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Sorpresa! Sull’economia, piemontesi più ottimisti della media italiana. I dati Ires a marzo 2011

Redazione Quotidiano Piemontese

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Ottimismo, cauto ma pur sempre ottimismo. È il sentimento dei piemontesi sulla ripresa dell’economia, un sorriso un po’ stirato ma comunque più brillante rispetto all’anno scorso e al resto d’Italia. Il punto di domanda più angosciante pesa sul futuro dei giovani, cui mancano opportunità e prospettive. A livello sociale, gli strascichi della crisi si registrano non solo nel conto in banca, ma nei rapporti con gli amici e soprattutto con i colleghi.

Sono i tre punti più interessanti che emergono dal tradizionale sondaggio dell’Ires (Istituto ricerche economico sociali), che ha misurato il clima di opinione prevalente nella regione, tra febbraio e marzo 2011, intervistando telefonicamente un campione di 1.200 persone, cui si è aggiunto un sovra campionamento di cittadini stranieri intervistati face to face. Tanti dati, tanti numeri, tante tabelle e, come sempre in questi casi, tante possibili interpretazioni.

“Le indagini sul clima anticipano i processi – spiega Enzo Risso, presidente dell’Ires – per esempio l’aumento della paura di perdere il lavoro, nel 2009, è stato un segnale dell’arrivo della crisi, oppure il taglio delle bollette è un indicatore climatico interessante di come cambiano i conti delle famiglie. Se i piemontesi dichiarano di aver fiducia nel futuro del Piemonte, si può leggere come un segnale che la fase più acuta della crisi sta scemando”.

I dati: il 65% degli intervistati valuta lievemente o nettamente peggiorata la situazione economica dell’Italia nell’ultimo anno, ma solo per il 28% ci sarà un ulteriore peggioramento, mentre il 34% ipotizza un miglioramento e il 31% si accontenta di una stasi. Interessante scendere nel dettaglio, perché valutazioni e previsioni della situazione generale sono in strettissimo contatto con il tenore di vita personale: facile essere ottimisti quando si è imprenditori o dirigenti, non è un caso che gli stranieri vedano grigio, più grigio degli italiani (la situazione peggiorerà per il 40% degli intervistati stranieri, in particolare per i non europei).

Buttiamoci sulle famiglie. La condizione economica tra le mure domestiche è stazionaria per la stragrande maggioranza (60%), ma guardiamo gli altri numeri: migliora solo per il 5%, mentre il 34% piange. Lacrime condivise dal 40% degli stranieri, con la punta del 66% degli asiatici. Un briciolo più ottimistiche le prospettive. I conti rimarranno uguali per il 62%, saranno più belli per il 16%, più brutti per il 15%, equilibrio che si rispecchia tra i diversi target. In prospettiva, migliora la situazione patrimoniale, perché metà degli intervistati (48%) fa quadrare il bilancio, il 28% riesce a risparmiare qualcosa, mente solo il 18% intacca le riserve o contrae debiti. Soffrono soprattutto i giovani tra i 35 e i 44 anni, che tra precariato, mutuo sulla prima casa e figli rischiano di diventare i nuovi poveri. Abituati al risparmio invece gli over 64 e chi ha un basso livello di istruzione, tranquilli anche i giovanissimi che ancora vivono a casa dei genitori.

Ma quanti piemontesi dichiarano di aver avuto difficoltà economiche nel corso del 2010? Quasi metà (45%), dei quali il 23% per le bollette, il 19% per le spese per la casa, il 13% per le spese mediche. Capovolto il dato degli stranieri residenti in Piemonte, solo il 30% non ha avuto problemi di soldi, e addirittura il 19% (a fronte del 5% di italiani) denuncia di soffrire per l’acquisto di generi alimentari.

Le noti dolenti, dicevamo, riguardano in particolare i giovani e il lavoro. Sono questi i problemi che preoccupano maggiormente i piemontesi. In secondo piano, inquinamento e immigrazione, poi dinamismo economico e innovazione. Sicurezza e ordine pubblico stanno sotto viabilità e sanità, formazione e scuola. Ambiente e turismo non fanno venire il mal di testa quasi a nessuno. “Giovani e lavoro – continua Enzo Risso – sono temi strettamente interconnessi. Se sono al primo posto nelle preoccupazioni dei piemontesi, ne emerge la critica a una società gerontocratica, in cui la meritocrazia è assente e la precarizzazione da lavorativa si fa esistenziale. Ne consegue la richiesta di investire sulle politiche del futuro”.

Siamo italiani, in famiglia si trova la prima spalla su cui piangere, il primo abbraccio in cui rassicurarsi. “Eppure – denuncia il presidente dell’IRES – stiamo assistendo alla caduta del ceto medio, più acuta in Piemonte che in altre parti d’Italia. Un dato: nell’89 il 70% degli italiani si sentiva ceto medio, oggi siamo al 51/52%”. Comunque sia, di fronte alle difficoltà della vita – che rimangono gravi anche nell clima di ottimismo – il 98% dei piemontesi ha fiducia nella famiglia, l’88% negli amici, il 76% nelle forze dell’ordine, il 73% nelle associazioni di volontariato. Staccati i servizi di assistenza pubblica, la chiesa e la magistratura, l’unica “fiduca negativa” (46%) è nei confronti dei colleghi di lavoro, dei pericolosi concorrenti in tempi di poca occupazione. Interessante notare come gli stranieri, che in generale hanno meno fiducia nel prossimo, si fidino dei colleghi di lavoro più che della chiesa o della magistratura.

“Le difficoltà relazionali con colleghi e amici – conclude Enzo Risso – riscontrabili in particolare tra i giovani, denunciano l’indebolimento delle reti sociali di sostegno, indicano una società che si sta sfarinando, una perdita di identità a livello nazionale”. La società italiana è in debito di fiducia, il Piemonte un po’ meno: speriamo di avere ragione noi.I soldi comunque non sono tutto, a determinare la felicità dei piemotesi sono prima di tutto la salute (96%) e i rapporti famigliari (95%). Sul lavoro è più importante la soddisfazione delle persone amate (84%) piuttosto che la propria (74%), ultimi in classifica – ancora una volta – quei fetentoni dei colleghi. I gusti degli stranieri sono in linea, ma amici e colleghi pesano ancora meno, mentre il reddito personale è determinante all’89%, contro il 70% degli italiani. Valutazione generale? Si dichiara soddisfatto il 57% dei piemontesi, molto soddisgatto il 13% per un lusinghiero 70% totale di sorrisi. Niente male davvero, nella speranza che per una volta i piemontesi smetiscano il detto “falsi e cortesi” e abbiano detto la verità.

 

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