Economia
L’industria dei veicoli elettrici rispetta i diritti umani? Stellantis nella classifica di Amnesty International
Amnesty ha analizzato i documenti pubblici di 13 aziende e ha stilato una classifica. Stellantis non è andata male, ma ci sono delle cose da specificare
di Sandro Marotta e Luca Vercellin
PIEMONTE – Amnesty International ha condotto una nuova ricerca in cui ha stilato una classifica delle società che producono veicoli elettrici che non rispettano i diritti umani. I risultati sono stati inseriti in un report intitolato: “Recharge for Rights”; al centro dello studio c’è la due diligence di ogni società, ovvero l’impegno nell’approfondire l’impatto del proprio esercizio sui lavoratori, sull’ambiente e sulla collettività in generale.
Metodologia
Amnesty ha valutato le aziende sotto diversi aspetti (15 in tutto), tra cui: politica e impegni sui diritti umani, prospettiva di genere e inclusività nella due diligence (ovvero gli approfondimenti che un’azienda dovrebbe mettere in atto prima e dopo una trattativa), impegno al rispetto dei diritti dei popoli nativi e coinvolgimento delle parti interessate.
Per questi 15 criteri, ciascuna compagnia ha ricevuto un punteggio da 1 a 6, a seconda di un minimo o massimo impegno nell’ambito in questione. Il punteggio totale è di 90.
Risultati
Nessuna delle aziende ha ottenuto un punteggio superiore a 51 nella valutazione sulla due diligence in materia di diritti umani. La peggiore di tutte è la cinese BYD, che ha ottenuto solo un 11/90. La migliore è Mercedes-Benz, che ha ottenuto 51/90.
In generale, tutti i marchi mancano di trasparenza nelle loro dichiarazioni sulla due diligence relativa ai diritti umani nelle sue catene di fornitura di batterie.
Gli impegni che queste aziende dichiarano sono vaghi, senza alcuna prova di azioni concrete. Ci sono poche informazioni sulle loro valutazioni dei rischi e il coinvolgimento delle parti interessate e una scarsa trasparenza per quanto riguarda la catena di fornitura.
Aziende come BYD, Geely Auto, Hyundai, General Motors e Mitsubishi Motors non hanno fornito informazioni dettagliate sulle loro catene di fornitura. BYD non divulga nomi di fonderie, raffinerie o siti minerari.
E Stellantis? Nonostante sia tra le società che hanno ottenuto i punteggi più alti (la terza, a quota 42), non dimostra come stia effettivamente applicando le sue politiche di prevenzione del rischio e di salvaguardia dei diritti umani.
Ricordiamo che l’estrazione dei minerali che servono per le batterie dei veicoli elettrici può comportare enormi rischi per le comunità native e l’ambiente.
Amnesty International segnala come il cobalto industriale sia collegato a sgomberi forzati nella Repubblica Democratica del Congo: le case automobilistiche devono evitare a tutti i costi che le loro attività influiscano nella destabilizzazione di intere aree geografiche.
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