Cultura
Con Paolini la poesia ritrova la musica perduta
Pensare a Marco Paolini ospite del Venaria Real Music, festival dedicato ai concerti, può destare un po’ di stupore. In effetti l’esibizione di giovedì 14 luglio, che vede sul palco l’attore veneto, si pone in una regione di frontiera tra musica, gesto e parola: è una specie di anticamera dell’immaginazione dove diverse arti si compenetrano, ma nessuna è autosufficiente. Un progetto ambizioso quello di Paolini: dare, o meglio ridare musica al verso poetico.
Lo spettacolo si chiama Par Vardar (per guardare) e prende spunto da una poesia dell’autore dialettale Giacomo Noventa. Titolo emblematico: in effetti il dialetto è il vero filo conduttore dell’esibizione. Paolini va a pescare in quel coacervo di lingue che impregnano la terra, che sono memoria viva e possiedono una forza narrante sconosciuta all’italiano. E’ un uso del “parlar natio” scevro da qualunque rivendicazione politica o ideologica, ma improntato unicamente alla valorizzazione di una sensibilità poetica. Così l’attore ci prende per mano alla scoperta della poesia dialettale, una tradizione che vanta anche nomi illustri, come Biagio Marin, Luigi Meneghello e Andrea Zanzotto (uno dei massimi poeti italiani contemporanei, l’autore che ha parlato della sua lingua come di una “matria”, contraltare femminile della patria).
La storia dei rapporti tra poesia e musica (a volte idilliaci, a volte conflittuali) è antica quanto l’uomo. Non è necessario essere degli specialisti per cogliere la parentela tra le due “muse”, che in effetti scaturiscono da una comune sorgente primigenia. In questo caso è Paolini stesso a spiegarci come ha lavorato per farle incontrare, cercando di rispettarle entrambe: “Lorenzo Monguzzi ha musicato alcune poesie e mi accompagna in questo viaggio. La voce è lo strumento, il dialetto è la lingua e l’armonia, i testi sono lo spartito da interpretare. E’ un concerto, questo, dove provo a far musica da pagine che non avrebbero bisogno di esser lette ad alta voce”. E’ vero, una lettura interiore forse sarebbe sufficiente, ma è una pratica che richiede silenzio e a cui oggi, frastornati da mille rumori, non siamo più abituati. Forse abbiamo bisogno di un piccolo e discreto “aiuto musicale” per tornare a percepire quell’armonia che la parola poetica si porta dentro. Nell’esperimento teatrale trova posto anche la narrazione: infatti le poesie-canzoni sono tenute insieme da brevi sezioni di raccordo che costruiscono una tenue storia sottotraccia.
Par vardar non è un testo chiuso, ma ha una struttura a mosaico fluido, capace di subire incorporazioni e tagli, a seconda del luogo in cui va in scena. Non c’è niente di più “glocale” (per usare un termine tanto in voga) dei dialetti: ciascuno ha il suo, ma in tutti si respira un’aria di casa. Paolini lo sa bene e, da grande attore, non disprezza la lezione di chierici vaganti e giullari medievali: gente umile, ma con un istintivo fiuto per lo spettacolo che li portava a cambiare nomi, luoghi e parlate per essere di volta in volta più vicini alla gente che incontravano.
Giovedì 14 luglio ore 21.30 – Venaria Reale – Il costo dei biglietti varia da 22 a 27 €. Info http://www.venariarealmusic.it/
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