Cultura
La padella del Presidente: teatro nel teatro al Circolo dei Lettori
Che c’entra una padella con il teatro? E che c’entrano i tagli ai fondi per lo spettacolo con Fedor Dostoevskij? Per saperlo bisogna aver visto La padella del presidente, spettacolo teatrale scritto e diretto dal drammaturgo Alberto Gozzi. Ieri sera al Circolo dei Lettori di Torino la prima mise en lecture, con Roberto Accornero, Francesco Gargiulo e Annalisa Usai.
Tutto inizia quando un non meglio identificato Presidente (dietro cui si potrebbero leggere molti nomi) decide di tagliare del 95 percento le sovvenzioni ai teatri. Conseguenza: via le scene, via i costumi, via le prove. Tutto ciò che implica una spesa è abolito. In questo mondo ridotto all’osso, in questa realtà sempre più irreale si muove un attore (Roberto Accornero), alle prese con una recitazione che deve necessariamente farsi racconto, ma anche con i tarli e i fantasmi del passato. I suoi compagni sono un gatto recitante (Francesco Gargiulo), osservatore implacabile di tutta una vita, e una giovane aspirante attrice (Annalisa Usai) con problemi di respirazione diaframmatica e di impostazione vocale, ma in compenso con un vissuto e un’immaginazione capaci di risvegliare nel protagonista emozioni che sembravano perdute.
Si tratta, dunque, di un discorso metateatrale: ci sono, in controluce, i problemi della contemporaneità , gli interrogativi sul futuro che scaturiscono da un presente difficile, lo spettacolo ai tempi della crisi. Ma quando il teatro parla di se stesso, lo fa con le armi che gli sono proprie: cambia le carte in tavola, trasforma, reinventa, scantona attentamente da ogni stereotipo. La padella del presidente è un imprevedibile susseguirsi di situazioni tragicomiche, di nessi impossibili, di salti logici complicati. Tutto è giocato sulle possibilità di un teatro minimo, costretto a perdersi nella palude della narrazione per recuperare la sua essenza più autentica. Infatti, dice il Presidente, “il racconto del teatro è più ricco del teatro”. “Ma il corpo? Dove lo metto il corpo?” si chiede l’attore. La risposta, ammesso che di risposta si tratti, arriva sul finire dello spettacolo: “I copioni… quando non li puoi più rappresentare sei costretto a viverli”.
Alla fine gli applausi sono calorosi e premiano tanto la bravura dei tre attori, quanto l’invenzione drammaturgica di Alberto Gozzi. Ciascuno può portarsi a casa qualcosa: chi gli spunti comici, chi la bellezza letteraria di certi monologhi, chi le riflessioni disilluse di un teatrante. C’è anche chi resta perplesso: fatto assolutamente naturale con le opere che fanno della sperimentazione la loro anima.
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