Cultura
Vittorio Sgarbi precisa il suo attuale coinvolgimento nella Biennale della Fotografia di Torino
Dopo le notizie secondo cui Vittorio Sgarbi si occuperà a Torino della prima Biennale della Fotografia italiana, Sgarbi stesso ha voluto fare delle precisazioni sulla sua partecipazione all’evento.
Apprendo ora di essere coinvolto, in modo più strutturato rispetto alla mia iniziale e generica approvazione, in una Biennale della Fotografia che si dovrebbe svolgere a Torino in aprile. Ovviamente non posso essere, non avendo visto né progetti né carte né indicazioni di merito, responsabile di nulla di quello che mi viene attribuito. E lo si può capire bene dall’uso dell’appellativo “On.”, evidentemente riferibile a terzi. Se poi in questi terzi si identifichi, come credo, Giorgio Gregorio Grasso, questo non m’impedisce di valutare autonomamente e criticamente tutta l’attività che non si possa considerare meramente organizzativa, benché chiunque crede di poter giudicare la fotografia.
Faccio queste considerazioni perché ho sperimentato, proprio in un’altra occasione torinese (l’edizione del Padiglione Italia della Biennale di Venezia nella Sala Nervi del Palazzo delle Esposizioni) le capacità organizzative e l’impegno pratico, anche in tempi di gravi crisi economiche e di limitazione dei fondi della cultura, di Giorgio Grasso, che è riuscito nella complessa impresa che altri avevano abbandonato. Entusiasmo, economia, superamento della burocrazia, caratterizzano il suo operare. Ed è per questo che, d’accordo con l’assessore Michele Coppola, ho dato il mio assenso alla sua proposta, maturata in tante conversazioni, di una Biennale della Fotografia.
Di ogni aspetto pratico e organizzativo, e della tempistica, non mi sono occupato, né mi sono occupato di stabilire dei principi. Leggo di una piccola quota richiesta ai partecipanti, che non può essere ritenuta sufficiente all’ammissione, ma non mi sembra in sé criticabile come espressione di autofinanziamento rispetto all’abitudine di garantire finanziamenti pubblici a iniziative spesso mediocri.
Ma, dopo questa fase, ritengo necessaria la convocazione di un comitato, presieduto da Italo Zannier, per stabilire i criteri di selezione e ammissione, che non necessariamente corrispondono a quelli indicati da Grasso. La riunione dovrebbe essere il 23 gennaio, tenuto conto della indisponibilità, ad aprile, delle straordinarie Officine Grandi Riparazioni che, si presume, potranno essere agibili entro settembre.
Per tornare al mio coinvolgimento indiziario e imperfetto, vorrei però, ai troppo giovani e agli smemorati, ricordare che il mio rapporto con la fotografia risale a 40 anni fa, quando, appena laureato, divenni assistente della cattedra di Tecniche della Fotografia al Dams, fondato da Umberto Eco, dell’Università di Bologna, iniziando a lavorare con il decano della storia della fotografia, Italo Zannier. Fu in quell’anno che si presentò a noi, con la sua prima opera memorabile, l’Atlante, Luigi Ghirri. E iniziarono le stagioni anche di altri giovani talenti di cui prendevamo coscienza, tra i quali Guido Guidi.
Nel 1979, perché si eviti qualunque insinuazione d’improvvisazione, con il patrocinio dell’Unesco e il Centro Internazionale di Fotografia di Cornell Capa, fratello di Robert, allestimmo una titanica mostra in concorrenza con la Biennale, nell’anno di pausa, «Venezia ’79, la fotografia», curata da me, Italo Zannier e Daniela Palazzoli. Fu un grande successo, e aprì la strada a una diversa consapevolezza della fotografia, e della sua storia, in Italia.
In tempi più recenti, come assessore al Comune di Milano, promossi numerose mostre monografiche di fotografi, dalla grandiosa esposizione, condivisa con i primi vagiti del Maxxi, di Ugo Mulas, a quelle, molto rigorose, di Wilhelm von Gloeden, di Robert Frank, di Weegee, di Jan Saudek, di Witkin, di Olivio Barbieri. Ho sempre considerato fondamentale la conoscenza della fotografia sia sul piano pedagogico sia su quello della ricerca. Al Padiglione Italia di Venezia ho voluto uno spazio curato da Italo Zannier per 20 fotografi.
Mi sembra utile ricordare questa attività per chi ha manifestato perplessità o critiche, e che dovrà quindi valutare l’impegno della Biennale della Fotografia di Torino, al di là della parte organizzativa, soltanto nel momento in cui il Comitato di studi indicherà criteri e proposte. C’è da sperare che quelli sì, siano giudicati onorevoli, al di là della mia persona.
Ho contestualmente avvisato Giorgio Gregorio Grasso, pregandolo di non allargarsi oltre le sue facoltà organizzative, e di condividere con me tutte le fasi successive della, speriamo memorabile, impresa.
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