Cronaca
Da Los Angeles a Parigi passando per Bologna: altre università come a Torino sono state occupate in solidarietà alla Palestina
L’acampada torinese è solo l’ultima di una stagione di occupazioni partite dagli USA e diffuse in Europa. Tutte chiedono lo stop alla collaborazione con gli atenei israeliani
TORINO – La recente occupazione studentesca di Palazzo Nuovo e del Politecnico di Torino si inserisce in una stagione di mobilitazioni universitarie molto più ampia, che si sta espandendo in tutto il mondo; tutte queste occupazioni condividono l’appoggio alla Palestina e chiedono che i loro atenei smettano di collaborare sia con le aziende attive nel settore militare, sia con le università israeliane.
Infatti oggi (mercoledì 15 maggio) gli studenti di UniTo hanno organizzato un’assemblea con la partecipazione a distanza dei collettivi di Usa, Paesi Bassi (Amsterdam), Spagna (Barcellona), Tunisia, Inghilterra, Belgio (Bruxelles), Svizzera (Losanna), Germania (Berlino) e Francia.
Francia, USA, Germania: le altre occupazioni
In Francia, a Parigi, gli studenti di Sciences Po hanno organizzato un sit-in pacifico, ma sono stati sgomberati da uno schieramento di polizia, che ha anche arrestato e poi rilasciato due persone. Manifestazioni simili hanno trovato spazio anche alla Sorbona, dove “circa 100 studenti hanno montato una quarantina di tende nel cortile della Sorbona, che è di proprietà del rettorato di Parigi”.
Proteste e rivendicazioni simili sono avvenute anche a Bruxelles, alla Université libre de Bruxelles (ULB) e alla Vrije Universiteit Brussel (VUB).
Anche negli Stati Uniti gli studenti di diversi campus hanno protestato contro la guerra in Palestina, mettendo in seria difficoltà i vertici universitari. C’è chi, almeno all’inzio, ha deciso di non intervenire (come la UCLA, l’Università della California – Los Angeles), tuttavia l’occupazione è sfociata in un’irruzione della polizia con l’arresto di 132 studenti.
Altri atenei hanno chiesto alla polizia di entrare e sgomberare tutto (Columbia University) e chi ha scelto di mandare via ripetutamente i manifestanti (City College di New York).
In Inghilterra i collettivi Oxford Action for Palestine e Cambridge for Palestine hanno montato le tende nei rispettivi campus, chiedendo l’interruzione al sostegno finanziario e morale a Israele. Azioni simili si sono viste anche fuori dagli edifici universitari di Manchester, Newcastle e Leeds.
In Germania, alla Libera Università di Berlino, il rettore ha convocato la polizia ancora prima che i manifestanti occupassero davvero l’università. Gli agenti hanno fermato ben 79 studenti.
Anche all’Università di Amsterdam degli studenti hanno organizzato un sit-in di protesta in favore della Palestina, per poi occupare altre sedi ed essere infine portati via dalle forze dell’ordine.
In Italia
L’avvio della nuova ondata di dissenso tramite l’occupazione è partita da Bologna, dove il 5 maggio alcuni studenti appartenenti al gruppo “Giovani Palestinesi” ha installato le tende dopo che per mesi avevano chiesto “l’interruzione degli accordi di ricerca con le università e aziende israeliane complici del genocidio”.
Pochi giorni fa all’Università Statale di Milano i Giovani Palestinesi hanno piantato le tende in cortile per chiedere al Rettore di sospendere gli accordi con le istituzioni di Israele. A Padova lo storico Palazzo del Bo è stato occupato da alcuni studenti: vogliono “ottenere il boicottaggio accademico (degli accordi con Israele, ndr) al Senato Accademico del 14 maggio”.
La gestione delle istituzioni universitarie
Il Senato dell’Università di Torino, a marzo, ha deciso di non partecipare al bando 2024 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. La decisione è stata accolta favorevolmente da diversi collettivi universitari come Cambiare Rotta e Studenti Indipendenti, ma nei giorni successivi c’era stato, da parte di un gruppo di cittadini pro Israele, un presidio di protesta.
Nei giorni scorsi la Conferenza dei rettori, in Spagna, ha affermato di volersi impegnare a rivedere gli accordi con le università israeliane, almeno con quelle che non hanno espresso una ferma condanna nei confronti dell’invasione israeliana a Gaza.
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Maria Irene
16 Maggio 2024 at 16:15
Ma perché non li spediamo tutti da Hamas con un biglietto di sola andata ?