Asti
Vendevano tartufi bianchi croati e molisani spacciandoli per piemontesi
Tartufi croati e molisani spacciati per piemontesi. Con quest’accusa Alessandro Romanelli, titolare della nota ditta “Sandrino tartufi”, è stato rinviato a giudizio al 21 marzo dal giudice Bosticco, nell’ambito di un processo scaturito dalle indagini del nucleo di polizia ambientale di Asti effettuate tra il 2010 ed il 2011.
Insieme a lui altre otto persone, tutti cercatori o piccoli commercianti di trifole: Flavio Bordizzo, Raffaele D’Addio, Albina Chiavarino, Ugo Cauda, Emanuela Robaldo, Rosanna Valle, Davide Curzietti e Franco Canta.
La presunta frode in commercio sarebbe avvenuta con la vendita di numerosi chili di tartufo bianco a ristoratori, mediatori ed enti pubblici con l’assicurazione che si trattava di “Tuber magnatum pico” piemontese.
Romanelli avrebbe venduto questi tartufi provenienti da Croazia e Molise al Comune di Asti (sette chili), ad alcuni ristoratori della zona e ad un ristorante di New York, ma, secondo Maurizio Lattanzio, suo avvocato, le accuse sono infondate:
Contestiamo radicalmente le accuse. Chi ha comprato tartufi dal mio cliente ha già spiegato a verbale di non aver chiesto “tartufo d’Alba”, ma semplicemente “tartufo bianco buono”. Esattamente ciò che ha fornito Sandrino, sulla cui credibilità come commerciante non si può discutere. Il tartufo d’Alba o piemontese non è un marchio registrato. Non esiste un consorzio di tutela o simili. Qualunque tartufo bianco può essere definito “d’Alba”. Il termine non indica una provenienza geografica, ma una tipologia di prodotto.
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