Piemonte
Il 18 gennaio 1885 le drammatiche valanghe di Frassino e Deveys fecero 107 vittime
In un giorno in Piemonte ci furono 95 valanghe che fecero 237 vittime. La ricostruzione di quegli eventi
TORINO – Il 18 gennaio 1885 fu una data indimenticabile per gli abitati delle valli piemontesi che furono colpiti da valanghe disastrose. In quel giorno, sull’arco alpino Piemontese, furono coinvolte 450 persone, 236 furono le vittime.
Sulle Alpi Piemontesi la drammatica perturbazione nevosa arrivò tra il 13 e 14 gennaio e durò fino al 18 gennaio 1885, ma i picchi massimi delle nevicate furono registrati gli ultimi due giorni: 17 e 18 gennaio 1885, quando furono segnati i maggior quantitativi di neve: 3-4 metri.
I gruppi montuosi piemontesi colpiti dalle valanghe disastrose furono le Alpi: Liguri, Marittime, Cozie e Graie, in particolare le Valli Varaita e Susa, dove furono registrati il numero di decessi.
Durante le nevicate i valligiani, in particolare donne e bambini, per paura di essere coinvolti dalle valanghe, si rifugiarono nelle cantine (luoghi considerati sicuri), ma non fu una buona soluzione in quanto vennero colpiti lo stesso da questi eventi catastrofici.
I primi soccorsi furono proprio ad opera dei valligiani scampati alla sciagura, che scavarono numerose gallerie e pozzi nella neve, pur di salvare più persone possibili. Successivamente arrivarono anche i soccorsi organizzati, composti da compagnie di Alpini, Carabinieri e tanti bravi uomini volenterosi che, a causa dell’emergenza, furono dispiegati ovunque con un unico obiettivo: salvare più persone possibili!
I danni delle valanghe
Intanto, le autorità locali iniziarono a stimare i primi danni al fine di chiede sovvenzioni al governo per aiutare “economicamente” i poveri valligiani che nella sciagura avevano perso ogni bene. Non mancarono iniziative anche parte di privati cittadini che, tramite organizzazioni, riuscirono a raccogliere soldi destinati ai poveri montanari colpiti dalle valanghe.
I Giornali del tempo che raccontarono questi tragici episodi furono la Gazzetta del Popolo, la Gazzetta Piemontese e la Lanterna Pinerolese. Le testate giornalistiche riportarono cinque titoli: I drammi della neve, I disastri per la neve in Piemonte, I disastri delle valanghe, Il terribile gennaio 1885 e Le vittime della neve. Ma tra i numerosi articoli scritti per raccontare le disgrazie di queste valanghe riecheggiava sempre una frase dai poveri montanari: “non si è mai vista tanta neve a memoria d’uomo”.
95 valanghe in un giorno
Tra le 95 valanghe accadute, in quel terribile 18 gennaio 1885, ricordiamo i due eventi che causarono il gran numero di decessi: 107 persone decedute, quasi la metà del totale delle vittime avvenute in quel terrificante 18 gennaio 1885.
Ambedue le valanghe, oltre ad essere avvenute lo stesso giorno, accaddero quasi alla stessa ora: alle 12:00 quella di Frassino e alle 11:00 quella di Deveys; entrambe hanno distrutto 13 case lasciando parecchie persone senza tetto.
Esaminando i due siti valanghivi, Frassino e Deveis, si nota che hanno in comune le stesse caratteristiche della zona di distacco:
ubicazione: in prossimità delle creste;
morfologia: versante;
inclinazione: 30°-40°;
esposizione: Sud-Est.
L’unica cosa che differenzia queste due aree valanghive è la quota di distacco: 1776 metri Frassino e 2400 metri Deveys.
La valanga di Frassino
Frassino è un comune (in Val Varaita), situato a quota 750 metri di altezza, in provincia di Cuneo, composto (principalmente) da 15 borgate, tra cui Oliveri e Bruna che furono quelle più coinvolte dalla catastrofe.
In data 18 gennaio 1885, alle ore 12:00 circa, una valanga di dimensioni estreme si staccò dal pendio nord del Monte Ricordone (1761 m) e, dividendosi in cinque rami, precipitò sulle borgate presenti lungo il versante coinvolgendo 153 persone, di cui 71 morirono. I borghi colpii da questo evento valanghivo furono: Meyra Martin, Meyra Fasi, Meyra Danna, Oliveri, Bruna e Sorre, ma le più danneggiate di tutte furono Meyra Martin e Meyra Fasi.
