Lavoro
“Vogliamo spiegazioni e fatti concreti da Fiat”. Su Mirafiori, dopo 9 mesi di attesa vana, si allarmano anche i sindacati del sì all’accordo
Anche i più pazienti (responsabili, come si dice oggi) nel loro piccolo si incazzano. Lo fanno pacatamente, dopo avere inutilmente atteso 9 mesi dalla sigla del soffertissimo accordo (che prevedeva, giusto ricordarlo, una clausola di responsabilità, ovvero l’impegno vincolante a rispettare i patti…) che doveva portare miliardi di investimenti a Mirafiori; lo fanno specificando subito che sono disponibili ad accettare anche modifiche del patto siglato, perché comunque la difesa dei posti di lavoro è fondamentale. Ma questa volta lo fanno. Anche perché la base, i lavoratori non sono per nulla tranquilli e la mancanza assoluta di segnali concreti positivi aumenta l’allarme. Così come le voci delle scorse settimane, con l’azienda che dice espressamente di confermare gli impegni per l’ex Bertone e dice nulla su Mirafiori. Trapela, anzi, che il suv non si farà più a Mirafiori e che forse si farà una city car. I sindacati firmatari dell’intesa del 23 dicembre (Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione quadri) chiedono quindi il rispetto dell’accordo sottoscritto per Mirafiori e un incontro urgente con la Fiat per fare chiarezza sul futuro dello stabilimento torinese.
“Le voci che a Mirafiori la Fiat sta decidendo o ha già deciso di non produrre più i suv Jeep e Alfa Romeo richiedono un’approfondita riflessione e una pronta reazione sul piano sindacale” hanno spiegato i responsabili torinesi delle sigle firmatarie rilevando che se la firma dell’intesa è stata “una scelta giusta e forte” è però “costata molto sul piano dell’immagine e della durezza dello scontro sindacale dentro e fuori la fabbrica. Per questo se a nove mesi di distanza, a fronte di un contesto economico globale peggiorato, sono necessari dei correttivi al piano, occorre che questi vengano discussi quanto prima con il sindacato per confermare gli impegni presi”.
“Non ci convincono le motivazioni che abbiamo letto che avrebbero indotto il Lingotto a ripensare al modello da produrre a Mirafiori – ha spiegato per la Fim, Claudio Chiarle – innanzitutto il cambio euro dollaro: oggi è 1,45, il 23 dicembre era 1,30 e le previsioni dicono che nel corso del 2011-2012 il cambio ridiventerà favorevole al dollaro, dunque questa motivazione non regge. La vera motivazione che Fiat non dice ma che è più presumibile e valida potrebbe derivare dal fatto che il mercato Usa è in forte ripresa, Chrysler vende e Jeep ha forti potenzialità di mercato , quindi è più probabile che il secondo azionista abbia posto il problema di dove produrre i modelli destinati al mercato del Nord-america”.
A rilanciare la necessità di un incontro entro settembre è per la Uilm, Maurizio Peverati che spiega: “L’azienda deve dire ai sindacati quali sono le sue intenzioni, per questo coinvolgeremo fin da subito le nostre strutture nazionali. La Fiat deve rispondere dell’accordo siglato a dicembre non solo ai lavoratori di Mirafiori ma al Paese, intero per questo vogliamo un segnale di chiarezza”.
Per la Fismic, Vincenzo Aragona, disponibile a rivedere i punti dell’intesa per adeguarli alle necessità del mercato sottolinea però che “se modifiche sono necessarie, queste devono garantire l’occupazione di tutti i 5200 addetti. Non è sufficiente dire che a Mirafiori ci sarà un modello alternativo, l’azienda ci deve dire quale, perché l’ipotesi della Topolino da sola non è sufficiente, quindi è necessario sapere quale altra vettura sarà destinata al sito torinese”.
Francesco Scandale, dell’Associazione Quadri, fa sapere che il sindacato non ha “pregiudiziali in caso di correttivi ma c’è la necessità di confermare gli impegni presi e la rassicurazione che a Mirafiori saranno garantivi occupazione e volumi”.
Infine per l’Ugl, Renato Marino ricorda che “Fiat ci ha chiesto di firmare una clausola di responsabilità che garantisca gli accordi e noi la abbiamo accettata, adesso sia l’azienda a rispettare i patti perché non è accettabile che vengano cambiati in corso d’opera piani e accordi sottoscritti con responsabilità”.
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