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Il comune di Torino forse salvato dal fallimento dall’Imu e forse salverà il suo welfare
Su Linkiesta si sono avvicendati un approfondimento sulla situazione finanziaria del Comune di Torino che nessun altro giornale aveva prima pubblicato e una risposta del capo ufficio stampa del Comune. A voi la lettura e il giudizio sulla situazione.
Prima l’articolo di Antonio Vanuzzo dal titolo Torino, un Comune fallito salvato dall’Imu
Torino ha finito i soldi. Le casse di Palazzo Civico sono vuote, e sui cittadini sabaudi grava un debito che l’anno scorso è salito a 4,5 miliardi di euro, record assoluto in Italia. In questi giorni la giunta Fassino ha approvato il bilancio previsionale 2012. Non è stata una passeggiata, non soltanto per il fuoco di sbarramento dei 30mila emendamenti al testo posti dall’opposizione Pdl-Lega, ma soprattutto perché la grana dei derivati non ha certo consentito ampi margini di manovra. In più bisognava tentare il rientro nello «stupido» Patto di stabilità, come l’aveva definito Fassino alla fine dell’anno scorso.
La Relazione previsionale programmatica redatta da Domenico Pizzala, influente collaboratore dell’assessore al Bilancio Gianguido Passoni, parla chiaro: «Gli oneri finanziari derivanti dall’indebitamento […] condizionano in parte il bilancio comunale. Tale condizionamento tenderà ad aumentare se non continuerà una incisiva e adeguata politica di contenimento della spesa e di dismissioni patrimoniali». Due obiettivi che, stando ai numeri contenuti nel documento, appaiono difficili da realizzare.
Dettaglio dei debiti del Comune di Torino (Fonte: Relazione previsionale 2012)
Nel 2012 entreranno 1,3 miliardi di euro, cifra in leggera flessione (-1,8%) rispetto al 2011 per via dei 158 milioni di trasferimenti statali in meno sul 2011. Le altre voci sono i 330 milioni di entrate extratributarie e i 100 milioni di trasferimenti. Tuttavia, sono le tasse a fare la parte del leone: 886 milioni di euro, in crescita del 18,7% sul precedente esercizio, principalmente per effetto dell’Imu, una stangata da 414 milioni di euro.
Le uscite correnti saranno pari a 1,21 miliardi, oltre a 241 milioni in interessi e quote ammortamento mutui, e altri 404 milioni per pagare gli oltre 11mila dipendenti pubblici del capoluogo piemontese (gli investimenti saranno di 102 milioni). Voce che ha subito un taglio di soli 22 milioni di euro, il 5,4% del totale. Una curiosità: dei 20 milioni di risparmi, quasi 6 arriveranno dall’illuminazione pubblica e dai semafori – gestiti da Iride (oggi Iren), utility partecipata dai Comuni di Torino e Genova e più volte promessa sposa alla lombarda A2a – grazie a «riduzioni sui contratti di servizio in seguito a rinegoziazioni».In generale, il debito sarà tagliato di circa 80 milioni di euro.
Se sul fronte del “contenimento della spesa”, la giunta è stata a dir poco timida – basti pensare che solo nel 2012 ben 200mila euro se ne andranno in stampati e fotocopie, alla faccia della sbandierata digitalizzazione della Pa – la strategia sulle “dismissioni patrimoniali” si è rivelata un fallimento, soprattutto per quanto riguarda gli immobili pubblici. È la stessa Relazione ad ammetterlo: «Per quanto riguarda le vendite (degli immobili, ndr), sarà pubblicata una nuova asta dei fabbricati, aree e reliquati i cui bandi sono andati deserti negli anni scorsi» con l’inserimento di nuovi cespiti e con la riproposizione di alcuni immobili impossibili da alienare «per problematiche emerse a seguito degli approfondimenti effettuati nel corso della due diligence sui vari beni».
Tra i circa 40 tra terreni e immobili che non servono più, la maggioranza dei quali è ancora «in corso di valutazione», quelli sui quali è già stata effettuata una perizia valgono complessivamente 22 milioni di euro, ma all’orizzonte non ci sono compratori. Tanto che, rivelano fonti della Sala Rossa, nei mesi scorsi si è pensato di chiudere il fondo immobiliare creato da Chiamparino e partecipato da Prelios per ritornare al vecchio meccanismo delle aste dirette.