Dati metrici (approssimativi) dell’evento valanghivo: traiettoria 2000 m, larghezza 100 m, altezza 10-50 m; 800.000 mc, peso 9.000 ton.
La Gazzetta del Popolo, del 24 gennaio 1885, pubblica una lettera inviata dal comune di Frassino che descrive l’evento valanghivo di rilievo:
Circa il mezzodì del 18 corrente una grossissima valanga cadde dal monte Ricordone, posto al nord ovest di Frassino alto 1800 metri circa dal livello del mare. Una parte della valanga che si allago per circa 800 metri a mezzo monte e terminò sulla strada da Venasca e Sampejre e nella Varaita, rovinava completamente la borgata Fasi composta da 13 caseggiati abitati da 16 famiglie comprendenti 86 persone, di cui 40 restarono estinte, una casa della borgata Olivera e parte della Meira Bruna che ebbe una sola casa rovinata ed una sola donna sepolta.
Accorsero il sotto prefetto di Saluzzo cav. Manassero, il delegato Giacinto Cardone, colle guardie della pubblica sicurezza, il comandante della tenenza di Saluzzo con i Carabinieri di Saluzzo, Sampeyre e Venasca e 40 Alpini comandati dal tenente Bosio Alfredo.
Gli estratti vivi dalle macerie ascendono a 50. La neve caduta al piano nel territorio è alta oltre 2 metri, ed in certi luoghi maggiormente. Da Frassino a Martin sono più di 600 metri di elevazione: ascesa sulla e nella neve, fattasi quasi in linea retta dalle pedate e su cui praticarsi il passaggio, è ripidissima , sdrucciolevole e piena di pericoli, talche pare impossibile ad effettuarsi, massime poi colle slitte che discendono quasi perpendicolarmente coperte di cadaveri, ed il timore di valanghe che continuano a cadere.
Già si rinvennero 49 morti e si continuano i lavori di dissotterramento e trascrizione di slitte di cadaveri, sotto la continua, oculata direzione dei suddetti funzionari, non che della continua assistenza del segretario comunale Isaja Giovanni, del pretore di Sampeyre.
“Io non so se più merito sentito e cordiale elogio, abnegazione e coraggio, o per loro umanità e filantropia; i loro dipendenti gareggiano in operosità e in questa rifrangenza ed in questo estremo limite d’Italia degna patria, esimi funzionari e degni soldati ed imitatori del prode Iddio ci conservi”.
La valanga di Deveys
Deveys è una piccola borgata, situata a quota 1035 metri di altezza, del comune di Exilles in (Alta Val di Susa), provincia di Torino. Nel 1885 si presentava come un piccolo paesello, di circa 700 anime, con piccole case sparse. Il nome Deveis (o meglio Deveys) deriva dal latino defensum (divieto), ricorda proprio la proibizione del taglio dei boschi, appunto come protezione naturale dagli eventi valanghivi, come quello del terribile 18 gennaio 1885.
Dai documenti storici analizzati si racconta che in vista del tempo pessimo, i più vecchi e i più assennati avevano consigliato i terrazzani di radunarsi nel centro del paese. E fu proprio il centro quello che fu investito dalla frana. La probabile scelta del luogo sicuro era dovuta ai percorsi periodici dell’evento valanghivo, ma da altri episodi simili si deduce che le valanghe non sempre percorrono la stessa strada.
In data 18 gennaio 1885, alle ore 11:00 circa, una valanga di dimensioni estreme si staccò da pendio nord-ovest del Monte Chabriere (2400 m) e, con una traiettoria di 2500 metri, precipitò su 13 case coinvolgendo 62 persone, 36 delle quali morirono. La disgrazia fu così immane che i poveri valligiani superstiti furono disperati, soprattutto nell’impossibilità di chiamare soccorsi a causa del maltempo e allora dovettero far fronte a questa immensa sciagura con le proprie forze e con ogni mezzo di circostanza. Solo all’indomani (19 gennaio 1885), grazie allo schiarir del cielo, si poterono avvisare le autorità locali che prontamente si organizzarono a prestar soccorso ai poveri valligiani scampati dalla terribile catastrofe. I primi ad arrivare sul luogo del disastro furono agenti della ferrovia, i Carabinieri di Exilles, il presidio militare del forte di Exilles e moltissimi volenterosi abitanti di Exilles e Disalberando, con i rispettivi sindaci e consiglieri. Quando arrivarono sul luogo del disastro videro uno spettacolo straziante. Non si distinguono più le case se non per gli scavi che sono fatti per estrarre le vittime.
