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Economia

Il grande amore fra Piero Fassino e la Fiat

Redazione Quotidiano Piemontese

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fassino-pdGiorgio Meletti sul Fatto Quotidiano ricorda la passione del sindaco Piero Fassino per Fiat venuta nuovamente a galla dopo la recente intervista a Repubblica , non senza strascichi polemichi in cui Fassino sottolinea: “Uno dei motivi delle incomprensioni di questi anni è l’evidente sottovalutazione che in Italia è stata fatta dei successi ottenuti da Marchionne”.

Quando fu eletto segretario dei Ds, al congresso di Pesaro del 2001, Piero Fassino fu elogiato dal Corriere della Sera per la sua vicinanza alla Fiat e non solo: “Anche fuori del gruppo del Lingotto le sue relazioni con gli imprenditori sono eccellenti”. All’indomani della morte di Gianni Agnelli, nel 2003, la casa di Torino, da sempre nel cuore del futuro sindaco, era in balia di se stessa e lui si preoccupò di mettere in guardia contro “la vendita al primo che passa”. Passava tra gli altri Roberto Colaninno. Massimo D’Alema aveva incoraggiato la sua scalata a Telecom Italia accusando gli Agnelli di non metterci i soldi pretendendo di controllare i telefoni con lo 0,6 per cento. Fassino se ne adontò e replicò che la Fiat doveva investire “per difendere e ampliare la presenza nel settore automobilistico, ed è evidente che non possiamo pensare che gli Agnelli tengano aperti troppi fronti”.

Poi per solidarietà annunciò l’acquisto di una Gingo (“un atto di fiducia nella Fiat che spero facciano molti cittadini italiani”) giusto un attimo prima che la Renault diffidasse il Lingotto dal copiare il nome della sua Twingo, e la Gingo tornasse mestamente Panda.
E dunque è sempre stata forte l’idea che il riformismo debba servirsi delle leve del potere economico, magari andando dal governatore Antonio Fazio a perorare la fusione tra Monte dei Paschi di Siena e Bnl (2004) oppure partecipando emotivamente alla scalata di Gianni Consorte a Bnl (“Allora, abbiamo una banca?”), o infine designando alla presidente della Fondazione San Paolo (primo azionista di Banca Intesa) il suo predecessore a palazzo di Città, Sergio Chiamparino, tuttora intento a contemperare le ambizioni bancarie con quelle politiche. Per non parlare della difesa di Stefano Ricucci, profeta dei “furbetti del quartierino”: “E’ tanto nobile costruire automobili o essere concessionario di telefonia, quanto operare nel settore finanziario o immobiliare”.


E dunque tutto si tiene molto stretto con l’intervista di due giorni fa a Repubblica . Fassino, all’indomani del discorso di Atessa in cui Sergio Marchionne ha intimato che “di diritti si può anche morire”, ha intimato a sua volta che bisognerebbe riconoscere al management Fiat “i meriti che indubbiamente ha” perché “se chi fa si vedesse riconosciuto il merito, il clima generale delle relazioni migliorerebbe”. Fiat rossa la trionferà.

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