Il problema sta proprio qui: degli 1,3 miliardi di entrate, 245,5 milioni deriveranno da alienazioni, trasferimenti di capitale e riscossione crediti (Titolo IV del bilancio degli enti locali) e altri 300 milioni da «accensione prestiti» (Titolo V del bilancio degli enti locali). Cosa significa? Su 245 milioni, il Comune conta di reperirne 25,5 «dal plusvalore realizzato con le dismissioni patrimoniali» per destinarlo al finanziamento dei mutui sottoscritti negli anni passati. Una previsione a dir poco ottimista, visto che gli operatori stimano un rallentamento delle compravendite tra istituzionali del 20% nei primi tre mesi del 2012, rispetto agli ultimi tre del 2011.
Non solo: in teoria, i 300 milioni sono un’anticipazione di cassa, sulla quale peraltro maturano interessi passivi che non sono stati quantificati. Peccato che, a leggere lo stato patrimoniale, la cassa risulti di soli 2.781 euro, rispetto ai 900 milioni del Comune di Milano, per fare un paragone. E quindi, dove vanno a pescare i 300 milioni? Linkiesta ha contattato più volte l’assessore Pizzala e Passoni per avere chiarimenti in merito. Con una mail a Linkiesta Pizzala spiega che: «L’ammontare stanziato in bilancio a titolo di anticipazione, pari a 300 milioni di euro, rappresenta una previsione puramente indicativa dell’eventuale ricorso all’anticipazione di tesoreria», aggiungendo poi: «Come risulta dal rendiconto della Città di Torino approvato dal Consiglio Comunale in data 30.4.2012, alla data del 30 dicembre 2011, l’Ente risultava in anticipazione di cassa per euro 142.354.032,42 e la giacenza nel fondo cassa alla stessa data pari ad euro 2.781,48 corrisponde ad un fondo vincolato per pignoramenti».
Per legge (267/2000), il tetto alle anticipazioni di cassa è fissato «entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio accertate nel penultimo anno precedente». Cifra che corrisponde a 319 milioni per il 2012. Peccato che l’abuso dell’anticipazione di cassa è finito sotto la lente della Corte dei Conti, proprio in riferimento al bilancio 2010. Secondo la magistratura contabile: «Si evidenzia il ricorso di anticipazioni di tesoreria che si incrementa nel 2011. Appare sintomo di uno squilibrio finanziario di cui dovrebbero essere indicate le ragioni, che potrebbe essere conseguente ad una rilevante inesigibilità dei residui attivi riportati nel rendiconto».
Sui 450 e 370 milioni di euro dei titoli I e III, riferiti alle entrate tributarie ed extratributarie 2010, infatti, la Corte dei Conti osserva come: «I residui attivi (entrate accertate ma non riscosse, ndr) dei titoli I e III anteriori al 2006 (dunque di dubbia esigibilità) superino complessivamente i 270 milioni di euro». Traducendo: la base di calcolo per l’anticipo cassa di 300 milioni è viziata in partenza. Non solo: secondo quanto risulta a Linkiesta, l’anticipazione di cassa per la spesa corrente sarà finanziata principalmente da Unicredit, istituto che vanta solidi legami con il territorio sabaudo attraverso la fondazione Crt. Altro debito ancora.
Dettaglio entrate 2010 su cui si basa l’anticipo cassa (Fonte: Relazione previsionale 2012)
C’è poi il capitolo partecipate.L’ultimo bilancio della Fct, relativo al settembre 2011, evidenzia 200 milioni di debiti nei confronti delle banche rispetto a un patrimonio netto di 37 milioni. La musica non cambia: in assenza di investitori, ci si rivolge alle banche, indebitandosi. Le quali, secondo quanto rivelano fonti finanziarie a Linkiesta, non sembrano più così propense a prestare nuovamente alla holding (Standard & Poor’s ha assegnato un rating BBB- al Comune). E a settembre prossimo scadono prestiti per 6,8 milioni di euro.
L’idea di Fassino prevede l’accentramento delle partecipazioni di Palazzo Civico in Trm, Amiat, Gtt e in Sagat S.p.A., rispettivamente le società che gestiscono i rifiuti, il trasporto pubblico e l’aeroporto “Sandro Pertini”, «nell’ottica di mantenere saldamente in mano pubblica il capitale delle aziende e consolidare al meglio l’assetto patrimoniale per migliorare la situazione finanziaria del Comune», si legge sul bilancio. Come? Tenendosi il 60% e mettendo sul mercato il rimanente 40 per cento. Un classico trucchetto per de consolidare dai conti pubblici la quota di debito in questione, che rischia però di diventare un altro modo per finanziare la spesa corrente. Il Comune dovrebbe racimolare 300 milioni di euro. Che siano quelli dell’anticipo cassa?
