sostenere le nostre idee e i nostri orientamenti, senza partire -come invece è stato fatto da alcuni compagni autorevoli del partito che hanno vanificato così ogni sforzo- con invettive e accuse agli altri soggetti . Che è un po’ come dire: “dialoghiamo pure ma solo se tu sei già d’accordo con me”. Il che non significa “dialogare” ma chiudere ogni porta al confronto politico. Per di più, se a farlo è una forza con un’evidente difficoltà di consenso, non solo elettorale, la frittata è inevitabilmente fatta. Lo ripeto, perché il punto è decisivo per capire la situazione in cui siamo. La diversità degli orientamenti nella nostra discussione interna non è riferita al fatto se si debba provare o meno a realizzare un accordo con il Partito Democratico. Non siamo mai arrivati a questa discussione. La diversità è nata ben prima: su come debba muoversi una forza come la nostra nei confronti dei soggetti di sinistra a noi più vicini, con i quali, a parole, si dice di voler intraprendere percorsi unitari. Di fronte a questi differenti orientamenti, al Comitato Regionale del 13 febbraio scorso ho presentato un Ordine del giorno (condiviso dalla maggioranza politica della Segreteria) che cercava di non dividere inutilmente i compagni e provava a ricomporre i punti di vista. Nonostante questo sforzo, alcuni compagni hanno voluto comunque forzare la discussione proponendo di assumere una posizione totalmente e risolutamente negativa sull’eventualità delle primarie di coalizione nel centro sinistra. Con ciò non solo rompendo l’accordo di maggioranza faticosamente raggiunto (questo è il meno) , ma soprattutto portando il partito a intervenire su un tema ancora molto confuso (infatti di lì a poche ore la discussione pubblica sulle primarie sarebbe tramontata) , eppure in grado di rendere ancora più complicati i rapporti con alcune forze, fra cui per esempio Sinistra ecologia e libertà (ma non solo, basti pensare alle Officine Corsare), con le quali si sta costruendo il percorso unitario sulle Europee. Qual è il risultato di questa forzatura? Dividerci innanzi tutto fra noi. Ancora una volta, non fra chi vuole fare le primarie e chi non vuole farle. Piuttosto, fra chi si accontenta di ribadire il proprio “no” e si disinteressa di quanti potrebbero dirlo assieme a noi, e chi invece cerca di allargare la cerchia di quelli che dicono “no”, provando a fare in modo che quel “no” sia efficace e credibile e non venga inteso come un gesto semplicemente autistico. Quanto fosse lungimirante inserire quel tema nella nostra discussione lo dimostra il fatto che poche ore più tardi il dibattito pubblico sulle primarie era già tramontato. Quanto fosse strumentale, lo si può invece facilmente dedurre da ciò che è accaduto poco prima dell’inizio del nostro Comitato Regionale. Il segretario della Federazione di Torino infatti, tre ore prima del CPR , ha ritenuto di dover scrivere l’ennesimo comunicato sulle elezioni piemontesi, confermando una modalità sistematicamente utilizzata nelle settimane precedenti (scorretta anche sul piano del metodo): intervenire sulle questioni regionali con comunicati mai discussi né condivisi, sempre improntati a sottolineare le diversità e la distanza di accenti non solo con le altre forze che partecipano con noi alla lista Tsipras ma anche con quanto dichiarato via via dal segretario regionale o dalla nostra consigliera regionale. Il Segretario di Torino scrive dunque a poche ore dal Comitato Regionale un comunicato di fuoco contro le primarie e contro chi le propone, escludendo qualsiasi partecipazione del PRC. Opinione legittima naturalmente. Personalmente la trovo sbagliata, come ho provato a dire poco sopra, per la limitatezza della prospettiva e per l’autoreferenzialità del ragionamento a cui allude, ma pur sempre opinione legittima. Ma perché non aspettare che si svolgesse il Comitato chiamato, di lì a poche ore, a discutere precisamente di questo? Perché costringere il segretario regionale, una volta saputo del comunicato, a scrivere poche righe per cercare di rimediare, ribadendo l’opportunità di affrontare questi temi con lo stesso campo di forze che si cimenta nella costruzione della liste per le Europee (un punto di vista che peraltro il partito tutto sosterrà una settimana dopo -ormai troppo tardi- alla riunione torinese della lista Tsipras al teatro Espace)? Lascio a voi la risposta. Il dubbio è che lo scopo di alcuni compagni non sia convergere su posizioni condivise, tenendo conto dei pur diversi orientamenti presenti, ma procedere con colpi di mano, incuranti dello scivolamento del partito verso posizioni di progressiva e crescente irrilevanza politica. Per ciò che mi riguarda credo sia giusto prendere atto dell’orientamento emerso, seppure di stretta misura (12 voti contro 8, più 1 astenuto). Anche di questo –della forzatura con numeri così ridotti- è giusto che ciascuno si assuma le proprie responsabilità. Come Segreteria abbiamo convocato il Congresso regionale il 9 marzo (dunque in tempi molto stretti). Aspetterò quella data, visto che è molto vicina, per formalizzare le mie dimissioni. Vi confesso tutta la mia preoccupazione per le prospettive di un partito che sembra incapace di uscire dalla propria autoreferenzialità, preoccupato più dal nemico interno che dalla perdita di consenso che pare inarrestabile. Un partito che si è avvitato in una discussione congressuale lunga un anno, per concluderla fra l’altro senza alcun rinnovamento del gruppo dirigente e varando una linea politica –che giudico sbagliata- di chiusura nei confronti di altre forze di sinistra (come SEL), per poi smentirla un minuto dopo partecipando (per fortuna) alla costruzione di una lista unitaria di tutta la sinistra a sostegno della candidatura per un’”altra Europa” di Alexis Tsipras. Un partito che mi pare fatichi ogni giorni di più a mettere a frutto le risorse politiche, morali e umane (che pure possiede) per affrontare i tanti problemi e le tante sfide che ha di fronte. Ai compagni con i quali ho condiviso anni molto intensi va tutta la mia riconoscenza per il lavoro svolto insieme, nonché il mio affetto. Un saluto fraterno, Armando Petrini

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