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Società

Cesare Nosiglia ospita i senza dimora per Natale: a nessuna famiglia manchi il bene della casa

Redazione Quotidiano Piemontese

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Nosiglia fotoAl solito a Natale il vescovo di Torino Cesare Nosiglia ha accettato un vero tour de force per officiare messe in diversi contesti. Il giorno della vigilia di Natale Nosiglia ha presieduto una messa alla casa circondariale di Torino, per poi officiare la messa di mezzanotte in Duomo. Mercoledì 25 dicembre, in mattinata, Nosiglia ha presieduto la Messa presso il monastero del Cottolengo in Torino. Alle 10.30 la messa in Cattedrale a Torino. A  pranzo in Arcivescovado Nosiglia ha ospitato i senza fissa dimora insieme ai volontari della Comunità di S. Egidio. 

L’omelia della messa di Natale dell’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia

Cari amici , in questo giorno di Natale risuona l’annuncio dell’apostolo Giovanni: «Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare tra noi». Egli è venuto tra i suoi, ma essi non lo hanno accolto. Chi lo ha accolto è diventato in lui Figlio di Dio. Di questo, la Chiesa rende testimonianza come Giovanni Battista l’ha resa di Cristo. Luce e tenebre, dunque, vita e morte, accoglienza e rifiuto si intrecciano in questa festa, che, carica di gioia, ci pone anche di fronte all’impegno di accoglierla nella fede e di viverla nella testimonianza di un’esistenza rinnovata nell’amore.
Il Dio con noi è anche il Dio per noi, che si fa umile e povero per elevare l’uomo, sua creatura, a figlio di Dio. Con noi si fa compagno di viaggio nella storia di ogni giorno, assumendo le nostre esperienze umane più vere e profonde: famiglia, lavoro, amicizia, sofferenza. Per noi si fa salvatore potente, che libera dalla schiavitù del peccato e dalla paura della morte.  San Leone Magno ci esorta con queste parole: «Riconosci, o cristiano, la tua dignità e reso partecipe della natura divina non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati che sei stato strappato dal potere delle tenebre e sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio. Con il sacramento del Battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo».
Le nostre comunità cristiane sapranno annunciare e testimoniare questo Vangelo, vivendo il Natale come incontro e accoglienza del Figlio di Dio? E le famiglie potranno sperimentare in esse che si diventa cristiani riconoscendo giorno per giorno la presenza del Signore nel tessuto concreto della loro unità e della loro vita donata per amore,
come la sua? Credo che su queste domande si misuri oggi la nostra testimonianza di credenti e lo stile natalizio delle nostre celebrazioni, incontri, iniziative  caritative e di fraternità.
Il Natale è una grande sfida missionaria, come ci ricordano le parole dell’evangelista Luca riferite ai pastori, che, tornati a casa dopo essere stati a Betlemme, riferirono a tutti con stupore e gioia grande quanto avevano visto e udito.
Quello che ci manca, forse, è proprio lo stupore e il coraggio di far vedere a tutti che l’incontro con il Salvatore sta cambiando profondamente la nostra vita e ci rende carichi di gioia e di speranza per il domani. La crudezza di quanto sta avvenendo nel mondo, dove tanti cristiani sono perseguitati a motivo della loro fede in Gesù Cristo e dove la cronaca quotidiana della crescente fatica e sofferenza – che segnano la vita di tante persone e famiglie nel nostro Paese a causa della crisi in corso – tarpa le ali alla speranza. Ma proprio qui subentra  la fede, che, sola, ci conduce a  riconoscere che abbiamo bisogno di un salvatore e che non bastiamo a noi stessi, per cui la nascita nella carne del Figlio di Dio è fonte di nuova luce e di vigore spirituale, che può cambiare profondamente il nostro cuore e la vita di ciascuno come la storia del mondo.
Sì, è ricuperando la centralità della fede in Gesù Cristo che possiamo non solo accogliere ma testimoniare con forza che è possibile  edificare un mondo nuovo e che, malgrado le difficoltà e le resistenze, quello vecchio, sottomesso alla caducità del peccato e della morte, è stato vinto e sarà sconfitto per sempre. Se stemperiamo la fede o se la sua tiepidezza penetra nel nostri cuori, non potremo mai accogliere quel Bambino di Betlemme come Salvatore di ognuno di noi e di tutti gli uomini, e ogni speranza resterà un vano desiderio impossibile da realizzare.
Egli, il Verbo che si è fatto carne, era la vita, ci ha annunciato l’apostolo Giovanni ed è venuto perché ogni uomo possa averla in abbondanza. In queste parole si capisce che la radice del dono della vita è Cristo stesso e che in ogni persona c’è dunque lui, la sua presenza. Accogliere una persona significa accogliere il figlio di Dio che rinasce con noi e per noi. Aiutare a vivere chi ha una vita disgraziata o debole, malata e indifesa, è rendere possibile la rinascita di Gesù Cristo, oggi nel mondo.