Oggi Fct Srl ha in pancia quote di minoranza in Iren, Smat, Tne, Sitaf, Centrale del Latte, Agenzia di Pollenzo e dell’Autostrada Torino – Savona. Il 28% di Sagat è stato appena messo sul mercato partendo da una base d’asta di 59 milioni di euro, individuata dall’advisor Meliorbanca (Gruppo Bper) ma nessun investitore ha ancora bussato alla porta. Anche perché, nella delibera, manca completamente il quadro economico di riferimento per valutare l’operazione, cioè gli utili e le perdite per l’amministrazione comunale nel periodo, dal 2001 a oggi, in cui ha controllato il 38% dello scalo. Un’altra tegola sul Comune più indebitato d’Italia.
Gentile Direttore, le chiedo spazio per precisare – e in alcuni punti rettificare – il pezzo pubblicato il 6 luglio, dal titolo “Torino, un Comune fallito salvato dall’Imu”, a firma Antonio Vanuzzo.
Mi sembra importante evidenziare che nel bilancio previsionale della Città di Torino, il pareggio è stato ottenuto senza penalizzare i servizi di welfare, cultura, istruzione ma agendo su costo del lavoro, spese per utenze, costi della politica e macchina comunale e attuando economie sui contratti di servizio.
Nel corso dell’articolo, poi, contrariamente a quanto emerso sia dal dibattito consigliare, sia dalle evidenze della relazione del collegio dei Revisori dei Conti, non si evince né in quale contesto gli enti locali hanno approvato le loro manovre (taglio drastico dei trasferimenti, abbassamento, per effetto della crisi, della propensione al pagamento delle entrate pubbliche, ecc..) né lo sforzo di consolidamento dei conti della città. Sono state queste le linee guida del bilancio: revisionare e rimodulare l’entrata ordinaria (tributi, fitti attivi, per espressa previsione normativa, come noto, con l’anticipo del federalismo fiscale e l’istituzione dell’imu sperimentale); ridurre l’indebitamento (che non è aumentato); rendere disponibili le entrate da dismissione (in buona parte obbligatorie per legge); stanziare con estrema prudenza le entrate da Titolo terzo (cosiddette extratributarie, ovvero sanzioni, oneri concessori, ecc. ridotte nella misura del 20% circa), precostituire avanzo di amministrazione, sia con ben 45 milioni di minori spese sul 2011, sia con lo stanziamento di specifico fondo rischi, da destinarsi al contenimento del rischio di inesigibilità di residui attivi.
Un’amministrazione che vuole consolidare il sistema di welfare cittadino deve prima di tutto mettere in sicurezza i propri conti, aumentare l’autonomia finanziaria e diminuire le componenti rigide del bilancio per avere, in futuro, la possibilità di progettare per quali obiettivi destinare le risorse, tutto ciò durante una bufera finanziaria nazionale e internazionale evidentissima.
E proprio in questa direzione vanno il netto calo del ricorso alle entrate straordinarie per finanziare la spesa corrente (le pochissime entrate una tantum – 25 milioni – finanziano uscite una tantum) e la riduzione del debito complessivo di Palazzo Civico, a cui contribuiranno il ricavato dalla vendita di quote delle società partecipate e la valorizzazione del patrimonio immobiliare.
A tal proposito è bene anche precisare che l’alienazione di una parte delle quote di società partecipate non è un modo per finanziare la spesa corrente, come segnalato da Linkiesta, ma si tratta di un’operazione che risponde a obiettivi di ristrutturazione del portafoglio azionario, di miglioramento dell’efficienza gestionale delle stesse e, al contempo, di riduzione del debito complessivo della Città. Circa l’anticipazione di tesoreria poi, essa è espressamente prevista dal TUEL, e diversamente da quanto affermato nell’articolo, l’Ente rappresenta senza reticenza dati evidenziati in tutti i documenti pubblici; l’entità delle entrate accertate è sostanzialmente costante negli esercizi e pertanto è costante anche il plafond disponibile quale potenziale anticipazione di tesoreria, risultando infondato quanto riportato nel testo.
Infine, ancora una precisazione sull’effettivo ammontare del debito complessivo per mutui in capo alla Città di Torino: esso è sceso già nel 2011 di 32 milioni, iniziando, quindi, un’inversione di tendenza ormai consolidata, e non è pari a 4,5 miliardi di euro come indicato nell’articolo, ma è di 3,2 miliardi che, con la progressiva estinzione dei mutui e la non accensione di nuovi prestiti, diventerà 3, 1 miliardi il prossimo anno e scenderà di altri 100 milioni di euro nel corso dell’esercizio 2014.
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