Economia
Cosa sono le Kei-Car, le auto che potrebbero salvare l’automotive italiano
Una ricetta tutta giapponese che ben si sposa al nostro contesto economico
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TORINO – La terapia d’urto per l’automotive italiano? Veicoli piccoli, elettrificati, con la massa di un quadriciclo ma versatili e abitabili come una vettura normale.
Si tratta delle Kei car, dal giapponese keijidousha (“veicolo leggero”) e rappresentano quasi il 40% dei veicoli venduti in Giappone.
La svolta per la transizione all’elettrico potrebbe quindi abbandonare vetture poco efficienti e pesanti come i Suv per concentrarsi su auto più urbane ed economiche.
Nel 2020 Luca de Meo, numero uno del gruppo Renault, aveva evidenziato la necessità di replicare in Europa una formula simile a quelle delle Kei car in Giappone: una categoria di mini auto identificata da precise caratteristiche e che gode di importanti agevolazioni fiscali ed economiche.
Secondo le indiscrezioni che trapelano dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, si starebbe studiando una strategia di investimenti pubblici per sviluppare un’industria delle Kei Car europea, per cui l’Italia farebbe da capofila.
Questa categoria di automobili è perfetta per il nostro paese, non solo nei contesti urbani ma per tutto il territorio nazionale: bisogna tenere conto delle strade strette e tortuose, che mal si sposano con veicoli sempre più grandi.
Le Kei-Car, nel nostro paese, potrebbero attivare una domanda latente e dare uno shock positivo a un settore in profonda crisi come l’automotive italiano.
Riscrivere le regole del gioco per vincere la sfida della transizione ecologica, senza percorrere la strada dei Cinesi, che per ora hanno un vantaggio netto e difficile da colmare nel breve periodo.
Occorre dunque focalizzarsi sul creare un nuovo tipo di vetture, il cui prezzo contenuto sarà possibile grazie alle piccole dimensioni. Con batterie più piccole e motori meno potenti.
Ma veniamo al dunque: che cosa rende una Kei-car una Kei-car?
Secondo la legge giapponese, sono veicoli con una lunghezza massima di 3,4 m, con motori di cilindrata massima di 660 cm2 e potenza di 67 Cv.
Tuttavia, queste auto godono di un’ottima abitabilità grazie alle loro tipiche forme squadrate. Il loro successo, oltre al grandissimo rapporto qualità-prezzo, è dato dalle forti agevolazioni fiscali di cui godono. Aiutano anche le tariffe assicurative più basse e i consumi più contenuti.
Le Kei-car si sono dimostrate perfette anche per l’elettrico: il loro peso contenuto permette di adottare batterie più piccole, tenendo i prezzi più bassi.
Numerose testate automobilistiche hanno importato modelli di Kei-car dimostrando la loro adeguatezza al nostro contesto. L’unica caratteristica che può far storcere il naso è il design, sicuramente inusuale per un occhio occidentale.
Ma non è impossibile che i centri stile italiani possano trovare soluzioni stilistiche più adatte ai nostri gusti.
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Civis
13 Gennaio 2025 at 11:30
Secondo me, la scelta di impostare un piano nazionale e forse europeo per favorire l’importazione e poi la costruzione di vere kei car sarebbe coraggiosa e vincente. Per favorirle, servono anzitutto PARCHEGGI DEDICATI, di dimensioni 4,0 x 2,0 m anziché gli attuali 5,0 x 2,5 m, risparmiando quasi il 40% di superficie. Poi il bollo e il costo dell’assicurazione potranno fare la loro parte. Oltre alla lunghezza di 3,40m, che è 10 cm più della Fiat 600, auto di famiglia degli anni ’50, si consideri che la larghezza delle kei car di 1,48m è quasi 40 cm meno degli esagerati 1,85m della Dacia Sandero. Ricordo che la Alfa Giulia e la Lancia Fulvia, auto di categoria media superiore, anni ’60, erano larghe 1,55m e ci si stava benissimo. Gli aiuti elettronici alla guida potranno supplire a condotte sbadate che richiedono decimetri in più dappertutto per zone di assorbimento degli urti.