La Gazzetta Piemontese, Il 26 gennaio 1885, dedica una articolo “dettagliato” sulla disgrazia della valanga di Deveis:
In Val di Susa. – Sulla orribile disgrazie di Deveis in Val di Susa il nostro Berro ci manda i seguenti particolare giunti in ritardo in causa della mancanza di comunicazione postale.
“Verso le 11 del mattino di domenica (18) una valanga parte come un fulmine dal monte che sovrasta a Daveis, si riversa sulle case che sprofondano e spariscono con loro abitanti, 62 sono le persone sepolte e 13 le case schiacciate.
Gli infelici superstiti avevano un bel gridare al soccorso; ma colla neve che cadeva fitta, veloce, a larghe falde da oscurare l’orizzonte, non poterono essere sentiti l’indomani, lunedì 19, dal versante del monte opposto dirimpetto proprio alla detta galleria del Serre de la voute essendo ogni altro luogo precluso, e così solo dopo oltre 24 ore dalla catastrofe.
“Come dovettero essere lunghe quelle ore!…
Quante scene di desolazione!…”
Per i superatiti ogni speranza era perduta, ogni via di scampo interrotta, la fuga impedita; la neve continua a cadere. Gli infelici prevedevano nelle notte un’altra valanga più disastrosa ancora, la quale di certo avrebbe inghiottite le altre 27 case rimaste. Con santa rassegnazione tutti con badili e mazze si ricoverano sotto un volto ritenuto più sicuro, ed ivi passano la notte recitando le preghiere degli agonizzanti.
L’indomani, lunedì, rasserenatosi il cielo, ricominciano a chiamar soccorso; uditi fluentemente, ognuno e tutti fanno quanto forza umana permette per accorrere in aiuto di quei disgraziati, e non era facile ci voleva tutta l’abnegazione che detta il cuore in momenti si tristi; era necessario aprirsi colle braccia una strada fra quell’altezza di neve. E gli sforzi ed il coraggio non dovevano essere pochi.
I primi ad accorrere furono alcuni agenti della ferrovia, i Carabinieri di Exilles, tutto il presidio del forte con a capo il maggiore ing. Carlo Martinola, e moltissimi abitanti di Exilles e Salbertrand con i rispettivi sindaci e molti consiglieri. E tutti fecero sforzi inauditi per dissotterrare, con pericolo della propria vita, infelici seppelliti sotto quella immana quantità di neve, sotto le macerie delle case crollate; e la coraggiosa loro opera non fu vana perché molti furono salvi ancora.
Sollecitati e a recarsi sul luogo del disastro furono pure da Oulx i Carabinieri, le due guardie forestali Treves ed Aimond, l’egregio pretore col vice-pretore e molti cittadini.
Ora vi lavorano diverse compagnie di Alpini e Fanteria.
È spettacolo straziante!
Non si distinguono più le case se non per gli scavi che sono fatti per estrarre le vittime.
Infelici superstiti, spogliati di ogni cosa, piangono sopra i cadaveri dei loro parenti, dei loro amici, vi guardano stralunati, inebetiti, mentre gli indefessamente cercano altre vittime.
E se allora il sentimento di carità si ripercosse si sublimemente in tutta Italia, non solo, ma in quasi tutta Europa, se la povertà e le disgrazie hanno tutto il diritto di ricoverarsi sotto le ali della felicità, come afferma Michele Sartorio, neppure questa volta la carità pubblica farà difetto e verrà lenire pur anche il dolore delle infelici vittime delle valanghe.
Per non dimenticare
A cento quarant’anni dai disastri delle valanghe in Piemonte, o meglio dal terribile 18 gennaio 1885, è giusto ricordare tutte le vittime di questa immane sciagure, in particolare quelli di Frassino e Deveys.
Le valanghe di Frassino e Deveys lasciarono un segno indelebile, non solo ai sopravvissuti alla sciagura, ma tutti valligiani dell’arco alpino piemontese.
A distanza di anni sarebbe opportuno commemorare le vittime delle valanghe con una data ricorrente che celebra tutte le persone scomparse a motivo di questi disastrosi eventi valanghivi.
(Racconto e ricostruzione a cura di Michele Maiorano)
(L’immagine è stata creata con Intelligenza Artificiale)
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