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Interviste

Donatella Sasso e un mondo racchiuso in Piazza della Vittoria

L’intervista con l’autrice

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TORINO – Può tutto un mondo essere racchiuso in una piazza? Decisamente si. Capita a chiunque in qualunque luogo di poter vivere un mondo in un solo posto. Capita per esempio a Martina, la protagonista di Piazza della Vittoria, il romanzo Golem Edizioni con cui Donatella Sasso ci porta in un luogo ma soprattutto nell’animo di una donna.

Martina arriva in una città nuova, in un Paese nuovo, pronta a vivere una vita molto diversa da quella che ha lasciato. Il matrimonio, un figlio già in arrivo. C’è entusiasmo, voglia di farcela, la nuova città la affascina e la coinvolge. Pian piano però la nuova routine e la fatica giornaliera colpiscono duramente e Martina intraprende un viaggio nella depressione da cui, lo sappiamo, è difficile uscire.

Sarà un nuovo incontro, una donna che la stimolerà sotto diversi aspetti, ad aiutarla a ripartire ancora una volta e ad intraprendere anche una nuova avventura lavorativa.

L’opera di Donatella Sasso è un interessante viaggio nell’animo umano. Un racconto dell’evoluzione del pensiero e delle emozioni capace di mostrare la discesa e la risalita. La struttura particolare delle due prime parti del libro è coinvolgente e significativa, contribuisce a rendere il lettore partecipe dello sviluppo del pensiero della protagonista.

L’intervista con Donatella Sasso

Piazza della Vittoria è un viaggio in un luogo nuovo ma è soprattutto un viaggio profondo nell’animo della protagonista. Chi è Martina?

Martina è una giovane donna che arriva in Italia da un innominato paese dell’Europa centro-orientale (si scopre di quale si tratta solo alla fine del romanzo, anche se qua e là si possono scovare alcuni indizi). È entusiasta, innamorata, aspetta il suo primo bambino e il nuovo quartiere dove va a vivere le pare un piccolo mondo incantato, pieno di promesse di felicità. Tutto sembra procedere secondo i suoi sogni, ma a un certo punto qualcosa si incrina. Forse la nascita della seconda figlia, anche lei molto amata, ma pur sempre fonte di nuove incombenze, forse il procedere sempre uguale dei giorni fanno lentamente precipitare Martina in un gorgo di malinconia apparentemente senza fondo. Un evento estremamente drammatico (per questa parte mi sono ispirata a un caso realmente accaduto in Borgo Vittoria nel 2010) e l’incontro con Luna rappresentano la scossa in grado di smuoverla dal torpore che la ingabbia.

Come è nato il desiderio di raccontare questa storia?

Ero alle battute finali del mio primo romanzo Un’inconsueta felicità, anch’esso edito da Golem, e avevo iniziato a fare lunghe passeggiate in Borgo Vittoria. Eravamo nell’inverno fra il 2020 e il 2021, la pandemia era ancora diffusa e non ci si poteva spostare liberamente. Amando molto viaggiare, e non potendolo fare, i quartieri meno conosciuti della mia città si erano rivelati un buon surrogato. Mi innamorai in modo particolare di questo borgo non lontano dal centro, ma quasi autosufficiente; un piccolo paesino che anela a un destino più grandioso, ma può tranquillamente dirsi soddisfatto di quello che è. Mentre passeggiavo tra via Chiesa della Salute, via Bibiana, le stradine laterali e le aree verdi, i personaggi mi sono venuti incontro con le loro storie e i loro piccoli e grandi drammi. Io parto sempre dai luoghi, mi faccio incantare, poi li devo osservare, li devo respirare. Devo sapere dove vivranno i protagonisti, dove piangeranno e dove si riconcilieranno, dove giocheranno i bambini, dove gli adulti si fermeranno a prendere un caffè, a chiacchierare o a osservare la chioma di un albero. Molto raramente procedo in senso inverso, dai personaggi agli spazi dove li collocherò.

Intorno a Martina si muovono vari personaggi. Tra questi Luna assume un ruolo quasi da aiutante magico delle fiabe. Ci racconti il personaggio?

Luna è una di quelle persone che ciascuno di noi ha incontrato (o vorrebbe incontrare) almeno una volta nella vita. Energica, apparentemente senza zone d’ombra e capace di leggere nell’animo altrui, riesce a smuovere Martina dalla sua sofferente introflessione e le offre una possibilità di rinascita. C’è forse un momento in cui può apparire troppo invadente perché sembra voler imporre le sue scelte a Martina, ma è solo un piccolo cedimento. Alla fine sarà Martina a trovare dentro di sé forze, energie e soluzioni.

Tra i vari temi affrontati nel romanzo spicca quello della depressione a cui va incontro la protagonista…

La depressione è sicuramente centrale nella vicenda e nell’evoluzione di Martina. È anch’essa, in qualche modo, un personaggio. Nelle favole sarebbe un folletto malevolo che mette i bastoni tra le ruote, rovescia le ciotole di cibo, svuota i pozzi e, alla fine, brucia anche le case. E Luna sarebbe la fata che lo caccia con i suoi poteri magici. La depressione è il folletto che si intrufola anche nelle vite più lineari e baciate dalla fortuna, è l’ospite sgradito ai pranzi di festa e Martina, che è felice, ma anche buona, disponibile e proiettata verso il futuro, non le sfugge.

Mi ha incuriosito la particolare struttura delle due prime parti del romanzo. Prima il racconto di Martina a Luna e poi la narrazione passa in terza persona. Come mai questa scelta?

Inizialmente pensavo di scrivere tutto il romanzo in prima persona, poi mi sono resa conto che uno stacco fosse necessario. È come se, dopo l’incontro con Luna, Martina riuscisse a fare un passo decisivo fuori da sé stessa per aprirsi alla sua amica, in primis, ma anche al mondo e al futuro. Ecco perché da quel punto in poi ho optato per una narrazione in terza persona più distaccata e imparziale.

Tornando ai personaggi, un ruolo inevitabilmente importante lo ha Alberto, il marito di Martina. Non è mai in dubbio il suo amore per lei eppure, quando lei si avvicina al baratro della depressione lui non sembra rendersene conto. Rischiamo davvero di non capire le persone che abbiamo più vicino?

Alberto non è bravo con le parole, lui sa fare e sa risolvere le questioni pratiche. Davanti al buio in cui cade la moglie non solo non sa cosa dire, ma non sa neanche più cosa fare. E, in effetti, di fronte a certi dolori spesso le persone più vicine sono quelle che meno riescono a portare aiuto, non solo per indifferenza o incapacità, ma anche per paura di sbagliare. E allora Alberto attende, a volte si spazientisce, ma le rimane vicino. È un testimone silenzioso, che riprende in mano la situazione quando comprende che Martina sta tornando a splendere grazie alla luce di Luna. E anche se la luce che emana la Luna è solo una luce riflessa, riesce comunque a squarciare il buio della notte.

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