In una società dove la stessa vita nascente o quella terminale sono considerate un peso e, dunque, per molti votate alla morte o dove si vive tranquillamente accanto a tanta gente che soffre condizioni miserevoli e prive di dignità e di diritti o, ancora, dove il terrorismo e la guerra uccidono ogni giorno persone innocenti, il messaggio del Natale risuona come forte e rinnovato appello di Dio all’uomo e a ogni società a rispettare, amare, proteggere e promuovere ogni persona, perché in essa c’è la scintilla stessa dell’amore di Dio, c’è lui, il Figlio di Dio, che l’ha assunta come sua e l’ha resa sacra ed inviolabile per tutti.
Festa di Gesù che è venuto perché abbiamo la vita di Dio in noi, il Natale è anche la festa  che ci rivela la gratuità dell’amore di Dio, perché Lui ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito e lo ha fatto per puro dono d’amore e senza richiedere niente in cambio. Si spoglia della sua divinità e si fa umile e povero, perché ogni uomo
sulla terra, anche il più misero e infelice possa trovare in lui un fratello, un amico, un Salvatore.
Fin dalla sua nascita infatti egli, come ci racconta il Vangelo, è stato rifiutato, ha dovuto nascere in una stalla, fuggire dal suo Paese profugo in Egitto, crescere nella povera famiglia di Nazaret dove si è guadagnato il pane con il lavoro nella bottega di falegname di Giuseppe. E tutto ciò per amore nostro e senza pretendere niente in cambio, ma solo la gioia di servire ogni persona e donarle amicizia, perdono e guarigione dal suo male.
Anche qui vediamo lo stridente contrasto con il nostro mondo, dove nonsi fa niente per niente e dove il profitto, l’utilità e il proprio tornaconto o comunque l’essere riconosciuti e stimati per il bene che si compie o temuti per quel piccolo o grande potere che si ha nei confronti degli altri, sembrano guidare le scelte delle persone. Al contrario, il fare qualcosa per gli altri senza volere niente in cambio, rendendosi umili servi per puro dono d’amore, come fa Dio con la nascita del suo Figlio, è sorprendente e alternativo alla cultura dell’avere e dell’apparire.
Lo è il semplice gesto di saluto e di accoglienza di chi ti trovi accanto sulla strada o nel lavoro o in casa; lo è quando ti fai carico delle miserie morali e materiali del prossimo; lo è quando rinunci a qualcosa che hai per metterlo a disposizione di altri e fai sì che essi possano vivere e sperare in un futuro migliore; lo è quando perdoni chi ti ha offeso e ristabilisci la pace anche con chi ti considera un nemico o avversario, lo è quando non pretendi o non chiedi nulla in cambio del tuo amore e attendi solo da Dio la ricompensa.
Questo non significa solo dare delle cose materiali, ma offrire anzitutto se stessi, la propria presenza, il proprio servizio. Il dono del Natale, infatti, è un bambino, una persona, dunque, non una serie di cose e di regali inutili o costosi. È la persona, ogni persona che ci vive accanto, il dono più bello e più grande e noi lo possiamo essere per lui o per lei. Quando scopro questo, allora so vedere nel profondo le attese e le necessità del mio prossimo e valorizzo ogni persona per quello che è, al di là di quello che mi può dare o non dare e di ogni altro rapporto strumentale o  puramente esteriore, che non tocca dentro il cuore. Questo è dunque il grande annuncio del Natale: se vuoi vita devi dare vita, se vuoi amore devi donare amore. Il dono gratuito di se stessi è fonte di gioia piena e duratura. Il mio augurio si fa ora appello per affrontare con spirito di gratuità e solidarietà due realtà particolarmente dolorose per tante persone e famiglie.
Meditando sul fatto che la famiglia di Nazaret non trovi una casa dove sostare a Betlemme, mi viene in mente il forte richiamo che Papa Francesco ha rivolto nei giorni scorsi perché si faccia tutto il possibile, perché a nessuna famiglia manchi il bene della casa. Incoraggio pertanto le nostre Istituzioni a lavorare ancora più intensamente su questo problema, che è uno dei più acuti oggi nel nostro territorio, in riferimento a quelle famiglie incolpevoli che non sono in grado di pagare l’affitto dell’alloggio della casa popolare dove sono ospitate. Bisogna trovare una soluzione equa che – senza eludere la necessaria responsabilità delle persone – consenta loro di non perdere l’alloggio per non cadere in una situazione di gravissima difficoltà.
In secondo luogo ho un sogno grande e ve lo voglio comunicare: è quello che durante le feste del Natale si svuotino nella nostra città le mense dei poveri, si svuotino le strutture di accoglienza notturna dei senza dimora e ognuno di questi fratelli e sorelle trovi almeno per un giorno o una notte una casa amica che l’accolga e gli faccia sentire il calore di una famiglia.
Utopie, speranze vane e troppo impegnative? Può darsi, ma il nostro Dio ci rivela nel Natale che non ama le vie facili e comode, bensì quelle più ardue e difficili, che conducono però alla vera felicità del cuore.
Cari amici, viviamo nel Natale quella carica positiva e coinvolgente di carità che ci permetta di gustare la stessa gioia di Dio, attraverso il dono gratuito e disinteressato di se stessi per gli altri.

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