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Alla Asl di Asti sono i pazienti a “reclutare” altri pazienti nel reparto psichiatria

Redazione Quotidiano Piemontese

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Pazienti che reclutano altri pazienti per valutare la qualità del servizio psichiatrico di cui sono fruitori. Succede all’Asl astigiana e in altri sei centri di salute mentale italiani. Il progetto, di cui è coordinatrice scientifica Caterina Corbascio, direttore della psichiatria Valle Belbo che conta 720 utenti, è finanziato dal Ministero della salute attraverso il centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie ed è finalizzato alla definizione di un modello di programmazione delle attività dei servizi psichiatrici condiviso con i pazienti, ma non solo. Infatti, mentre la scorsa settimana gli utenti hanno reclutato altri 20 utenti in ciascuna delle Asl coinvolte, la stessa cosa è successa con i loro familiari, impegnati ad “arruolare” altrettanti parenti.In tutte le sette Asl (2 di Bologna, Asti, T02, Reggio Emilia, Livorno, Bari) l’iniziativa è riuscita. “Familiari e pazienti – indica Corbascio – sono stati formati per l’occasione e attraverso focus group hanno appreso le tecniche di intervista e di approccio con le persone. L’obiettivo di reclutare, durante l’orario di apertura del servizio, almeno 20 persone per gruppo di familiari e pazienti è stato raggiunto e superato. Le persone si sono dimostrate disponibili e hanno accettato il ruolo di valutatori: i pazienti erano a loro agio e hanno decritto l’esperienza come positiva e stimolante. Il progetto ha suscitato interesse, testimoniando il bisogno delle persone di partecipare a quanto si decide sulla salute”.

Costituiti i gruppi di valutatori, il prossimo obiettivo sarà quello di raccogliere, entro fine giugno, i pareri dei 280 pazienti e familiari. A settembre i risultati, che terranno conto delle valutazioni del terzo soggetto coinvolto dal progetto: gli operatori dei sette Centri di salute mentale che si intervisteranno a vicenda.

A quel punto sarà possibile guardare all’obiettivo finale del progetto: riorganizzare le attività ampliando i servizi offerti, rendendoli maggiormente accessibili e migliorando la presa in carico dell’utente.

Il valore aggiunto derivante dal coinvolgimento di pazienti e familiari nella valutazione dei servizi – conclude Corbascio – è dato dal mutamento di prospettiva: la possibilità di partire dalle esperienze di sofferenza e di cura contribuisce a rendere gli obiettivi e le priorità della valutazione più focalizzati e più vicini ai loro bisogni. L’inclusione dei familiari consente, in particolare, di allargare il campo di osservazione su aspetti come il carico del lavoro di cura e le attese nei confronti dei servizi. Infine il coinvolgimento degli operatori punta alla crescita delle competenze e della motivazione nei rispettivi contesti, mettendo in luce le buone pratiche e contribuendo al processo di miglioramento delle prestazioni”.

 

 

Nella foto: la dottoressa Caterina Corbascio

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