Cronaca
In Provincia di Torino verso un Coral contro Coral sul processo Minotauro
Narcomafie racconta la paradossale e poco edificante vicenda che riguarda il processo relativo all’operazione Minotauro in cui la Provincia si vuole costituire parte civile, ma sui cui banchi siede anche Ivano Coral, che secondo le carte della Dda sarebbe stato votato dai boss della ‘ndrangheta del Canavese su richiesta del padre Nevio, accusato di concorso esterno e voto di scambio . Aggiornamento: secondo lo Spiffero Ivano Coral si è dimesso
Ivano Coral si è dimesso da consigliere provinciale. L’ex sindaco di Leini ha deciso di lasciare il proprio incarico a Palazzo Cisterna, dov’era stato eletto nel 2009 tra le file del Pdl. Una scelta presa in seguito agli sviluppi dell’inchiesta Minotauro, nell’ambito della quale venne arrestato il papà Nevio Coral, suo predecessore come primo cittadino di Leini, comune sciolto per infiltrazioni mafiose nel marzo scorso.
Da Narcomafie
E alla Provincia scoppiò il caso Coral. Dopo l’annuncio davanti alla Commissione comunale antimafia del presidente del consiglio provinciale di Torino Sergio Bisacca di costituirsi parte civile al processo Minotauro contro la ‘ndrangheta piemontese,
è venuto al pettine il nodo del consigliere provinciale Ivano Coral, sindaco di Leinì fino allo scorso dicembre, figlio di quel Nevio Coral, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio, in arresto dallo scorso 8 giugno.Perché se è vero che la responsabilità penale è personale e che i figli non rispondono delle colpe dei padri, è anche vero che dalle carte dell’inchiesta e della Commissione di accesso prefettizia che ha rilevato lo stato di infiltrazione mafiosa del comune di Leinì (che ne ha determinato lo scioglimento da parte del Consiglio dei ministri il 23 marzo) emerge una contiguità tra i due Coral che non può non essere rilevata nel momento in cui Ivano e Nevio rischiano di trovarsi idealmente su fronti contrapposti in tribunale.Dalle carte dell’inchiesta emerge infatti che Nevio Coral, ritenuto dalla Dda di Torino perno di un milieu politico-imprenditoriale-mafioso che avrebbe condizionato per anni la vita sociale di Leinì e dintorni, avrebbe favorito l’elezione in consiglio provinciale del figlio alle elezioni del 2009 chiedendo i voti ai principali boss ‘ndranghetisti del canavese e promettendo in cambio appalti e altre utilità. Ma è la relazione dei Commissari che hanno chiesto e ottenuto lo scioglimento per infiltrazione mafiosa di Leinì lo scorso 23 marzo a essere più dura nei confronti di Ivano, primo cittadino dal 2005 (quando successe proprio al padre Nevio), descrivendolo come un sindaco di facciata, strumento della volontà del padre, che avrebbe continuato a essere il vero dominus dell’amministrazione locale. Dunque Ivano Coral oggi continua a esercitare la funzione di consigliere provinciale (anche se raramente si vede in Consiglio), carica che avrebbe ottenuto, secondo quanto si legge nelle carte di Minotauro, anche grazie ai voti di quei mafiosi contro cui l’ente Provincia vuole costituirsi in giudizio. Lo fa legittimamente sotto il profilo giuridico, ma con il paradosso, se il tribunale accetterà la costituzione in giudizio della Provincia, di trovarsi (idealmente) in aula a chiedere i danni a Nevio Coral, genitore naturale nonché mentore politico. Insomma un cortocircuito logico-politico. A sollevare il caso il consigliere provinciale del Pd Giuseppe Sammartano, che ha presentato un’interpellanza sottoscritta da altri tre suoi colleghi (Angela Massaglia, Salvatore Ippolito ed Erika Faienza), nella quale chiede all’amministrazione “quali azioni politiche verbali e scritte si intendono assumere coerentemente con la decisione di costituirsi parte civile, nei confronti del già Sindaco di Leinì ed attuale consigliere provinciale ancora in carica”.
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