Cultura
A Torino si uccide per nulla, due chiacchiere con Gioele Urso sui suoi racconti
L’intervista con Gioele Urso

TORINO – Una vivace raccolta di racconti ci riporta ad incontrare i personaggi di Gioele Urso. A Torino si uccide per nulla, Golem Edizioni, riunisce quattro storie i cui protagonisti (o quasi) sono il commissario Riccardo Montelupo, il vigile urbano aspirante detective Corrado Tarantella, il giornalista Gianni Incerti, vale a dire i protagonisti dei precedenti romanzi di Urso.
Qui però a volte i nostri eroi compaiono in posizioni secondarie. Se nel racconto lungo che dà il titolo alla raccolta siamo nella Torino malsana di Urso, fatta di delinquenza, spaccio e immigrazione, gli altri racconti ci mostrano un aspetto più intimo e variegato dell’autore. Soprattutto La pasticciera di Torino ci rivela un Urso decisamente più intimo, con un punto di vista decisamente diverso dal solito e alcuni toni horror inaspettati.
Se poi Omicidio su Clubhouse lascia spazio all’ironia e alla tecnologia, Il buio e la foresta ci porta fuori città, in un paesino di montagna, ai tempi del Covid. Sono, gli ultimi tre racconti, delle piccole perle in cui l’autore può liberare il suo estro e colpire con stilettate senza preoccuparsi della struttura del romanzoe del racconto lungo. E’ la magia del racconto breve…
Intervista con Gioele Urso
Quattro racconti lungo i quali si muovono i tuoi personaggi storici, a volte in primo piano, altre volte sullo sfondo. Il racconto permette maggiore libertà rispetto ad un romanzo?
Quando scrivi per tanti anni degli stessi personaggi cominci a guardare il mondo con i loro occhi. Capita spesso di trovarsi davanti a situazioni e di domandarsi come avrebbero reagito Montelupo e Tarantella. Il racconto mi dà la possibilità di dare spazio ai dettagli e alle sfumature, che in un romanzo devono cedere il passo all’intreccio e alla tensione. In questo libro ho voluto giocare e concedere ai personaggi un momento di relax.
A Torino si uccide per nulla è un racconto lungo e più vicino ai tuoi romanzi precedenti. Tornano spaccio, immigrazione, Borgo Dora e i tuoi protagonisti. Qual è lo spunto che dà il via alla vicenda?
Lo spunto è Porta Palazzo, un mondo in continua evoluzione, che corre, non si ferma mai, dove tutto può accadere. Con questo racconto ho cercato di raccontare un’attitudine che ho scoperto negli anni, vivendo in quelle vie, osservando quel che accade e parlando con gli altri del quartiere. Poi, come quasi sempre mi capita, a far scoccare la scintilla sono state alcune scene alle quali ho assistito realmente. In fondo anche quando scrivo di narrativa lo faccio con lo spirito del cronista.
La pasticciera di Torino è qualcosa di molto diverso. Sia per la voce narrante che per le caratteristiche della protagonista, sia anche per il tema, che sconfina nell’horror. E’ un Gioele Urso che non conoscevo…
Questo è un racconto che i lettori stanno apprezzando in modo particolare e mi fa molto piacere perché è una storia alla quale tengo molto. A me piace giocare con i generi e quando posso amo mischiarli. Tieni conto che sono cresciuto divorando i libri di Stephen King e leggendo Dylan Dog. Per la prima volta mi sono confrontato con la scrittura in prima persona ed è stato molto divertente, ma era anche l’unico modo per dare voce alla protagonista. Ti confesso che con la mia compagna, Carla Carucci, stiamo pensando di adattare il testo per farlo diventare un monologo teatrale.
Omicidio su Clubhouse ci porta nel mondo dei social e della tecnologia, ma mantiene toni legati al passato, anche perchè Montelupo na ha idea di quello che sta affrontando…
Montelupo è un boomer vero e proprio, ha un pessimo rapporto con il telefonino e i social non sa neppure cosa siano. Quindi quando scopre che un uomo è stato ucciso su Clubhouse rimane un po’ spiazzato. In questo racconto ho voluto giocare su quel che non è tangibile, il suono. L’omicidio viene commesso in diretta ‘telefonica’ e i testimoni non hanno alcun elemento utile da fornire alla polizia se non il ricordo dei suoni che hanno ascoltato.
Infine Il buio e la foresta ci presenta un Tarantella incapace più che mai di stare al suo posto, pronto a violare anche le regole della pandemia pur di dimostrare il suo valore…
Tarantella è il vero protagonista di questo libro. Ho voluto riconoscergli la dignità che meritava perché mi sono reso conto che i lettori erano innamorati di lui. Non ti nascondo che mi stuzzica l’idea di renderlo protagonista di una serie di racconti e non è detto che prima o poi non lo faccia. In questo racconto dà il peggio di sé, fa impazzire la moglie, litiga con le forze dell’ordine, rischia di ficcarsi nei casini. Insomma, credo sia l’amico con il quale tutti vorremmo berci una birra al bar.
Spaccio, immigrazione, disabilità, solitudine, social… sono tantissimi i temi che affronti in queste storie. Il thriller è uno strumento perfetto per stuzzicare il lettore anche sul quotidiano?
Il thriller, il giallo, il noir e l’horror sono generi che ci aiutano a raccontare la società che cambia intorno a noi e che arrivano al lettore. Spesso i libri di questi generi vengono guardati con supponenza perché non sono riconosciuti come letteratura alta, ma chi ha raccontato la Torino in mutamento sono stati Fruttero e Lucentini e chi ha raccontato la Milano vera è stato Scerbanenco. Credo che il mondo della letteratura debba prendere coscienza del fatto che gli autori che raccontano il territorio abbiano pari dignità di tutti gli altri.
Iscriviti al canale Quotidiano Piemontese su WhatsApp, segui la nostra pagina Facebook e continua a leggere Quotidiano Piemontese
