Economia
Si parla di una incorporazione de La Stampa all’interno del Gruppo Rcs e di una complessa fusione di Stampa e Corriere
Un dettagliato articolo sul Foglio racconta delle manovre finalizzate a un incorporazione de La Stampa e di Publikompass all’interno di RCS che porterebbe a una intricata fusione fra il giornale diretto da Mario Calabresi e il Corriere.
A novembre Giovanni Bazoli, il banchiere di sistema, capo di Intesa Sanpaolo, fa visita a un amico, gli chiede un consiglio e gli racconta una storia: la Fiat e John Elkann, assieme a Mediobanca – dice Bazoli – hanno pronto un piano di ristrutturazione per il gruppo Rcs, vogliono fondere societariamente il Corriere della Sera con la Stampa di Torino. In pratica il mondo torinese, lo stesso accusato di voler mollare l’Italia e di favorire i rapporti americani di Sergio Marchionne, punta al contrario – così pare – e intende acquisire un maggior peso all’interno del quotidiano di Milano, cioè all’interno di un giornale da sempre oggetto della massima e cupida attenzione da parte di chi in Italia vuole contare ed esercitare il potere.
L’operazione di cui si discute (e che preoccupa Bazoli), è dunque anche una manovra politica che prefigura un’alleanza di carattere “montiano”, come credono alcuni nel patto di sindacato Rcs e nelle alte sfere bancarie e politiche, cioè negli ambienti che hanno potuto dare uno sguardo (tra questi l’ad di Rcs Pietro Scott Jovane) al prospetto di fusione tra le due compagnie editoriali. “Quando si parla del Corriere e dei suoi assetti societari, dietro ci sono sempre la politica e il potere. Altrimenti questa storia potrebbe sembrare solo un modo per scaricare i debiti di un giornale sulle spalle di un altro”, dice per esempio Cesare Geronzi, il presidente della Fondazione Generali, ex dominus del sistema finanziario italiano, che il patto di sindacato Rcs lo conosce benissimo.
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Da quando ne è stato informato, Bazoli è contrarissimo all’idea di una fusione del Corriere con la Stampa e non ne fa mistero con nessuno. La ritiene un’operazione sbagliata, soprattutto dal punto di vista industriale (la somma di due debolezze non fa una forza), la considera una “furbata” di Elkann e Mediobanca, cioè un modo per partecipare alla ricapitalizzazione senza metterci denaro, oltre che, inevitabilmente, anche un errore politico. D’altra parte le amicizie di Bazoli stanno altrove: il “suo” Massimo Mucchetti, ex vicedirettore ad personam del Corriere e brillante giornalista economico, è capolista del Pd in Lombardia. Dunque, che fare? Da mesi il banchiere cerca alleati, dentro e fuori l’azionariato, per fermare i torinesi. Il capo di Intesa si è rivolto a Tronchetti Provera, ma ha scoperto il signor Pirelli al contrario favorevole al piano di casa Fiat. E non ha trovato alleati nemmeno dalle parti di Luca Cordero di Montezemolo. Il presidente della Ferrari (amico e socio pure di Della Valle) appare fuori dai giochi, interessato più che altro alla sua riconferma in Ferrari e con un piede già saldo nel “montismo” politico. Così il banchiere Bazoli adesso si è rivolto ai piccoli investitori, agli azionisti minori (ma non meno importanti) di Rcs: Merloni, Lucchini, Bertazzoni, Pesenti… Ed è lì che – sembra – ha finalmente trovato ascolto, anche se pare che il banchiere, uomo di spiccata intelligenza politica, abbia percepito il rischio che gli equilibri possano cambiare all’improvviso, e che tutti, ma proprio tutti, tra gli azionisti (e non solo), attendano l’esito delle elezioni per decidere ogni aspetto della questione, dalla ristrutturazione al piano di fusione. Detta semplice, a rischio di banalizzare: se Monti si affermasse come personalità che designa l’inizio di un nuovo ciclo, allora tutto sarebbe possibile: anche una dura battaglia per Rcs.…
Della Valle pensa che gli Agnelli cerchino sostanzialmente di partecipare alla ricapitalizzazione di Rcs gratuitamente, senza metterci un’euro, cioè semplicemente cedendo la Stampa. E’ stato infatti Della Valle, ancora una volta assieme a Rotelli e Bazoli, a impedire già alcuni mesi fa la cessione a Rcs, da parte degli Agnelli, della concessionaria di pubblicità della Stampa di Torino, la Publikompass. Il senso è: “Devono metterci i soldi, se li hanno. Altrimenti devono mollare”. Ma il mondo Fiat non ha alcuna intenzione di mollare la presa, anzi rilancia con l’ipotesi della fusione tra le due storiche testate. Non solo, i torinesi conservano ancora delle concrete speranze di potercela fare: c’è infatti Monti, cardine di una nuova ipotesi di sistema di potere, che deve misurarsi con le urne (e un successo del professore cambierebbe gli equilibri).
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