Cultura
Gianni Oliva racconta gli Alpinisti ciabattoni di Achille Giovanni Cagna
L’intervista con Gianni Oliva

TORINO – Achille Giovanni Cagna non è tra i più noti autori piemontesi eppure meriterebbe senz’altro una maggiore attenzione per la sua scrittura vitale e ariosa, divertente e appassionata. E’ considerato tra gli scapigliati ed è stato attivo nella seconda metà dell’800. Tra i suoi estimatori ci sono Montale e Calvino.
Capricorno ha riedito il suo romanzo forse più noto, quel Alpinisti ciabattoni che è una sorta di presa in giro grottesca del lavoratore integerrimo, di quella media borghesia tutta bottega e bottega. Protagonisti sono i coniugi Gibella, sor Gaudenzio e sua moglie Martina. La coppia ha una bottega nel pavese alla quale ha dedicato tutta la vita. Cinquantenni decidono di concedersi finalmente una vacanza e raggiungono il lago d’Orta.
Il periodo di riposo e villeggiatura si trasforma però in un incubo per la coppia, incapace di godersi il riposo. Qualunque cosa accada a loro non va bene. Gli incontri, la pioggia, la camminata per arrivare al Sacro Monte, l’uscita in barca sul lago. Ad ogni angolo si annida un rischio, un pericolo, dietro ogni soglia si nasconde una minaccia alla loro incolumità. I due coniugi, come spiega Gianni Oliva nella postfazione, “si muovo a disagio un ambiente che non è il loro, hanno la curiosità della vacanza, ma anche il rimpianto immediato delle loro abitudini e delle loro certezze”. Quella vacanza sarà un fallimento totale e solo per colpa loro.
Il tutto raccontato con profonda ironia ed uno stile vivo e ricco di spunti. Una settimana di grottesco puro, con due personaggi vittime di loro stessi, incapaci di uscire dal loro spicchio di mondo nonostante la buona volontà.
L’intervista con Gianni Oliva
Riscoprire “Alpinisti ciabattoni” è un bel viaggio nell’ironia grottesca di Achille Giovanni Cagna. Quali sono le caratteristiche principali di questo romanzo?
L’ironia grottesca di Cagna è contenuta nell’impostazione stessa del racconto, nel suo rovesciamento di prospettiva: due coniugi di età matura, per tutta la vita bottegai in un borgo della Lomellina, si concedono qualche giorno di villeggiatura, ma i loro pregiudizi, la loro incapacità di adattamento, la loro abitudinarietà trasformano la vacanza in un supplizio
Il libro esce nel 1888. Siamo in un periodo storico in cui si aprono le porte della villeggiatura anche per la media borghesia. E’ questo lo spunto iniziale del romanzo?
Il libro è strettamente legato alla “contemporaneità” del periodo in cui è stato scritto, la fine dell’Ottocento, quando la seconda rivoluzione industriale trasforma profondamente la società. Dalla massa indistinta dei lavoratori emergono nuove piccole élite, che non sono classe dirigente né aspirano ad esserlo, ma vogliono assolutamente distinguersi dall’anonimato: è la piccola borghesia commerciale e impiegatizia, legata al denaro, alla sicurezza, alle tradizioni, che ha bisogno di “ordine” come garanzia del proprio status sociale. A metà Settecento Carlo Goldoni aveva già affrontato con ironia il tema della villeggiatura, ma in quel caso di trattava di mercanti veneziani arricchiti che sperperavano il proprio patrimonio per imitare gli aristocratici nei loro piaceri: Cagna punta il suo obiettivo più in basso, su un ceto che non ambisce ai modelli sociali superiori, ma che vuole distinguersi da quelli inferiori.
Eppure i coniugi Gibella non sembrano avere gli strumenti per godersi la loro prima villeggiatura e Achille Giovanni Cagna ce lo mostra con profonda ironia. Come scrivi nella postfazione, non ci sono riferimenti politici nel romanzo. Su cosa punta l’ironia di Cagna?
I coniugi Gibella non sono mai usciti dal guscio del loro borgo di pianura e quando lo fanno si trovano disorientati, insicuri, minacciati. Cagna non parla di piccola borghesia, di conservatorismo politico, ma costruisce la caricatura di coloro che non conoscono il mondo e non sanno vivere al di fuori delle proprie certezze: l’ironia nasce da lì, dal voler seguire la moda della villeggiatura senza sapere di che cosa si tratta.
Per chiudere mi piacerebbe una considerazione sullo stile narrativo di Cagna, una scrittura abbiamo detto ironica che possiamo definire anche viva, divertente e con spunti grotteschi?
Il linguaggio è profondamente innovativo, se pensiamo che nel 1888 dominava il modello linguistico manzoniano. In Cagna troviamo invece vocaboli inusuali, suoni forti, espressioni di origine dialettale: da questo punto di vista è un autore che anticipa i tempi, che apre la strada alle avanguardie letterarie di inizio Novecento, pur non avendone le esasperazioni.
Iscriviti al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese
