Piemonte
Lou Dalfin: i trovatori di oggi che suonano per i No Tav. Venerdì concerto all’Hiroshima
La loro storia è anche la loro scommessa: risvegliare una tradizione antichissima per farla vivere nella realtà di oggi. Usare una ghironda, “che sembra una nave, ti fa salire a bordo e ti porta chi sa dove “, o una cornamusa “con le sue note tenute che nessun altro strumento potrebbe dare” per raccontare le epopee da sabato sera dei ragazzi di oggi, la cronaca nera, l’emigrazione. Far musica e sostenere la causa No-Tav. Scoprire che la Val Pellice non è poi così lontana dalla Giamaica. Ecco la sfida dei Lou Dalfin. Il gruppo, punto di riferimento internazionale per la musica occitana, venerdì 13 sarà all’Hiroshima Mon Amour di Torino, dove presenterà l’ultimo album, Cavalier faidit (Cavaliere proscritto). Ne parliamo con Dino Tron, storico polistrumentista del gruppo.
“Come il tango o la pachanga – racconta Tron – anche la nostra esperienza musicale nasce dal métissage, dall’incontro di culture. Per anni abbiamo frequentato i suonatori tradizionali delle nostre valli, abbiamo assimilato le loro tecniche e il loro ambiente. Ma, girando l’Europa tra concerti e festival, abbiamo anche incontrato esperienze lontane con cui abbiamo cercato di dialogare. La storia ci ricorda che la vera cultura popolare non si è mai chiusa nei musei, ma è sempre riuscita, in un modo o nell’altro, a parlare la lingua del suo tempo. Quindi siamo molto contenti di incontrare altri artisti per lavorare insieme”. E nell’ultimo album il gruppo non si è certo fatto mancare collaborazioni prestigiose. C’è Bunna degli Africa Unite, capace di dare a un antico ritmo di danza un sound giamaicano: “La scelta di coinvolgere Bunna – spiega Tron – è stata quanto di più naturale si possa immaginare. Ci conosciamo da una vita: lui abita a 500 metri da casa mia”. C’è Roy Paci con la sua tromba, c’è Vicio dei Subsonica, che ha voluto produrre un pezzo. Ci sono stili inaspettati: in Rota d’amont (Strada di su) Sergio Berardo, cantante e fondatore del gruppo, si cimenta con un rap, rigorosamente in occitano.
Discorso analogo per i testi. Nei temi più tradizionali, dalle storie di paese alle dichiarazioni d’amore per la musica, fa irruzione la contemporaneità: “A volte in modo scanzonato, come quando raccontiamo i ragazzini che sfidano la notte in motorino, tra bevute e scazzottate, a volte in modo più profondo. Nell’album trovano spazio le voci degli emigranti che dalle nostre montagne sono partiti per l’Argentina e c’è perfino un’allusione a un episodio di cronaca nera accaduto negli anni ’30. Storie di ieri, che poi sono anche le storie di oggi”. I Lou Dalfin si considerano dei trovatori contemporanei e, proprio come i trovatori medievali, danno voce anche alla politica. A giugno si sono esibiti a Chiomonte, per sostenere i No-Tav. “Abbiamo partecipato per un senso di fratellanza nei confronti della montagna, già nei secoli passati sfruttata con prelievi di acqua, risorse e uomini da mandare in guerra. Non siamo assolutamente contrari al progresso, ma imporre la Tav a un’intera comunità che non la vuole ci sembra un sopruso. Vorremmo che si prendessero decisioni più rispettose della volontà popolare”.
Il concerto di venerdì all’Hiroshima, “luogo cui siamo affezionati e che ci ospita fin dal ’94” è un’occasione speciale per presentare Cavalier Faidit. Il 14 febbraio il gruppo sarà nuovamente a Torino, al Monte dei Cappuccini. “Intanto stiamo pensando a uno spettacolo unplugged, che ci permetta di alternare la dimensione di piazza con un’atmosfera più raccolta”.
Lou Dalfin in concerto. Venerdì 13 gennaio. Hiroshima Mon Amour (via Bossoli 83, Torino). Biglietti in vendita a 10 €.
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