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Cronaca

Detenuto si tolse la vita in carcere, ma ora i familiari chiedono che venga riaperto il caso: è mancato un “peculiare livello di attenzione”

I familiari di Angelo Libero e i loro avvocati hanno convinto la gip a riesaminare il caso, che in precedenza era stato archiviato. Si dovevano adottare procedimenti e cure diverse per il detenuto?

Redazione Quotidiano Piemontese

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Uomo in carcere

TORINO – Angelo Libero “richiedeva un peculiare livello di attenzione”: così la giudice per le indagini preliminari del tribunale di Torino ha commentato, riaprendolo, il caso del detenuto Angelo Libero che si era tolto la vita in carcere a Torino l’anno scorso; sulla vicenda c’è già stato un procedimento a carico di ignoti, terminato però in un’archiviazione.

La storia

Il detenuto aveva 44 anni e nel suo profilo medico erano indicate due patologie mentali; per questo motivo, secondo gli avvocati che hanno chiesto la riapertura del caso, Libero non avrebbe dovuto trovarsi in carcere, ma in una struttura dedicata alla salute mentale, ad esempio una Rems (Residenza per l’Esecuzione delle misure di sicurezza). Angelo Libero si trovava nella sezione B del “Lorusso e Cutugno” già all’inizio dell’estate del ’23, quando aveva tentato di togliersi la vita. Nonostante questo episodio non era stato trasferito e a inizio luglio si era ucciso in cella; gli mancavano tre mesi da scontare.

Il fatto era avvenuto quando Libero era stato lasciato da solo in cella, mentre il compagno era uscito in cortile e nessun agente stava sorvegliando gli spazi detentivi.

Il procedimento e l’opposizione degli avvocati della famiglia

Sulla vicenda era stato avviata un’indagine a carico di ignoti e la pubblico ministero Delia Boschetto aveva chiesto l’archiviazione. I legali dei familiari di Libero (Gianluca Vitale e Pier Lorenzo Tavella), tuttavia si sono opposti e hanno presentato ricorso. La giudice per le indagini preliminari lo ha accolto e ora il caso è stato riaperto.

Al centro del nuovo iter giuridico c’è la mancata attenzione al quadro sanitario del detenuto che, benché avesse già esternato più volte tendenze suicide, è stato lasciato solo dagli agenti e dall’amministrazione penitenziaria.

Come e dove chiedere aiuto

Oltre al numero di emergenza 112, puoi provare a parlarne con Telefono Amico, tutti i giorni dalle 10 alle 24 al numero 02 2327 2327 o tramite la webcallTAI gratuita all’indirizzo www.telefonoamico.net.

Un’efficace prevenzione del suicidio richiede che ognuno sia a conoscenza dei fattori di rischio del suicidio e sappia come gestirli.

Pensare che una persona cara, un familiare, un amico, un collega si possa suicidare, certamente spaventa e fa sentire impotenti. Quando si conosce una persona, tuttavia, siamo spesso in grado di dire quando è in crisi, perché siamo in grado di riconoscere il suo disagio.

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